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Un ospedale tra passato e futuro

All'ospedale di Bumthang una giovane donna è appena diventata mamma. Singye Wangchuk, swissinfo.ch

Le apparecchiature sono un po' antiquate e le camere alquanto spartane. L'ospedale di Bumthang, finanziato dalla Svizzera, è tuttavia in grado di offrire un'adeguata assistenza sanitaria a migliaia di bhutanesi. Dal paziente con la febbre alta a chi è sopravvissuto a brutti incontri.

Per alcuni attimi se l’è vista brutta. Pensava di morire. Ma poi l’uomo ha prevalso sulla bestia.

L’orso lo ha aggredito mentre camminava nella foresta. «All’improvviso mi è balzato davanti. Ho estratto il pugnale e ho iniziato a colpirlo. Sono riuscito a farlo scappare».

Lo sfortunato contadino si trova ora disteso su un lettino dell’ospedale distrettuale di Bumthang: una gamba rotta e alcune ferite sulle braccia. «Poteva andare decisamente peggio».

«Non è raro dover ricoverare persone attaccate dall’orso», rileva Dorji Dukpa, responsabile dell’ospedale di Wangdi Chholing a Jakar. «Ce ne sono talmente tanti da queste parti».

150 dottori per tutto il Bhutan

Realizzato secondo l’architettura tradizionale bhutanese, l’ospedale costruito dall’associazione Helvetas – e finanziato dalle città di San Gallo, Winterthur e Sciaffusa – è il principale centro di assistenza medica del distretto (20’000 persone).

«I problemi più comuni – ci spiega Dorji Dukpa – sono di natura gastrointestinale, articolare e respiratoria. Diversi pazienti si presentano con sintomi influenzali». Frequenti sono pure i casi di tubercolosi e di cirrosi epatica. «L’alcool è un problema crescente».

Nelle modeste camere per i pazienti (una ventina di posti letto in tutto) una stufa a legna è pronta a riscaldare le fredde giornate d’inverno. «La gente si ammala però di più d’estate, nel periodo delle piogge».

«E lui cosa ci fa qui?», chiede Dorji Dukpa indispettito, gettando un’occhiataccia al cane che sta seguendo incuriosito la nostra visita. Gli standard non sono certo quelli occidentali e la sala operatoria non è al momento disponibile. Ma per ogni malanno si tenta di trovare una soluzione.

«In Bhutan le cure mediche sono gratuite. I casi più gravi sono trasferiti all’ospedale di Thimphu, la capitale». All’ospedale di Jakar lavora un solo medico bhutanese, assistito da otto infermieri. La penuria di dottori è tra i problemi principali del paese, constata Dorji Dukpa. «Abbiamo 150 medici per tutto il Bhutan».

“Sciamano” al computer

Un piacevole profumo d’incenso esce dal locale per le cure tradizionali. Alla scrivania non troviamo però uno sciamano, bensì un infermiere seduto di fronte a un computer.

Sta assistendo un giovane maestro, il quale vuole condividere con noi le sue sofferenze. «Da anni ho dolori alla schiena e mal di testa. Mi sento depresso e ansioso. Dopo aver preso molte pillole voglio provare ora con gli antichi rimedi», ci racconta.

I pazienti del Wangdi Chholing – un centinaio al giorno – possono optare tra medicina indigena e trattamenti occidentali, spiega Dorji Dukpa.

In passato, ricorda, era difficile avvicinare i bhutanesi alle terapie più moderne. «Oggigiorno la tendenza si è invertita: la maggior parte dei nostri pazienti preferisce le cure occidentali».

Ritorno dei dottori svizzeri

Il contributo elvetico al sistema sanitario della regione non si limita alla sola infrastruttura inaugurata nel 1992. Tra il 1972 e il 1994, undici dottori svizzeri si sono succeduti nel vecchio ospedale di Jakar per portare la loro esperienza e conoscenza.

