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Terapie speciali per i detenuti di Guantanamo

La Croce Rossa in aiuto degli ex detenuti di Guantanamo Keystone

I tre detenuti di Guantanamo che la Svizzera ha accettato di accogliere, avranno bisogno di una speciale terapia per favorire la loro integrazione dopo anni di carcere.

Secondo un’esperta delle Croce Rossa Svizzera, specialista in traumi dovuti alla tortura, gli uomini soffrono probabilmente di disturbi post-traumatici come conseguenza del trattamento subito nel carcere statunitense di Guantanamo.

Brigitte Ambühl lavora come terapeuta presso l’ambulatorio clinico della Croce Rossa; una struttura destinato alle vittime della tortura e della guerra nella quale gli ex detenuti possono essere sottoposti a una prima valutazione.

Il Governo svizzero ha deciso di accogliere sul suolo elvetico due fratelli uiguri, originari della provincia cinese Xinjiang, per motivi umanitari. Bahtiyar e Arkin Mahnut ricominceranno la loro vita nel canton Giura. Il primo ex detenuto di Guantanamo ad essere giunto in Svizzera è stato un uzbeko, accolto nel canton Ginevra.

swissinfo.ch: Che tipo di terapia è necessario nei casi degli ex detenuti di Guantanamo, incarcerati per diversi anni?

Brigitte Ambühl: Penso che queste persone siano state duramente torturate e pertanto presenteranno sintomi di disturbi post-traumatici da stress. Queste persone, costrette ad uno stato permanente di vigilanza, non riescono più a dormire, sono vittime di incubi ricorrenti e sono facilmente irritabili.

E’ molto importante che queste persone siano consapevoli dell’origine dei loro sintomi, cioè legati alle torture subite. Essere consapevoli della relazione tra l’accaduto e i sintomi, permette loro di avere un maggiore controllo in relazione ai disturbi.

Il secondo passo sarebbe quello di sapere quali sono le loro strategie per prendersi cura di se stessi. Sono riusciti a conservare l’istinto di sopravvivenza durante la tortura o l’isolamento? Quali sono i sintomi fisici? Queste persone hanno un duplice problema, perché non possono ricongiungersi alle loro famiglie. Entrano in un mondo sconosciuto e la separazione continuerà.

swissinfo.ch: Come possono riuscire a sopravvivere in un posto nuovo? Come aiutarli?

BA: Penso che il primo passo sia quello di garantire la traduzione. Il secondo è un passo medico, un aiuto psicologico. Non è possibile risolvere i traumi subiti solo parlandone. Occorre prima di tutto aiutare gli ex detenuti a riconoscere che sono forti e che sono riusciti a sopravvivere. Il primo approccio è quello di discutere con il paziente e cercare di rafforzarne l’autonomia. Deve comprendere che non è solo una vittima, ma anche una persona che ha lottato per sopravvivere. Può dunque essere molto fiero di sé.

Dopo una prima consulenza, lo sosteniamo con un supporto terapeutico Non siamo in grado di sapere se l’idea di un posto sicuro possa loro giovare. Alcune persone evitano persino di parlarne. Insomma le strategie di sostegno terapeutico variano da caso a caso.

Il loro grado di integrazione dipenderà dall’esistenza o meno di una rete familiare o affettiva nel loro paese di origine. Un ambiente amichevole sarebbe propizio e gli svizzeri non dovrebbero aver paura di sostenerli.

swissinfo.ch: Se un cantone accoglie degli ex detenuti, devono anche assumere la responsabilità della loro assistenza psicologica? Quali servizi ci sono nei cantoni?

BA: Nei diversi cantoni sono disponibili normali servizio di psichiatria, ma non sono specializzati in vittime della tortura e di traumi estremi. In Svizzera la Croce Rossa ha quattro centri simili, a cui i cantoni possono fare capo per ottenere una prima valutazione del caso.

swissinfo.ch: Sicuramente queste persone, arrestate e incarcerate a torto, devono provare molta rabbia, che portano dentro anche dopo il rilascio.

