L’accordo quadro divide gli svizzeri all’estero
L'accordo quadro con l'UE abolirà la democrazia diretta svizzera? L'interrogativo sollevato al Consiglio degli svizzeri all'estero (CSE) indica quanto le divisioni politiche sul progetto di accordo riguardino anche la Quinta Svizzera.
Davanti al cosiddetto parlamento degli svizzeri all’estero, riunito sabato a Berna, quattro rappresentanti dei partiti governativi svizzeri hanno presentato la posizione dei loro rispettivi gruppi parlamentari. E ci sono stati applausi per tutte le posizioni.
Martin Naef, consigliere nazionale PS:
“La situazione di partenza è difficile, il Consiglio federale aspetta la nostra posizione sul progetto di accordo quadro. Noi socialisti diciamo di sì, ma con alcune punti in sospeso. Siamo aperti all’Europa. Ma se vogliamo relazioni affidabili con l’UE, deve esserci il sostegno del popolo. E questo semplicemente manca per il progetto attuale.
Dal nostro punto di vista, sorgono interrogativi in particolare per quanto riguarda la protezione dei salari.
Stesso salario per lo stesso lavoro nello stesso posto. È questa la regola in Europa. E ciò dovrebbe valere anche in Svizzera.”
Filippo Lombardi, consigliere agli Stati PPD:
“Abbiamo bisogno della via bilaterale, siamo quasi condannati ad averli. Ma se continuiamo così come ora, allora la situazione eroderà. Gli accordi sono statici, mentre l’economia si sviluppa in modo dinamico. Per rispondere a questa sfida, abbiamo bisogno di un accordo quadro. Tuttavia, l’esito dei negoziati tra la Confederazione e l’UE non è ancora soddisfacente. Purtroppo, l’UE ha fatto sapere che comunque non ci possono essere ulteriori negoziati, il che limita l’esercizio che ora noi stiamo facendo in Svizzera. Ciò nonostante, qual è il punto dolente?
Secondo il PPD, la direttiva UE sulla libera circolazione dei cittadini è ancora troppo poco precisata.
Si pongono poi ulteriori domande: in che misura il meccanismo di risoluzione delle controversie è applicabile anche al mercato del lavoro? In che misura gli aiuti statali riguardano anche i Cantoni? E qual è il ruolo della Corte europea di arbitrato?”
Laurent Wehrli, consigliere nazionale PLR:
“Siamo a favore di un sì della ragione. L’accordo quadro ci dà una sicurezza giuridica.
È essenziale per la nostra economia, perché, come detto, si sviluppa in modo dinamico.
Inoltre, in Svizzera abbiamo la democrazia diretta, che, in caso di necessità, ci permetterà di apportare correzioni.”
Claudio Zanetti, consigliere nazionale UDC:
“La democrazia non verrebbe abolita dall’accordo quadro. Potremmo continuare a votare, ma la domanda è: poi cosa ci porta? Non siamo condannati alla via bilaterale. Facciamo quello che è normale da migliaia di anni: di fronte a un problema, ci si siede a discutere. L’UE ora afferma di volere un accordo quadro. A differenza del SEE, recepisce automaticamente il diritto, ma in modo dinamico. Dunque possiamo decidere sul recepimento del diritto.
Ma se siamo contrari, l’UE ha il diritto di sanzionare la Svizzera.
E se sorge una controversia, un tribunale arbitrale dell’UE decide chi ha ragione. Inoltre, non credo che vogliamo ottenere un miglioramento sostanziale del risultato dei negoziati.”
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
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