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Stefano Franscini, 150 anni dopo

Stefano Franscini, primo rappresentante del Ticino in Governo (1848-1857) Keystone Archive

Il 19 luglio 1857 moriva a Berna il consigliere federale ticinese Stefano Franscini, primo rappresentante del suo Cantone nel Governo federale.

Oltre a essere il “padre” dell’educazione popolare, Franscini fu anche uno studioso di primo piano che contribuì, tra l’altro, alla creazione del Politecnico di Zurigo.

Cento cinquant’anni fa, il 19 luglio 1857, moriva a Berna, il consigliere federale Stefano Franscini. Commentandone il decesso, uno dei maggiori giornali svizzeri, la “Gazette de Lausanne”, scrisse che il primo ticinese membro del governo federale aveva “modestamente assolto la propria funzione” e che la sua morte non avrebbe influito sul corso degli affari.

Nel resto della Svizzera, Franscini cadde nell’oblio e vi è rimasto fino ad oggi, mentre nel Ticino iniziava una specie di canonizzazione laica dello statista leventinese, durata anch’essa, sostanzialmente, fino ai giorni nostri.

Non solo politica

L’uomo celebrato soprattutto come il padre dell’educazione popolare ticinese, fu però un riformatore politico e uno studioso di primo piano, noto ed apprezzato in Svizzera e all’estero per le pubblicazioni statistiche, il ruolo politico e la caratura morale.

Ancora oggi, l’azione e il pensiero di Franscini sono importanti per capire il processo di trasformazione avvenuto in Svizzera e nel Ticino nella prima metà del XIX secolo: l’avvento della democrazia liberale, la creazione dello Stato federale, la modernizzazione economica e sociale del paese; quel processo storico, sorretto da un elevato senso del bene comune, che Franscini stesso definiva, prendendo a prestito le parole del suo amico milanese Carlo Cattaneo, “incivilimento”. Di questo processo storico egli fu un protagonista e un osservatore critico, sempre più disincantato

Autodidatta

Stefano Franscini nacque il 23 ottobre 1796 nel villaggio di Bodio in Leventina, in una famiglia di contadini poveri. Grazie a una borsa di studio poté avviarsi alla sola carriera allora consentita ai giovani di umile estrazione: quella del sacerdozio. A 21 anni abbandonò il seminario arcivescovile di Milano, continuando la sua formazione come autodidatta e guadagnandosi da vivere come maestro di scuola. Nel capoluogo lombardo frequentò gli ambienti liberali della Restaurazione, interessandosi di storia, di statistica, di economia e di scienze politiche.

Nel 1824 rientrò in Ticino, dove iniziò l’attività di pubblicista, studioso e insegnante. Nel 1828 uscì la sua Statistica della Svizzera, che lo fece conoscere e apprezzare tra le cerchie liberali della Svizzera tedesca. L’opera, tradotta in tedesco nel 1829, è una presentazione ragionata delle risorse e delle caratteristiche del paese; una delle prime che consideri la Svizzera una nazione e non un aggregato di Cantoni. Ma è anche un programma di riforma politica e un contributo allo sviluppo della coscienza nazionale elvetica: i dati statistici comparativi servivano, infatti, a misurare il diverso grado d’incivilimento dei Cantoni, correlato con lo sviluppo di istituzioni liberali.

Nel 1830, Franscini pubblicò un opuscolo anonimo sulla riforma della costituzione ticinese, che segnò il suo ingresso nella politica attiva e che contribuì in modo decisivo alla caduta del regime autoritario dei Landamani e all’adozione di una carta costituzionale d’ispirazione liberale e democratica. Da allora Franscini fu sempre più accaparrato dall’attività politica. Nell’ottobre 1830 assunse le funzioni di segretario di Stato e nel maggio 1837 fu eletto nel governo cantonale. Pubblicata in tre volumi tra il 1837 e il 1840 (ma già uscita in versione ridotta tedesca nel 1835) “La Svizzera italiana” è l’opera più nota e più importante di Franscini. Egli traccia un inventario il più completo possibile del Ticino e suggerisce un vasto programma d’ammodernamento, per favorire la prosperità materiale e il progresso morale del Cantone.

Dal Ticino a Berna

Dopo la svolta radicale del dicembre 1839, Franscini diventò il capo riconosciuto del governo ticinese. Gli anni Quaranta furono il periodo più fecondo per la sua attività politica: fu ispiratore e autore di varie leggi cantonali importanti, segnatamente sulla pubblica educazione, più volte deputato alla Dieta federale, delegato governativo a numerose conferenze intercantonali, nonché incaricato di varie missioni in Svizzera e all’estero.

La sua azione politica, come i suoi scritti, era tesa principalmente a far maturare la coscienza civica ticinese e svizzera, a denunciare le magagne del paese e a indicare le riforme atte a favorire il benessere collettivo e la crescita civile.

Franscini sosteneva la necessità di un ruolo attivo e propulsore dello Stato, tanto in ambito educativo e culturale, quanto in campo economico e sociale, senza dimenticare quello ecclesiastico; per Franscini la religione era cosa troppo importante per essere lasciata all’arbitrio di preti e vescovi.

Uomo di conciliazione e non di partito, egli desiderava però mobilitare per il bene comune tutte le persone di buona volontà. Eletto nel primo Consiglio federale (governo) nel novembre 1848, Franscini si trasferì a Berna con la numerosa famiglia.

Soddisfazioni e delusioni

Fino alla fine diresse il Dipartimento federale dell’interno: organizzò nel 1850 il primo censimento federale della popolazione e tentò con scarso successo di promuovere la statistica federale. Il suo progetto di università “nazionale” fu bocciato; in compenso, ebbe la magra consolazione di veder realizzato il Politecnico a Zurigo.

Sempre più isolato in seno al collegio governativo, amareggiato nel vedere il Ticino in preda a diatribe politiche faziose, rieletto a fatica in Consiglio federale nel 1854, Franscini affrontò angustiato e deluso la terza legislatura.

La morte lo colse nell’estate del 1857, mentre stava maturando la decisione di lasciare la politica e di rientrare in Ticino.

Marco Marcacci

Dal 24 maggio 2007 al 21 ottobre 2007 si tiene la grande mostra storica “Stefano Franscini (1796-1857). Le vie alla modernità”, negli spazi espositivi del Museo Civico di Belle Arti di Villa Ciani a Lugano.

La mostra vuol essere un omaggio alla memoria dello statista leventinese, nel 150° della morte, e soprattutto un’occasione per avvicinarsi a questo grande uomo, ripercorrendo alcune tappe fondamentali della sua biografia e della sua azione civile e intellettuale.

In una trentina di sale il visitatore potrà accostarsi agevolmente a documenti, immagini, ricostruzioni, oggetti, filmati che descrivono le tappe fondamentali della vita del Franscini.

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