
L’indebitamento frena lo sviluppo del Madagascar

La maggior parte dei malgasci è costretta a indebitarsi a tassi d’interesse esorbitanti semplicemente per potersi nutrire. Questo fenomeno sottovalutato costituisce un freno allo sviluppo del Madagascar, afferma l’antropologo svizzero Gion Cabalzar.
Gion Cabalzar ha messo radici in Madagascar da quasi un quarto di secolo. Nel corso degli anni ha acquisito una profonda conoscenza delle realtà sociali ed economiche di questo paese, una volta prioritario per la cooperazione svizzera.
L’antropologo è da dodici anni coordinatore di Sacrificio Quaresimale in Madagascar. L’organizzazione di aiuto della Chiesa cattolica svizzera ha messo in atto dei programmi per combattere l’indebitamento cronico provocato dall’usura. I prestiti a tassi d’interesse spropositati sono infatti in gran parte responsabili dell’estrema povertà che affligge le campagne malgasce.
In quale misura l’indebitamento è all’origine delle difficoltà che caratterizzano il Madagascar dalla sua indipendenza nel 1960?
L’indebitamento cronico è il principale freno allo sviluppo del Madagascar. Concerne i contadini, gli operai, i piccoli commercianti e i funzionari, ovvero quasi il 90% della popolazione. Le perdite causate dall’usura fanno sì che queste persone stagnino a un livello economico in cui hanno troppo poco per vivere e troppo per morire. Il livello quindi ideale per sfruttarli.
Due altri fattori aggravano ulteriormente la situazione: dopo i raccolti i contadini vendono il riso, l’alimento di base in Madagascar, a prezzi bassi. In seguito, nelle settimane che precedono i raccolti, sono poi costretti a ricomprarlo, a volte al doppio del prezzo.
A questa perdita si aggiunge quella dei mezzadri, che devono dare la metà del raccolto ai proprietari dei terreni. È una pratica molto frequente nelle grandi superfici risicole. Senza una soppressione completa e duratura dei debiti non si può sperare in uno sviluppo del Madagascar.
Si è pienamente consapevoli della dimensione del fenomeno?
No. L’indebitamento cronico è tra i problemi più trascurati del Madagascar. Non soltanto dallo Stato, ma pure dagli organi nazionali e internazionali di sviluppo e dalla stampa. Molti sono convinti che una normale politica di sviluppo risolverà il problema. Ma non è così. Questa piaga va combattuta alla base, attraverso un approccio specifico. Quando un barile perde è inutile riempirlo: bisogna dapprima ripararlo. Lo stesso vale per l’indebitamento.
La crisi politica che sta attraversando il Madagascar da circa tre anni ha peggiorato la situazione?
Nelle città, le sanzioni imposte da Stati Uniti e Unione europea dopo l’ascesa al potere di Andry Rajoelina contribuiscono ad accentuare il fenomeno. Numerose fabbriche hanno dovuto chiudere, 50’000 impieghi sono stati soppressi e circa 300’000 persone ne stanno pagando le conseguenze.
Nelle regioni rurali si osserva un effetto indiretto. L’insicurezza cresce e i furti di bovini e di raccolti aumentano. I contadini sono così costretti a ridurre le loro attività, ciò che provoca una diminuzione dei raccolti. La conseguenza, in città e in campagna, è un aumento della necessità di rivolgersi a un prestito informale presso un usuraio.
Cosa fare allora per migliorare la situazione?
Sacrificio Quaresimale e le sue organizzazioni partner hanno creato oltre 9’000 gruppi di risparmio comunitari, di cui beneficiano quasi 500’000 persone. Il risparmio comune serve da fondo interno per aiutare i membri dell’organizzazione in difficoltà. Non c’è dunque più il bisogno di far ricorso agli usurai. I risultati ottenuti in dodici anni lo confermano: i beneficiari riescono a cancellare i debiti.
Il nostro approccio non si basa sull’assistenza. È al contrario lo sforzo fornito dagli stessi malgasci ad aiutare le vittime dell’usura a uscire dal ciclo vizioso dell’indebitamento.
Quale è la differenza con le società di microcredito, cosi abbondanti sull’isola?
I gruppi di risparmio esercitano una reale democrazia di base, ciò che non è evidente in Madagascar. I valori veicolati, come la solidarietà e l’aiuto reciproco, sono vicini a quelli della società tradizionale.
Gli istituti di microfinanza sono invece totalmente diversi. Offrono soprattutto prestiti esterni, spesso con lo scopo di essere investiti. Questo sistema può essere utile per i commercianti, ma per i contadini costituisce una trappola.
Con tassi d’interesse fissati tra il 3 e il 4% al mese si ottiene un tasso d’interesse annuo attorno al 60%. Chi, in Svizzera, sarebbe disposto ad accettare un credito simile? Noi mettiamo in guardia la gente contro questo tipo di pratiche che, analogamente a ciò che succede con gli usurai, possono portare alla perdita dei terreni agricoli. Le terre, che fungono da garanzia, vengono infatti sottratte in caso di mancata restituzione del prestito.
Quali sono le principali difficoltà alle quali sono confrontati i gruppi di risparmio?
Dato il senso di vergogna provato dalle vittime pensavamo che sarebbe stato difficile conquistare la loro fiducia. Invece siamo rimasti stupiti dalla facilità con cui sono stati creati i gruppi di risparmio. Oggigiorno rappresentano delle preziose reti di scambio e di aiuto reciproco.
Il potenziale di assistenza autonoma delle popolazioni locali è molto più grande di quanto si creda. Le difficoltà incontrate non erano dovute ai beneficiari, bensì agli usurai, i quali hanno tentato di perturbare la nostra azione con la disinformazione. Oppure ai politici che hanno cercato di approfittare della nostra azione. Per ora i danni sono comunque limitati.
Le persone in difficoltà finanziarie o alimentari sono costrette a chiedere un aiuto (in denaro o in riso) ai prestatori informali. Questi usurai praticano tassi d’interesse molto elevati.
Nelle zone rurali, ai prestiti informali che si estendono su alcune settimane o mesi viene applicato un tasso compreso tra il 100 e il 300%. In città, il tasso d’interesse su un prestito in denaro è del 50-100% al mese.
Il fatto di dover pagare interessi esorbitanti influisce drasticamente sul budget famigliare. La mancanza di risorse finanziarie spinge la gente a chiedere nuovi debiti, ciò che innesca la spirale infernale dell’indebitamento cronico, dalla quale è estremamente difficile uscire.
L’antropologo grigionese Gion Cablazar vive da 24 anni in Madagascar.
Dal 1987 al 1997 è stato il coordinatore di un programma regionale di salvaguardia e di gestione delle foreste dense secche della regione di Menabe (ovest del Madagascar) per conto dell’ong svizzera Intercoopération.
Dal 1998 coordina il programma Tsinjo Aina (letteralmente “rendere la vita più sicura attraverso la prevenzione”) di Sacrificio Quaresimale Svizzera.
L’organizzazione non governativa ha creato dei gruppi di risparmio comunitari per lottare contro l’indebitamento cronico e la povertà rurale. Grazie a questi gruppi, le persone povere riescono a liberarsi dal peso dei debiti in 2-3 anni.
Nel quadro del 50. anniversario della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), Cabalzar partecipa alla realizzazione di un libro sulla storia della cooperazione svizzera in Madagascar (Schweiz-Madagaskar: Die Geschichte einer Zusammenarbeit).
Traduzione di Luigi Jorio

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