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La sesta esposizione nazionale

Uno dei simboli dell'esposizione nazionale del '64: Eureka, una scultura di Jean Tinguely. SF DRS

Dal 1883, le esposizioni nazionali hanno fornito uno specchio particolarmente interessante dell'evoluzione della Svizzera. Un ritratto dello storico Marco Marcacci.

La Svizzera è l’unico paese a possedere la tradizione delle esposizioni nazionali. Dalla seconda metà dell’Ottocento sono state organizzate, a intervalli tendenzialmente più lunghi, sei eventi di questo genere, compresa Expo.02.

Zurigo nel 1883, Ginevra nel 1896, Berna nel 1914, ancora Zurigo nel 1939 e Losanna nel 1964 hanno ospitato le esposizioni nazionali precedenti, indette, vissute e ricordate come altrettanti momenti efficaci per promuovere l’immagine del paese e riflettere sull’identità collettiva elvetica.

Vetrina del progresso e specchio delle nazioni

Questo genere di manifestazioni ha accompagnato l’avvento della civiltà industriale, imperniata sulla fiducia nel progresso e nello spirito positivista: compito dei popoli e dei paesi era di recepire e assecondare lo stimolo civilizzatore scaturito dallo sviluppo economico e tecnologico, mettendola al servizio del benessere collettivo.

A tale scopo sono state indette mostre nazionali e universali, che si distinguevano dalle fiere commerciali per gli intenti illustrativi e didattici: spiegare l’utilità sociale del progresso e mettere in risalto il genio dei popoli e delle nazioni che sapevano tradurlo in conquiste materiali e intellettuali.

I paesi che si volevano all’avanguardia del mondo industriale, specialmente l’Inghilterra, la Francia e gli Stati Uniti, hanno organizzato le prime esposizioni internazionali o universali, che permettevano di illustrare i risultati materiali dell’attività economica e scientifica, ma costituivano anche un momento di autorappresentazione. a Svizzera partecipò ufficialmente alla maggior parte di tali esposizioni, a cominciare dalla prima tenutasi a Londra nel 1851.

Altre particolarmente rilevanti si svolsero a Parigi nel 1855, a Vienna nel 1873 e a Filadelfia nel 1876. Maturò così anche in Svizzera l’idea di organizzare manifestazioni analoghe, limitatamente al mondo elvetico. La fiera agricola, industriale e artistica che si tenne a Berna nel 1857 ebbe già il carattere di evento espositivo nazionale.

Coniugare il presente e il passato

Le esposizioni nazionali svizzere hanno tutte voluto legare, con accenti diversi, il presente e il passato del paese. A Zurigo nel 1883, con padiglioni concepiti come cattedrali del progresso, si inneggiò alla macchina a vapore e alla ferrovia, nonché al lavoro e alla formazione come virtù elvetiche.

Visione analoga a Ginevra nel 1896, con l’industria dei macchinari e i prodigi dell’elettricità. L’invenzione del “villaggio svizzero” permise però una rappresentazione mitica del passato: immagine idilliaca e ormai superata della vita agreste di un tempo, ma che si poteva far rivivere per una fruizione nostalgica e pedagogica con i ritrovati della tecnologia moderna.

Il messaggio scaturito dall’esposizione di Berna nel 1914 fu invece quello di un’armonizzazione tra passato e presente: la tecnica moderna era rappresentata soprattutto dall’aeronautica e dall’industria automobilistica, mentre la tradizione era illustrata dalla volontà di preservare le bellezze naturali e i beni culturali. Il villaggio svizzero divenne una realizzazione ideale ed esemplare, in grado di far convivere l’estetica e i materiali tradizionali con le esigenze urbanistiche moderne.

A Zurigo nel 1939 l’accento si spostò sulle creazioni spirituali elvetiche, senza dimenticare però audaci realizzazioni materiali, come la teleferica che collegava i luoghi d’esposizione attraversando il lago o i primi battelli elettrici. In clima di difesa spirituale del paese, l’esaltazione del passato serviva a indicare le scelte del presente. Il paese intero era concepito come un villaggio, fiero delle proprie radici e tradizioni, dove tutti si conoscono e si sentono in sicurezza; una comunità che vive e prospera grazie all’abnegazione di ognuno.

A Losanna nel 1964, in un clima culturale totalmente diverso, si cominciò a dubitare timidamente del presente e del passato. Si rinunciò all’idea del villaggio, ma si scartò pure la proposta di costruire una città modello, invece di allestire un’esposizione temporanea. Si preferì sollecitare il senso critico dei visitatori con una presentazione più sfaccettata e meno rassicurante delle sfide che attendevano il paese. Alle realizzazioni tecniche più spettacolari, quali la monorotaia o il mesoscafo di Piccard, faceva da contrappunto il marchingegno cigolante e arrugginito di Jean Tinguely, plasmato con rottami.

Difficoltà e polemiche

Le traversie che hanno accompagnato la preparazione di Expo.02, non devono far dimenticare che anche nel passato l’organizzazione delle esposizioni nazionali ha dovuto talvolta fare i conti con rinvii e polemiche. Nel 1914, per esempio, il manifesto ufficiale che avrebbe dovuto illustrare la manifestazione – un cavallo verde montato da un contadino dal volto giallastro – fu considerato da molti un’offesa al buon gusto e un’immagine indegna di promuovere una manifestazione nazionale.

La “Landi” si svolse nel 1939, dopo essere stata rinviata per due volte a causa della crisi economica. L’Expo di Losanna fu anch’essa preceduta da dubbi e polemiche sui costi e si scontrò con lo scetticismo di molti ambienti svizzero-tedeschi: si temeva che le istallazioni non sarebbero state ultimate in tempo.

Costi e successi

Impossibile, o quasi, stabilire raffronti finanziari tra le varie esposizioni: le edizioni del 1883 e del 1914 chiusero i conti con un saldo positivo di alcune decine di migliaia di franchi, mentre la Landi del 1939 fece registrare un utile di oltre 6 milioni; le manifestazioni di Ginevra e di Losanna furono invece molto deficitarie.

Il contributo finanziario della Confederazione rimase intorno al 16% dei costi totali nelle prime tre edizioni, per poi raggiungere quasi il 25% nel 1939 e il 40% per l’Expo del ’64. Il numero di visitatori ha fatto registrare un aumento più che proporzionale rispetto all’incremento demografico: da 1 750 000 entrate nel 1883, si passa a 2,3 milioni nel 1896 e a quasi 3,2 milioni di visitatori nel 1914, benché la manifestazione abbia sofferto della mobilitazione e della guerra.

Successo di pubblico enorme nel 1939, con oltre 10 milioni di visitatori, nonostante gli eventi bellici. Di fronte a questi numeri, sembrano quasi un insuccesso gli 11,7 milioni di visitatori accorsi a Losanna nel 1964.

Marco Marcacci

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