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Cresciuti a pane e PacMan

Una rilettura in chiave moderna di un classico dei videogiochi. Keystone

Grazie a un'iniziativa della fondazione Pro Helvetia, per la prima volta in Svizzera i creatori di videogiochi possono contare su un sostegno pubblico. Se il mercato è in piena espansione, trovarvi spazio però non è un'impresa semplice.

Sono trascorsi poco più di trent’anni dalla nascita della prima console, quando PacMan, Pong o Tetris non erano considerati altro che termini esotici o passatempi esoterici. Ora i videogiochi sono entrati a far parte della nostra quotidianità e sarebbe difficile immaginare un mondo senza di essi.

Nel 2009, su scala mondiale, sono stati spesi oltre 33 miliardi di euro per l’acquisto di videogiochi su console o computer, di cui circa 275 milioni nella sola Svizzera. Seppur in calo, da solo il settore delle console ha sfiorato i 18 miliardi di euro, mentre continuano a crescere le vendite dei giochi online e mobile, i cui introiti sono però difficili da stimare. Lo scorso anno, in Italia sono stati venduti 33 videogiochi e 5 console al minuto per un giro d’affari da 1 miliardo e 102 milioni di euro. Cifre impossibili da immaginare soltanto un decennio fa, ma che riflettono l’ampiezza di un mercato in piena espansione del quale in molti vorrebbero approfittare.

In Svizzera, ci sarebbero tra i 200 e i 300 creatori di videogiochi, stando a uno studio in corso di realizzazione all’Alta scuola di arte di Zurigo (ZHdK). Se alcuni di loro – come Ru Weerasuriya o Daniel Lutz – sono riusciti a coronare il sogno americano, una fetta importante di artisti fatica a trovare sbocchi. «A mancare non è certo il pubblico, ma piuttosto una rete di distribuzione e promozione, capace di cogliere nuovi spunti e metterli sul mercato», spiega Sylvain Gardel che dal 2009 dirige il programma Game Culture, promosso dalla Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia.

Lanciato ufficialmente nel settembre dello scorso anno, il progetto intende sostenere la creazione di  nuovi videogiochi e la collaborazione tra le diverse discipline artistiche interessate, dalla musica, al design fino alla scrittura. «Ci siamo resi conto che in Svizzera c’è un potenziale enorme in questo settore ed è giunto il momento di valorizzarlo», prosegue Sylvain Gardel. «Grazie ai nuovi cellulari o ai giochi online rete si può essere competitivi sul mercato senza spendere troppo. E questo rappresenta una grande opportunità per i giovani creatori». 

Per il 2011, Pro Helvetia e l’Ufficio federale della cultura hanno messo a disposizione un budget di 300’000 franchi, su un totale di 1,5 milioni: i videogiochi selezionati saranno presentati in occasione del Festival internazionale del film di animazione Fantoche.

Un dilemma “culturale”

Il progetto lanciato da Pro Helvetia non si limita però a questa caccia di talenti, ma intende anche – e soprattutto – «affrontare le questioni sociali, economiche ed estetiche sollevate dai videogiochi, attraverso dibattiti pubblici ed esposizioni», sottolinea Sylvain Gardel. Il motto è semplice: conoscere il mondo dei videogiochi per capirlo, rispettarlo e sfruttarne le potenzialità.  

Contrariamente a paesi come Francia o Germania, la promozione culturale in Svizzera aveva finora completamente ignorato gli artisti del videogioco, malgrado l’Unesco ne abbia riconosciuta da tempo l’importanza quale vettore di pluralismo.

Un cambiamento di rotta che ha fatto arricciare più di un naso, ma che Sylvain Gardel difende con entusiasmo. «Il videogioco può essere considerato una nuova forma di espressione culturale, nella quale si intrecciano interattività ed esplorazione. È un concentrato di elementi artistici interconnessi: il design, la sceneggiatura, la colonna sonora, la narrazione. Senza contare che – a differenza del cinema o della letteratura – il videogioco permette un’immersione totale in un nuovo mondo, e talvolta persino una partecipazione attiva alla sua creazione».

