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La Posta svizzera guarda oltre i confini nazionali

La Posta svizzera è confrontata a nuove sfide nel contesto internazionale Keystone

Tre recenti dimissioni testimoniano il nervosismo che regna in merito al futuro della Posta svizzera. Un futuro che comporterà un'espansione controllata all'estero, secondo l'esperto Matthias Finger del Politecnico di Losanna.

Nelle scorse settimane, tre responsabili della Posta svizzera – tra cui il direttore generale – hanno annunciato la loro partenza dall’azienda. Oggetto di divergenze è in particolare la strategia che il nuovo presidente del consiglio di amministrazione Claude Béglé desidera sviluppare, una strategia che prevede di muoversi anche all’estero.

Nonostante tali importanti segnali di sfiducia, il ministro socialista delle comunicazioni Moritz Leuenberger ha dapprima confermato la propria fiducia al team che dirige la Posta, annunciando poi di voler istituire un gruppo di lavoro per esaminare in dettaglio l’operato del Consiglio di amministrazione. Del gruppo faranno parte il segretario generale del Dipartimento federale dei trasporti e comunicazioni Hans Werder e il direttore dell’Amministrazione federale delle finanze Peter Siegenthaler. Il dipartimento competente approfitterà del rinnovo del consiglio di amministrazione, che eventualmente sarà anticipato rispetto al previsto mese di maggio, per «rivalutare la sua composizione, condurre una riflessione di fondo e trarre le necessarie conclusioni».

Sfide importanti

In generale, il futuro del secondo maggior datore di lavoro del paese suscita una certa preoccupazione a livello politico. Al pari delle sue consorelle estere, la Posta svizzera è infatti confrontata a un contesto in evoluzione: la progressiva sostituzione della posta elettronica a quella cartacea e la prospettata flessione dell’attività legata alle lettere, un settore che si sta liberalizzando.

Sul mercato dei pacchi, liberalizzato completamente nel 2004, l’azienda elvetica è chiamata a confrontarsi con giganti come la Posta tedesca e quella olandese. Queste ultime sono degli esempi di strategia all’estero coronata da successo.

La Posta olandese, di dimensione paragonabile a quella elvetica, è stata la prima ad agire, ciò che spiega il suo successo nel settore degli espressi. L’azienda, prima di essere privatizzata, ha inoltre acquisito una ditta australiana specializzata in questo ambito. La Posta tedesca, grazie alla sua importanza e al sostegno del governo, ha potuto espandersi all’estero e acquistare DHL.

A livello generale, comunque, tutte le imprese postali tentano di compensare mediante attività fuori dai confini nazionali la perdita di introiti causata dalla liberalizzazione, spiega Matthias Finger, titolare della cattedra – finanziata dalla Posta – di Management delle industrie di rete al Politecnico federale di Losanna.

Swissair e Swisscom

«Come Swissair o Swisscom, la Posta svizzera è troppo grande e troppo efficace per limitarsi alla Confederazione, ma nel contempo è troppo piccola per essere un attore potente a livello internazionale», sottolinea Matthias Finger. A suo parere, tuttavia, «non esistono alternative a un’espansione misurata e controllata all’estero. In caso contrario, si accetti che la Posta perda terreno e sia costretta a licenziare».

Il professore precisa che l’obiettivo di questa espansione non deve però essere quello di finanziare il servizio universale in Svizzera, finora garantito grazie al monopolio sulle lettere.

Finger sottolinea segnatamente la necessità di «ridefinire e modernizzare questo servizio in funzione delle esigenze reali degli utenti del giorno d’oggi, che sono mutate». In seguito, «si deve calcolare il costo del servizio universale modernizzato e individuare un adeguato meccanismo di finanziamento».

Concretamente, il finanziamento del servizio universale dovrebbe provenire dall’interno del paese, mentre gli utili generati da operazioni all’estero andrebbero reinvestiti per fronteggiare una concorrenza che non è tenuta ad assicurare un servizio pubblico.