BA: Generalmente quando le persone vengono lasciate a loro stesse senza aiuti, possono provare un sentimento di impotenza e di rabbia. Credo che queste persone possano controllare le proprie emozioni. Nel caso contrario, sono vittime di fantasie di aggressione e devono assolutamente essere curate. L’obiettivo è di permettere loro di controllare le emozioni.

Posso tuttavia immaginare che siano piuttosto in preda a manifestazioni depressive piuttosto che aggressive, dal momento che l’aggressività viene repressa. Ciò però comporta un livello superiore di tensione, che si ripercuote con diversi sintomi sul piano fisico. Ma questi disturbi si possono trattare.

swissinfo.ch: Quanto tempo ci vuole per la riabilitazione?

B.A.: La lunghezza dipende dal singolo individuo. Iniziamo sempre con venti seduti per circa un anno e mezzo. In base alla nostra esperienza, una buona riabilitazione è possibile dopo uno o due anni. Fino a che punto si può andare, dipende dalle capacità individuali e del rapporto tra ex detenuti e terapeuti.

swissinfo.ch: L’avvocato che rappresenta i due detenuti uiguri, accolti dal canton Giura, afferma che la Svizzera è molto bene profilata nell’aiuto alle vittime di tortura. Come mai?

BA: La Croce Rossa Svizzera è attiva in questo campo da 12 anni. In tutti questi anni Abbiamo imparato molto dai nostri pazienti. Abbiamo inoltre sviluppato una rete di contatti con altri centri in Europa o in altri paesi e disponiamo di squadre di professionisti specializzati.

Qui in Svizzera gli ex detenuti possono contare su una buona assistenza medica e psicologica. Possono beneficare di terapie fisiche studiate caso per caso. Credo che si tratti di un servizio di assistenza molto speciale. Occorre inoltre sottolineare che queste persone possono esprimersi nella loro lingua in tutti nostri centri.

swissinfo.ch: Questa forma di assistenza è relativamente nuova?

B.A.: Penso che si tratti di un settore di intervento relativamente nuovo. In passato molti psichiatri non erano a conoscenza dei sintomi traumatici da stress che presentavano i loro pazienti. Dopo l’11 settembre 2001 sono state svolte numerose ricerche, e credo che psichiatri e psicologi debbano esserne informati.

Per quanto riguarda il caso di Guantanamo – lunga prigionia e presentazione di notevoli traumi estremi – siamo di fronte ad una situazione davvero straordinaria che può essere gestita solo da alcuni centri. Si tratta davvero di casi pesanti.

Jessica Dacey, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento dall’inglese Françoise Gehring)

L’ambulatorio per le vittime di tortura e della guerra della Croce rossa svizzera, propone alle persone che hanno subito dei traumi, una vasta offerta di terapie. Lo scopo è permettere ai pazienti di elaborare i loro traumi e di trovare in loro le risorse per convivere con queste ferite e per integrarsi nel tessuto sociale.

Le terapie, assicurate da un gruppo di specialisti, mirano ad aiutare il paziente a ridare un senso alla propria vita, a ritrovare una salute soddisfacente e autostima. Al centro lavora un gruppo pluridisciplinare che offre consulenze e terapie in campo medico, sociale, psicologico.

Il budget annuo dell’ambulatorio ammonta a circa 3 milioni di franchi e la maggior parte dei fondi è assicurato dalla Croce rossa svizzera, che può contare anche su una serie di donazioni.

Oltre a Berna, l’ambulatorio è presente un altre tre città: Losanna, Ginevra e Zurigo. Le cliniche di giorno lavorano in stretta collaborazione con diverse università e istituzioni. Scambi regolari anche a livello europeo, soprattutto con centri specializzati nella riabilitazione delle vittime di guerra e di tortura.

Il numero delle consulenze è in costante aumento e nei quattro centri oltre alla terapia individuale, viene proposta anche quella di gruppo.

In Svizzera non esistono altre strutture che offrono un’assistenza di questo tipo alle vittime della tortura e della guerra.

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