Ne è un esempio “Little Big Planet”, che con il suo pupazzo di pezza e i suoi piccoli grandi mondi ha saputo rivoluzionare i classici, permettendo agli utenti di personalizzare il proprio gioco e di creare infiniti e variegati livelli da condividere nella rete.

Giocare per divertirsi

Al di là delle componenti artistiche, l’aspetto ludico continua a svolgere un ruolo preponderante nel decretare il potenziale successo di un videogioco. «Pro Helvetia ha deciso di puntare molto sul riconoscimento dei videogiochi come una forma d’arte», spiega Filippo Zanoli, giornalista e studioso di mass media. «Così facendo, sembra però voler occultare la sua implicita natura ludica, come se fosse meno valida».

Per Filippo Zanoli, la vera arte del videogioco non sta tanto nell’estetica, ma nella capacità di favorire l’interazione, di coinvolgere, di continuare a stupire questa generazione «cresciuta a pane e PacMan». «I giochi più belli, talvolta sono anche i più semplici. Prendiamo il vecchio Super Mario: questo piccolo idraulico non fa altro che saltellare e andare a caccia di funghetti, senza tante pretese. Eppure, a poco più di 25 anni di distanza, riesce ancora ad incantare. È proprio la semplicità la chiave del suo successo».

Forse la sfida sta proprio nel saper combinare arte e divertimento, senza essere pretestuosi. Lo svizzero Daniel Lutz sembra esserci riuscito: con il suo Colorbind – un gioco di ragionamento per iPhone – ha ricevuto il premio per il miglior Gameplay all’Unity3D-Award ed è in corsa per l’Indipendent Game Award nella categoria “Best Mobile Game”. Formatosi all’Alta scuola d’arte di Zurigo (ZHdK), oggi Lutz lavora per l’Electronic Arts di Montréal.

«Finora per raggiungere un certo successo, i creatori svizzeri erano costretti a partire all’estero, conclude Sylvain Gardel. In questo senso, il programma di Pro Helvetia intende incoraggiare la creazione di una rete che permetta ai giovani talenti di emergere pur restando in Svizzera». Per chi volesse cogliere questa sfida, i progetti devono essere inoltrati entro il 15 marzo tramite il sito internet del Festival internazionale del film di animazione Fantoche.

Il progetto GameCulture è stato lanciato nell’autunno del 2010 dalla Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia, in collaborazione con l’Ufficio federale della Cultura, il Festival internazionale del film d’animazione Fantoche e la Fondazione SUISA per la musica.

L’obiettivo è quello di affrontare le questioni sociali, economiche ed artistiche legate ai videogiochi attraverso una serie di dibattiti e mostre.

Contemporaneamente, Pro Helvetia ha lanciato un bando di concorso per videogiochi svizzeri.

Gli artisti hanno tempo fino al 15 marzo 2011 per presentare le loro candidature: i progetti selezionati saranno  che saranno poi presentati in occasione del Festival internazionale del film di animazione Fantoche, nel settembre 2011 a Baden.

Il programma GameCulture è dotato di un budget di 1,5 milioni di franchi, 300’000 dei quali saranno destinati a sostenere i nuovi progetti.

A fine febbraio 2010, il governo svizzero ha approva­to il messaggio sulla cultura per il pe­riodo 2012-2015, proponendo un cre­dito di 637,9 milioni.

I due temi prio­ritari su cui verterà la politica cultu­rale della Confederazione durante i prossimi quattro anni saranno le tra­dizioni viventi e la cultura digita­le.

Nel messaggio vengono anche definiti i nuovi ruoli dell’Ufficio fede­rale della cultura (UFC), di Pro Hel­vetia, della Biblioteca nazionale sviz­zera (BN) e del Museo nazionale sviz­zero (MSN), conformemente alla nuova legge sulla cultura adottata dal Parlamento.

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