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Processo UBS: intesa possibile, ma sarebbe la prima volta

La sede del tribunale federale di Miami Keystone

Il giudice federale di Miami ha accolto la richiesta di rinviare l'apertura del processo a UBS, prevista inizialmente per lunedì. Per l'avvocato Scott Michel, che difende gli interessi di alcuni clienti della banca svizzera, un accordo extragiudiziario è «improbabile», ma comunque possibile.

La richiesta di sospendere il processo civile contro UBS è stata formulata domenica dal governo statunitense, dal Consiglio federale e da UBS, i quali hanno chiesto tempo per giungere ad un compromesso.

Lunedì il competente giudice federale di Miami, Alan Gold, ha accordato un rinvio di tre settimane, come chiesto dalle parti.

Se non dovesse essere trovato alcun accordo extragiudiziario in merito alla consegna di 52’000 nomi di clienti americani di UBS al fisco statunitense, il processo si aprirà il 3 agosto.

Per far luce su questa intricata faccenda, swissinfo.ch ha intervistato Scott Michel, esperto in diritto fiscale presso lo studio legale di Washington Caplin & Drysdale.

swissinfo.ch: La vicenda UBS è ricca di nuovi sviluppi. Meno di una settimana prima dell’inizio del processo di Miami, poi slittato, il giudice federale incaricato del dossier, Alan Gold, ha chiesto al suo governo se è disposto a confiscare i beni della banca svizzera negli Stati Uniti. Come interpretare questa mossa?

Scott Michel: La domanda del giudice Gold non ha precedenti. Mi sembra che abbia avvertito una certa incertezza nella posizione del governo degli Stati Uniti.

Da un lato adotta la linea dura dal punto di vista della procedura giudiziaria; dall’altro si mormora che il contenzioso sarà risolto in modo diplomatico. Il giudice vuole sapere se il governo vuole effettivamente procedere per vie legali. Gold non vuole emettere una sentenza che l’esecutivo non intende applicare.

swissinfo.ch: Kaspar Villiger, presidente del cda di UBS ed ex presidente della Confederazione svizzera, ritiene che la vertenza non sia più soltanto tra la banca e il fisco americano (IRS), ma che sia diventata una questione tra Stati. Quello di UBS è effettivamente un affare politico tra Berna e Washington?

S. M.: Di sicuro è ciò che sperano gli svizzeri. L’interrogativo posto dal giudice Gold al governo americano ha senza dubbio catturato l’attenzione di Washington una volta per tutte e provocato delle discussioni ai livelli più alti.

swissinfo.ch: Quali sono le probabilità di giungere ad un accordo extragiudiziario, una soluzione evocata dal ministro elvetico delle finanze Hans-Rudolph Merz?

S. M.: È assolutamente comprensibile che le parti vogliano trovare una soluzione amichevole. Stiamo però assistendo a un confronto tra posizioni inconciliabili. Il governo statunitense vuole i nomi dei clienti di UBS, ciò che Berna considera un attacco al diritto svizzero. Non c’è una via di mezzo.

Mi sorprenderebbe assistere ad un abbandono da parte dell’IRS, anche se UBS dovesse accettare di pagare una multa. Per giungere a questo punto il governo americano dovrebbe ritenere, sulla base della sua politica estera, che sussiste un interesse supremo di procedere a una risoluzione amichevole della questione.

Detto ciò, se la risoluzione extragiudiziaria è negoziata dal dipartimento di giustizia americano e dall’IRS, i due insisteranno per ottenere almeno alcuni nomi. Se la trattativa è invece condotta dal ministero degli affari esteri o dalla Casa Bianca, è possibile giungere ad un accordo senza divulgare alcun nome.

swissinfo.ch: Cosa ne pensa della dichiarazione del dipartimento elvetico di giustizia, il quale si dice pronto ad appropriarsi della lista dei 52’000 titolari di conti UBS nel caso in cui il giudice Gold ordinasse di rivelarne l’identità?

S. M.: Ciò che afferma il ministero svizzero di giustizia è importante. In caso di processo il giudice potrebbe essere d’accordo con il governo americano e ordinare alla banca di consegnare i nomi. Un’imposizione che non comporta tuttavia alcuna sanzione. UBS avrebbe la libertà di ubbidire o meno.

Se UBS non reagisce, l’IRS potrebbe presentare una mozione per oltraggio alla corte. A questo punto la banca potrebbe però rifarsi alla dichiarazione del ministero svizzero di giustizia e affermare che si trova nell’impossibilità di ubbidire al giudice, siccome la lista dei clienti è nelle mani del governo elvetico.

Si tratta di un meccanismo di difesa assolutamente legittimo. Quindi, il governo svizzero sta aiutando UBS, permettendole di non essere penalizzata, anche se non dovesse ubbidire a un’ingiunzione del magistrato americano. Se la vicenda dovesse svilupparsi in questo modo, l’IRS vincerebbe una battaglia ottenendo un’ingiunzione, ma perderebbe la guerra non ottenendo i nomi.

swissinfo.ch: Negli Stati Uniti capita spesso di vedere un processo trasformarsi in un accordo extragiudiziario?

S. M.: Sì. Si può negoziare un accordo amichevole durante o persino dopo un processo o una decisione giudiziaria. La richiesta d’ingiunzione dell’IRS alla giustizia, invece, è alquanto insolita.

Un accordo extragiudiziario appare molto improbabile in questa vicenda, in cui l’IRS vuole ottenere un’intimazione per obbligare la banca a trasmettere i nomi dei suoi clienti e dove non c’è alcuna richiesta d’indennizzo o di azione giudiziaria.

Intervista di Marie-Christine Bonzom, swissinfo.ch
(traduzione dal francese: Luigi Jorio).

Michel è un avvocato americano specializzato nel diritto fiscale.

Rappresenta un centinaio di clienti di UBS preoccupati dall’inchiesta del servizio americano delle imposte.

Michel è al momento presidente di turno di Caplin & Drysdale, reputato studio legale di Washington.

Selezionato dai suoi colleghi, figura nella lista dei “Migliori Avvocati Americani” del 2008 e del 2009.

Diplomato all’Università della Virginia, Michel è un esperto internazionale di inchieste fiscali relative a conti bancari offshore.

Spesso è chiamato a dare consulenze o conferenze a Zurigo e Ginevra, in particolare presso la Camera di commercio Svizzera-Stati Uniti.

Nella vertenza che la oppone alla giustizia e al fisco degli Stati Uniti, l’UBS si trova davanti a un dilemma.

Se l’istituto elvetico dovesse perdere il processo e consegnare i dati, violerebbe il segreto bancario svizzero.

Se dovesse rispettare il diritto elvetico, potrebbe eventualmente essere costretta a rinunciare alle attività americane. In entrambi i casi la grande banca rischia di vedere la propria immagine danneggiata.

Le autorità USA pretendono la consegna dei dati di 52mila clienti americani dell’UBS, finora protetti dal segreto bancario, sospettati di avere depositato 14,8 miliardi di dollari sui conti della banca svizzera, evadendo il fisco statunitense.

Il grande istituto elvetico è già stato costretto a rivelare l’identità di 300 clienti e a pagare una multa di 780 milioni di dollari. Somma che peraltro il Dipartimento federale di giustizia americano ha giudicato insufficiente.

Numero di collaboratori: 27’262.

È presente in 414 siti.

Gestisce un massa monetaria di 600 miliardi di franchi.

L’attività negli Stati Uniti corrisponde a circa un terzo del peso complessivo della banca nel mondo.

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