
Sessione estiva del Parlamento svizzero, una breve armonia seguita da accesi dibattiti

Un momento di unità e poi i consueti dissidi: il Parlamento svizzero ha trattato diverse iniziative popolari durante la sua sessione estiva. Temi scottanti su cui presto sarà chiamato a esprimersi il popolo. Analisi.
È da tempo che la situazione politica in Svizzera non era così calma. Le ultime elezioni risalgono a quasi due anni fa e l’ultima votazione popolare si è tenuta a febbraio. Essa è stata sintomatica del torpore politico in cui si trova la Svizzera.
Il popolo si è espresso su un’unica proposta dall’esito prevedibile che ha suscitato poco interesse. L’iniziativa per la responsabilità ambientale è stata chiaramente respinta e la partecipazione al voto si è attestata solamente al 38%. Da allora, la politica nella terra delle numerose votazioni popolari è stata poco entusiasmante. E sarà così fino alla fine dell’estate, quando si discuterà dell’identità elettronicaCollegamento esterno.
Solo all’estero regna il caos: Donald Trump sta rivoluzionando l’ordine mondiale, l’escalation in Medio Oriente si sta intensificando, la Russia sta moltiplicando i suoi attacchi in Ucraina e l’Europa sta rafforzando i suoi meccanismi di difesa.
Blatten porta unità
C’è una barzelletta sulla Svizzera che il ministro degli esteri svizzero Ignazio Cassis ha sentito nel 2022, a margine del funerale della regina Elisabetta II a Londra. La racconta volentieri: “Dove bisogna fuggire in caso di un cataclisma generale? In Svizzera. Lì tutto accade in modo così lento che perfino la fine del mondo giunge con due anni di ritardo”.
E quando poi arriva davvero, con detriti e ghiaccio come a Blatten, la fine del mondo viene prima misurata e calcolata, cosicché la cellula di crisi possa annunciare già il giorno stesso della catastrofe la tabella di marcia per la ricostruzione di un nuovo villaggio alpino.
La frana a Blatten ha segnato l’inizio della sessione estiva delle Camere federali. L’evento non era ovviamente all’ordine del giorno, ma il disastro è subito stato una priorità. Ha unito il Parlamento come raramente accade, in un sentimento di rispetto.

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Anche se i partiti hanno presto iniziato a sfruttare l’evento naturale a proprio favore, a Palazzo federale c’è stato un momento di unità e intesa. Forse l’ultimo per molto tempo, perché presto i toni torneranno ad accendersi.
Ecco il nuovo “contratto” con l’UE
Nel mezzo della sessione parlamentare di tre settimane è stato reso pubblico il nuovo pacchetto di accordi bilaterali che la Svizzera ha concluso con l’Unione Europea nel 2024. È così stato riaperto quel “vaso di Pandora” il cui contenuto divide la Svizzera da oltre trent’anni. Al centro c’è una domanda semplice: a quanta autonomia politica deve rinunciare la Svizzera per accedere al mercato economico europeo?
Il testo dei nuovi trattati con l’UE è ora finalmente pubblico. Non sono emerse vere sorprese. Tuttavia, il dibattito politico più importante ha fatto ritorno in Svizzera. E non scomparirà fino al 2028, anno previsto per le relative votazioni popolari. Sorprende semmai quanto poco interesse abbiano suscitato, alla fine, i dettagli tanto attesi del “contratto” con l’UE.
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Divisioni in seno ai partiti
Rimane interessante vedere come si posizionerà il Partito liberale radicale (PLR, destra economica). Sulla questione europea è ancora diviso e proprio ora è alla ricerca di un nuovo o una nuova presidente. Thierry Burkart, alla presidenza del PLR dal 2021, ha annunciato le sue dimissioni nel secondo giorno della sessione parlamentare.

Nei corridoi di Palazzo federale era il tema dominante: il partito che un tempo plasmava l’intero Stato federale è sempre più schiacciato dalla concorrenza più aggressiva dell’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista) e da un generale scetticismo verso l’economia. Riuscirà mai a uscire da questa morsa?
Anche il Partito socialista è ancora diviso sui trattati con l’UE. Pierre-Yves Maillard, parlamentare che spesso è riuscito a imporsi, si è smarcato sull’importante accordo sull’elettricità, denunciandone i possibili rischi per le sovvenzioni alle energie rinnovabili.