A 16 anni dalla partenza dell’ultimo dottore straniero, il ministro della sanità ha deciso di rilanciare la collaborazione con la Svizzera. Nel giugno 2010 è stato sottoscritto un accordo che permette il ritorno dei medici elvetici in Bhutan.

Toccherà al medico bernese Benedikt Holzer, 63 anni, rendere il Wangdi Chholing più funzionale ed efficiente. «Sarò in Bhutan per un anno. Mi occuperò della gestione dei lavori e del rinnovo delle strutture sanitarie», ci dice Holzer (in Svizzera al momento della nostra visita).

Il lavoro non mancherà: le apparecchiature sono rimaste quelle di dieci anni fa e data la carenza di personale non è possibile garantire un servizio 24 ore su 24. «Non vogliamo degli standard svizzeri, ma nemmeno adattarci a quelli bhutanesi. Dovremo trovare un compromesso ragionevole».

Durante il suo soggiorno in Bhutan, il medico svizzero sarà inoltre chiamato ad un compito – per così dire – insolito: dovrà dissuadere alcuni pazienti dal farsi curare. «Come in Svizzera, in Bhutan la gente vuole consultare gli specialisti anche quando non è necessario. Il consumo di medicamenti è in crescita. Tenterò di ridurre gli eccessi».

Più sani quando si camminava

«I pazienti non devono pagare nulla per le cure mediche, ciò che porta a volte a situazioni grottesche: c’è gente che chiama l’ambulanza semplicemente per spostarsi da un luogo all’altro, come se fosse un taxi».

È uno dei risvolti negativi delle cure gratuite, sottolinea Holzer: «Molti non riflettono sulla reale necessità di un trattamento». Per contrastare questa tendenza, spiega, si stanno mettendo in atto programmi di sensibilizzazione, fuori e dentro le scuole. Si parla del consumo di medicamenti, ma pure di alcolismo e tossicodipendenze.

«Vogliamo responsabilizzare maggiormente la popolazione e coinvolgerla nei processi decisionali. Ad esempio nella gestione dell’ospedale».

Stando alle considerazioni di Dorji Dukpa, la struttura sanitaria di Jakar si appresta ad accogliere un numero crescente di persone. «Dieci anni fa malattie quali il diabete e l’ipertensione non esistevano: la gente era abituata a muoversi ed era più resistente».

«Ora, invece di camminare guidano un’auto e l’alimentazione è molto più calorica. Il risultato è che ci si ammala più facilmente».

Nel quadro dei suoi progetti di assistenza sanitaria in Bhutan, la Svizzera ha messo l’accento sulla prevenzione e l’igiene.

Sul posto è stato formato il personale sanitario (soprattutto paramedici e ostetriche), sono stati lanciati programmi di sensibilizzazione nelle scuole e si è proceduto alla costruzione di servizi igienici nei villaggi.

Nel 1992 è stato inaugurato il nuovo ospedale di Bumthang su iniziativa dell’associazione Helvetas (costo: 14 milioni di ngultrum, all’epoca poco più di 300’000 franchi).

Tra le maggiori cause di mortalità in Bhutan vi sono le malattie trasmissibili, la diarrea e le infezioni respiratorie acute.

Mediamente, nel paese vi sono 0,2 medici ogni mille abitanti (Svizzera: 3,8).

Il Bhutan è stato il primo paese del mondo a vietare la vendita di sigarette e il fumo nei luoghi pubblici (2004).

Teoricamente i cittadini bhutanesi hanno il diritto di importare soltanto una quantità limitata di tabacco e possono fumare esclusivamente all’interno delle loro case.

In realtà, però, non è raro vedere gente (soprattutto giovani) che fuma per strada.

Una legge approvata quest’estate dal Parlamento intende ora rafforzare ulteriormente la lotta al tabacco.

Il testo prevede la messa al bando totale del tabacco, dalle sigarette a quello da masticare, in casa come all’esterno.

Di ritorno dal Bhutan

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