(Quasi) come la Finlandia

Anche la Finlandia si trova in una situazione per certi versi simile a quella svizzera, per quanto concerne la dimensione del paese e quella dell’azienda postale. Con un differenza notevole: la Posta finlandese può espandersi in un’area che comprende gli Stati baltici e parte della Scandinavia, mentre quella elvetica è confrontata a una Posta tedesca assai competitiva e a un mercato francese chiuso, spiega Matthias Finger.

Una possibile opportunità è costituita proprio dal mercato che minaccia le poste, ovvero la corrispondenza elettronica e quella ibrida. In questo ambito la Posta svizzera ha infatti le sue carte da giocare, tenendo conto del fatto che – come le sue omologhe italiana, francese e giapponese – è una delle poche ad avere conservato i servizi finanziari, ed è quindi in grado di offrire un approccio globale.

Concretamente, per esempio, una banca o un’assicurazione può trasmettere elettronicamente alla Posta una lista di destinatari e un contenuto da far pervenire a questi ultimi: la Posta stampa e recapita il materiale in prossimità dei centri di distribuzione.

«La Posta svizzera gestisce già la corrispondenza interna di alcune aziende. Una volta che le tecnologie sono state sviluppate, è possibile utilizzarle altrove, ad esempio nelle multinazionali elvetiche», afferma Finger.

Un concetto che spaventa

Dopo il tracollo di Swissair e le avventure poco soddisfacenti di Swisscom in India, Malaysia e Germania, il concetto di esperienze all’estero con assunzione di rischi suscita parecchio timore nella Confederazione.

Secondo Matthias Finger, «la situazione è diversa per la Posta, grazie a investimenti tecnologici che avvengono comunque in Svizzera e permettono delle economie di scala all’estero. Non si tratta di acquistare un’azienda postale estera, ciò che non sarebbe comunque permesso a livello politico».

Contrariamente a quanto aveva lasciato intendere il presidente del consiglio d’amministrazione Béglé, Finger ritiene necessario «offrire prodotti sviluppati in Svizzera ad alcune nicchie di mercato all’estero. La Posta svizzera agisce d’altronde così già da parecchio tempo, visto che un quinto della sua cifra d’affari proviene dall’estero. È necessario che l’azienda possa continuare su questa via, conformemente agli obiettivi strategici del governo».

Pierre-François Besson, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

In Svizzera la Posta opera in particolare sul mercato delle lettere e della logistica, nel mercato finanziario retail, nel traffico dei pagamenti e nel trasporto di viaggiatori su strada.

All’estero la Posta è attiva nei mercati di nicchia come il traffico transfrontaliero delle lettere. In Europa, America del nord ed Asia è presente con società del gruppo, partner di franchising e agenzie di vendita.

Nel 2008 la Posta ha conseguito l’82% del proprio fatturato in Svizzera e il 18% all’estero (1,8 miliardi di franchi): è presente in 20 paesi, e 8’000 dei suoi 45’000 impiegati totali assicurano le attività all’estero.

Dal 2006 in Svizzera è in corso la revisione totale della legislazione postale. Nell’ottobre 2008, basandosi sul risultato delle consultazioni, il governo elvetico ha stabilito un procedimento a tappe per l’ulteriore apertura del mercato delle lettere.

In una prima fase il monopolio delle lettere è stato abbassato a 50 grammi con un’ordinanza in vigore dal 1° luglio 2009. In una seconda fase toccherà alla revisione della legge sulle poste, che dovrebbe entrare in vigore nel 2011. In una terza fase dovrebbe essere decisa – mediante un decreto federale separato – l’apertura totale dei mercati.

Secondo il presidente socialista Christian Levrat, la Posta non ha né la massa critica, né i mezzi, né le conoscenze necessarie per espandersi all’estero: l’operazione sarebbe quindi troppo rischiosa.

Per l’Unione democratica di centro (destra nazional-conservatrice), l’azienda avrà già sufficiente lavoro nell’affrontare la liberalizzazione del mercato elvetico: in un comunicato, il partito ricorda i disastri di Swissair e Swisscom oltre i confini nazionali e invita la Posta a concentrarsi sull’offerta di servizio pubblico all’interno del paese.

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