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“Tutto dipende dalla sicurezza”

28 giugno: la cerimonia di trasferimento dei poteri dai rappresentanti americani ai nuovi dirigenti iracheni Keystone

Dopo il trasferimento dei poteri in Iraq, anche la Svizzera vuole assumere un ruolo più attivo per la ricostruzione del paese.

Sulle prospettive in Iraq, swissinfo ha intervistato Martin Aeschbacher, responsabile dell’Ufficio di collegamento svizzero a Bagdad.

swissinfo: Il trasferimento dei poteri agli iracheni avrà conseguenze per la delegazione svizzera in Iraq?

Martin Aeschbacher: I mutamenti saranno piuttosto graduali. Già finora abbiamo avuto dei contatti soprattutto con rappresentanti delle autorità irachene e con la società civile irachena.

Sarà innanzitutto la situazione in Iraq a cambiare in seguito al trasferimento dei poteri. Ciò avrà sicuramente degli influssi sulla nostra politica e forse anche sulla nostra presenza. Non credo comunque che il mio lavoro diventerà molto diverso.

swissinfo: Finora la Confederazione ha fornito soprattutto aiuti umanitari. Secondo la ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey, la Svizzera dovrebbe assumere un ruolo più attivo dal trasferimento dei poteri. È un’ipotesi realistica?

M.A.: Tutto dipende dal grado di sicurezza che avremo in futuro. Vi sono comunque delle cose che si possono realizzare anche in situazioni difficili, sia in campo umanitario che politico.

Se la sicurezza lo permette, potremmo assumere un ruolo più attivo, ad esempio nell’ambito dell’opera di ricostruzione. Ma, in ogni caso, sarà un processo continuo e graduale.

swissinfo: Un ruolo più attivo significa anche che la Svizzera potrebbe influenzare in qualche modo il futuro assetto politico in Iraq?

M.A.: La Svizzera può ad esempio apportare un suo contributo nel campo dei diritti umani. Il ministro iracheno competente ha già manifestato il suo interesse in tal senso. La Svizzera potrebbe partecipare anche ai lavori di preparazione della Costituzione – ma una decisione è attesa solo l’anno prossimo.

swissinfo: Gli aiuti umanitari forniti dalla Svizzera vengono pregiudicati da una sicurezza ancora molto precaria?

M.A.: Finora abbiamo potuto portare avanti i nostri progetti in collaborazione con i partner iracheni. Ma alcune restrizioni sussistono per quanto concerne invece le possibilità di compiere delle visite sul posto al di fuori di Bagdad.

swissinfo: Lei trascorre apparentemente molto tempo in ufficio, dinnanzi al computer. Non sarebbe più semplice ed efficiente operare dalla capitale giordana Amman?

M.A.: Assolutamente no. Questa settimana, considerata piuttosto pericolosa, preferisco rimanere dinnanzi al mio computer. Ma, altrimenti, cerco di uscire il più possibile.

Attualmente non posso recarmi al di fuori di Bagdad o in certi quartieri della capitale irachena. Non si può neppure andare a passeggio per le strade. Ma riesco comunque ad incontrare delle persone. Una cosa fondamentale, altrimenti potrei effettivamente svolgere il mio lavoro da Amman o pure da Berna.

swissinfo: L’onere per garantire la sicurezza dell’ufficio di collegamento svizzero è enorme. È giustificato, tenendo del lavoro che riesce a svolgere?

M.A.: Non va in ogni caso giudicato con uno spirito da bottegaio, come spesso succede in Svizzera. Una chiusura dell’Ufficio di collegamento per ragioni finanziarie rappresenterebbe sicuramente un segnale negativo.

Inoltre, la Svizzera ha una certa responsabilità nei confronti del paese ospitante e degli altri paesi coinvolti. È chiaro, pure per me, che il mio lavoro costa molti soldi. Ma vi sono parecchie cose che riesco a fare e che saranno utili anche in futuro.

swissinfo: Quali contatti ha con i rappresentanti degli Stati uniti e degli altri paesi europei?

M.A.: È molto difficile raggiungere le autorità americane, anche se i contatti sono amichevoli. Lavoriamo invece in stretta collaborazione con gli altri paesi e non solo quelli europei. Succede spesso così: più le condizioni sono difficili e più la cooperazione è forte.

swissinfo: Ha anche dei contatti con il nuovo governo iracheno.

M.A.: Conosco solo poche persone tra i nuovi dirigenti che non avevano già finora un incarico. Attualmente, non è comunque il momento propizio per esigere un incontro.

swissinfo: Vi sono ancora pochissimi investitori svizzeri che osano avventurarsi in Iraq. Sarà diverso dopo il trasferimento dei poteri all’autorità irachena?

M.A.: Se la sicurezza migliora, gli investitori svizzeri arriveranno molto in fretta e l’economia ricomincerà a fiorire. Tutto dipente attualmente dalla sicurezza.

Non è ancora possibile dire se le autorità irachene riusciranno a garantire la sicurezza. Lo possiamo solo sperare. Il nuovo governo considera la sicurezza come la priorità più importante. Ma i suoi mezzi sono piuttosto limitati.

swissinfo: Quale clima regna tra la popolazione? La gente crede in un futuro migliore?

A.M.: Fino a poco tempo fa, soprattutto dopo le rivolte scoppiate a Falluja, regnava un sentimento improntato piuttosto al pessimismo e allo scetticismo.

Dalla nomina del nuovo governo, il clima è sensibilmente migliorato. Si denota un moderato ottimismo. Gli iracheni hanno sofferto molto e sanno che i cambiamenti non sono facili.

swissinfo: E lei come vive questa situazione? Ha paura? Si sente un po’ prigioniero?

M.A.: Mi sento sorprendentemente bene, anche se nessuno riesce a crederlo. Almeno fino ad un certo punto, ci si abitua anche a non poter più compiere un solo passo da soli.

Finora, sono stato invitato più spesso in casa di iracheni, di quanto non sia stato invitato in casa di francesi, quando ero a Parigi.

Tutto è chiaramente molto impegnativo e rimangono sempre dei timori sul futuro del paese. E, in un certa misura, anche sul nostro stesso futuro.

Personalmente ho paura soltanto delle bombe, perché non vi è nessuna possibilità di proteggersi. Quando ci si aggira per la città, non si sa mai dove esploderà la prossima bomba.

swissinfo, Gaby Ochsenbein
(traduzione Armando Mombelli)

In Iraq rimangono stazionati 150’000 soldati stranieri.
Il 28 giugno 2004, gli americani hanno trasferito i poteri alle autorità irachene.
Il nuovo governo iracheno ad interim comprende 36 ministri.
Libere elezioni sono previste a inizio 2005.

Martin Aeschbacher ha assunto le redini dell’Ufficio svizzero di collegamento in Iraq dal maggio 2003.

La Svizzera, che ha fornito finora soprattutto aiuti umanitari all’Iraq, vuole assumere un ruolo più attivo per la ricostruzione del paese.

Nel 2004, la Confederazione verserà 8,3 milioni di franchi sotto forma di aiuti umanitari.

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