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Discussioni sulle iniziative popolari
Nella terza settimana della sessione, il Parlamento ha finalmente presentato i suoi “prodotti” destinati alle persone con diritto di voto. Le Camere hanno discusso di diverse iniziative popolari.
Il Consiglio degli Stati ha respinto sia l’imposta sulle successioniCollegamento esterno proposta dai Giovani socialisti, sia l’iniziativa per un servizio civicoCollegamento esterno. Anche l’iniziativa sulla neutralitàCollegamento esterno lanciata dall’UDC e l’iniziativa per un fondo climaticoCollegamento esterno della sinistra ecologista non hanno trovato una maggioranza in Parlamento.
Tutto ciò non significa però ancora nulla, perché queste proposte saranno sottoposte al popolo nei prossimi dodici mesi. In particolare, i dibattiti su neutralità e imposta di successione promettono di essere molto accesi.
L’iniziativa SSR è stata chiaramente respinta
Con ciò, il periodo di calma in Svizzera è terminato. Un primo assaggio della polarizzazione imminente lo ha fornito il dibattito al Consiglio nazionale sulla cosiddetta iniziativa “200 franchi bastanoCollegamento esterno“, nota anche come “iniziativa SSR”.
Essa propone di ridurre il canone radiotelevisivo destinato alla Società svizzera di radiotelevisione (SSR) – che include anche Swissinfo – dagli attuali 335 a 200 franchi all’anno. Il dibattito è stato acceso ma corretto, con un numero record di interventi. Il risultato è stato un chiaro rifiuto.
Ora l’iniziativa passa al Consiglio degli Stati. Questa proposta tocca il portafoglio di tutta la popolazione e concerne la SSR, un marchio su cui quasi tutti hanno un’opinione. Ha quindi un grande potenziale di mobilitazione. Nel 2026 sarà sottoposta a votazione popolare.
Un altro segnale di ciò che sta per arrivare è stato il dibattito al Consiglio nazionale sulla raccolta di firme per via elettronica. Per attuarla serve un’identità digitale, la cosiddetta e-ID, su cui si voterà a settembre. La raccolta elettronica delle firme, secondo chi la sostiene, renderebbe più sicura l’organizzazione di iniziative e referendum.
Più partecipazione per gli svizzeri e le svizzere all’estero
Dopo lo scandalo delle firme false, si è creata un’ampia alleanza da sinistra a destra per introdurre l’identità digitale. Essa dovrebbe evitare frodi e falsificazioni durante la raccolta delle firme.
Gerhard Andrey del Partito ecologista, a favore della proposta, ha definito la raccolta elettronica un’evoluzione della democrazia diretta. “Le iniziative popolari e i referendum non sono sondaggi online”, ha ribattuto il deputato democentrista Benjamin Fischer.
La raccolta elettronica delle firme è rilevante anche per gli svizzeri e le svizzere all’estero. Per molte persone espatriate, ogni passo verso la digitalizzazione è benvenuto perché facilita la partecipazione politica. La raccolta elettronica delle firme permetterà loro, per la prima volta, di sottoscrivere un’iniziativa o un referendum anche dall’estero.
Tuttavia, come detto, sull’identità elettronica dovrà prima esprimersi il popolo. La votazione è prevista per il 28 settembre. La campagna è stata lanciata già durante la sessione estiva, nel penultimo giorno. Il dibattito è quindi ufficialmente iniziato prima della pausa estiva.
l Parlamento ha stabilito come finanziare la 13ª rendita AVS: con contributi salariali più alti e un aumento dell’IVA.
Agli svizzeri e alle svizzere all’estero che investono in criptovalute potrebbe interessare una decisione del Consiglio degli Stati: la camera alta vuole che lo scambio automatico di informazioni fiscali includa anche i valori patrimoniali digitali. La misura è prevista con 74 Stati partner, ma non con Stati Uniti, Arabia Saudita e Cina. Il Consiglio nazionale deve ancora esprimersi.
Anche il finanziamento dell’esercito ha superato un ostacolo importante: il Consiglio nazionale vuole acquistare armamenti per circa 1,7 miliardi di franchi. È stata inoltre decisa la messa fuori servizio della flotta di F-5 Tiger, usati dalla Patrouille Suisse.
In tema di obbligo militare, il Consiglio nazionale vuole reintrodurre il cosiddetto esame di coscienza, per rendere più difficile il passaggio dal servizio militare a quello civile. La maggioranza spera così di garantire un numero sufficiente di soldati nell’esercito. La proposta deve ancora passare al Consiglio degli Stati, ma un referendum è già in discussione.
Il Consiglio degli Stati ha deciso che l’industria bellica svizzera dovrà seguire regole meno severe per l’esportazione di armamenti.
A cura di Samuel Jaberg e Marc Leutenegger/jg
Tradotto con l’aiuto dell’IA/lj

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