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UBS: fondi propri, gruppo di parlamentari propone un compromesso

Keystone-SDA

Nel quadro delle discussioni sui futuri requisiti patrimoniali a cui dovrà sottostare UBS un gruppo di parlamentari borghesi ha presentato una proposta di compromesso che mira ad attenuare l'inasprimento inizialmente previsto dal Consiglio federale.

(Keystone-ATS) “Dopo il crollo di Credit Suisse e la sua acquisizione da parte di UBS è davvero necessario un adeguamento della regolamentazione bancaria in Svizzera”, riconosce il consigliere agli stati Thierry Burkart (PLR/AG) in dichiarazioni raccolte dall’agenzia Awp. Al tempo stesso “occorre garantire che la piazza finanziaria elvetica rimanga stabile e competitiva”, aggiunge l’ex presidente del partito liberale radicale svizzero commentando un articolo pubblicato oggi dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ). .

La proposta di compromesso prevede ancora che le filiali estere di UBS debbano essere interamente coperte da fondi propri: l’istituto potrebbe però includere in questa copertura fino al 50% di obbligazioni AT1. Il costo di tali prestiti, per UBS, dovrebbe essere notevolmente inferiore a quello dei fondi di prima qualità.

Contrariamente all’idea avanzata dal Consiglio federale il gruppo parlamentare propone inoltre che i software bancari capitalizzati siano ammortizzati su tre anni, in linea con la normativa dell’Unione europea. I crediti fiscali dovranno inoltre poter continuare a essere conteggiati come fondi propri: la Confederazione dovrebbe trattare questo punto in modo analogo alle norme internazionali.

Allo stesso tempo, i politici si sono espressi a favore di una limitazione al 30% della quota delle attività di investment banking, considerate rischiose. In caso di superamento di tale limite, dovrebbe essere possibile ricorrere a fondi propri supplementari discrezionali.

Tra i parlamentari che hanno elaborato la proposta di compromesso figurano, oltre a Burkart, i consiglieri nazionali Thomas Matter (UDC/ZH), Beat Walti (PLR/ZH) e Werner Salzmann (UDC/BE), come pure i consiglieri agli stati Erich Ettlin (Centro/OW) e Tiana Moser (PVL/ZH).

Secondo la posizione adottata comunemente, l’obiettivo del governo di continuare a disporre della normativa più severa al mondo non dovrebbe essere abbandonato. “Il divario rispetto alle norme dei principali centri finanziari dell’Ue, del Regno Unito, degli Stati Uniti e dell’Asia non deve tuttavia compromettere la competitività”, si legge nel documento.

Secondo la NZZ il gruppo parlamentare ha già condotto discussioni esplorative con la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter. Il Dipartimento federale delle finanze (DFF) non ha tuttavia confermato questa informazione: “il Consiglio federale ha sottoposto la sua proposta a consultazione e deciderà a tempo debito”, si è limitato a dichiarare un portavoce interpellato dall’Awp.

Anche UBS ha reagito con cautela. Un addetto stampa ha confermato che la grande banca ha preso atto della proposta. “Essa va in una direzione più costruttiva rispetto alla variante estrema del Consiglio federale”, ha detto. La Svizzera – sottolinea l’istituto – dispone già attualmente delle regole più severe al mondo in materia di fondi propri. “A differenza di altre piazze finanziarie concorrenti che stanno attualmente allentando o semplificando in modo talvolta significativo i requisiti normativi per le banche, la Confederazione punta ancora una volta a norme nettamente più severe, il che danneggerebbe la competitività internazionale della piazza finanziaria elvetica”, ha aggiunto il portavoce.

Come si ricorderà da mesi UBS si oppone fermamente alle nuove regole presentate in giugno dal governo. Per la banca guidata da Sergio Ermotti l’applicazione di tali normative potrebbe comportare l’esigenza di raccogliere fondi propri supplementari che potrebbero raggiungere i 26 miliardi di franchi. La cosa non piace agli investitori, perché avrebbe giocoforza ripercussioni sui dividendi e sui potenziali riacquisti di azioni. Sono circolate anche voci secondo le quali la banca starebbe pensando di lasciare la Svizzera: speculazioni stroncate da Ermotti come “bullshit” (sciocchezze).

La prospettiva di un allentamento delle normative proposte viene quindi oggi accolta molto positivamente in borsa. Alle 14.00 l’azione UBS saliva del 3% a circa 34,60 franchi, dopo aver superato in mattinata i 35 franchi per la prima volta dal 2008, nel pieno della crisi finanziaria. Dall’inizio dell’anno il titolo ha guadagnato il 22% e ampiamente positiva è anche la performance sull’arco di cinque anni: +179%.

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