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Crisi irachena: la Svizzera si prepara al peggio

La sede dell'Ufficio di collegamento, la rappresentanza diplomatica aperta dalla Svizzera a Bagdad nel 2001 Keystone

Pur continuando a sperare in una soluzione pacifica della crisi irachena, le autorità svizzere stanno preparando dispositivi di sicurezza.

Misure previste anche per gli svizzeri in Medio Oriente. In caso di guerra, resteranno in Iraq soltanto i delegati del CICR.

L’adesione della Confederazione alle Nazioni unite, nel settembre scorso, non ha cambiato la posizione del governo svizzero riguardo all’interminabile crisi irachena.

Come nel 1991, prima della “Tempesta del deserto”, il Consiglio federale è fermamente convinto che bisogna impiegare ogni strumento per trovare una soluzione pacifica e che un ricorso alle armi può essere autorizzato soltanto dall’ONU.

A Berna, come a Washington, i rappresentanti delle autorità elvetiche seguono attentamente gli sviluppi della vertenza internazionale. E si preparano anche all’opzione peggiore.

Cellule di sicurezza

«Non vogliamo arrenderci al fatalismo e continuiamo, quindi, a sperare che una guerra possa essere evitata. Ma, per ogni eventualità, stiamo preparando un dispositivo di sicurezza”, spiega Christophe Geiser, responsabile del dossier iracheno presso la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), attiva in Iraq dal 1983.

Un atteggiamento diffuso anche in numerosi altri uffici federali. La gestione della crisi è stata affidata a cellule di sicurezza di tre livelli diversi, in cui figurano i rappresentanti di tre Dipartimenti – affari esteri, difesa, giustizia e polizia.

Per quanto concerne la sicurezza interna, le autorità hanno optato per la segretezza al posto della dissuasione: nessun informazione filtra dai Dipartimenti sui provvedimenti previsti ad esempio per evitare eventuali attacchi terroristici.

“Non possiamo fornire nessuna indicazione per non compromettere i nostri piani” sostiene Danièle Bersier, portavoce del Dipartimento federale di giustizia e polizia. “Possiamo soltanto dire che il grado di sicurezza è già stato notevolmente rafforzato dall’11 settembre 2001, in collaborazione con i cantoni”.

Apertura dello spazio aereo

Tra le questioni che si riproporrebbero in caso di conflitto vi è molto probabilmente quella dell’utilizzazione dello spazio aereo svizzero.

Senza l’avvallo delle Nazioni unite, un intervento in Iraq sarebbe da considerare come un conflitto tra due Stati. In tal caso, in base ai nostri principi di neutralità, nessun aereo militare straniero potrebbe sorvolare il territorio elvetico per non favorire una delle due parti in guerra.

In caso di attacco militare autorizzato dall’ONU, il Consiglio federale potrebbe invece aprire lo spazio aereo nazionale. “Una decisione rimane comunque condizionata dagli sviluppi bellici e diplomatici” rileva Muriel Berset Kohen, portavoce del Dipartimento federale degli esteri.

Una ventina di svizzeri in Iraq

Il piano di sicurezza delle autorità federali prevede chiaramente una serie di misure anche per gli svizzeri che si trovano nelle regioni colpite o minacciate da una guerra.

In Iraq, risiedono regolarmente soltanto tre impiegati della Confederazione e una ventina di delegati del Comitato internazionale della croce rossa (CICR).

A questi bisognerebbe aggiungere alcuni cittadini svizzeri con la doppia nazionalità. Si tratta però di persone che vengono praticamente considerate irachene, per la loro origine o per il fatto che sono integrate da molto tempo in questo paese.

Nessuna informazione può essere comunque fornita su di loro, dal momento che le autorità di Bagdad vietano alla popolazione qualsiasi contatto con rappresentanti stranieri.

Verranno invece probabilmente rimpatriati in caso di conflitto i tre impiegati dell’amministrazione federale che lavorano presso l’Ufficio di collegamento, aperto nel 2001: due diplomatici e un coordinatore delle attività della DSC.

Nel 1991, ricorda Muriel Berset Kohen, la rappresentanza diplomatica svizzera era stata chiusa durante i bombardamenti e i contatti con le autorità irachene erano stati assicurati dall’ambasciata svizzera in Giordania.

CICR sempre presente

“Noi partiamo dall’idea di rimanere sul posto anche in caso di conflitto, come abbiamo fatto anche nel 1991” dichiara Nada Doumani, portavoce del CICR. “La nostra presenza e le nostre attività dipenderanno comunque dall’evolvere della situazione”.

L’organizzazione, tra le più attive in Iraq negli ultimi 20 anni, potrebbe ridurre ad un piccolo nucleo il numero dei delegati oppure addirittura rafforzare i loro effettivi, rischi permettendo.

Intanto, il CICR ha già cominciato a costituire delle riserve di materiale in Iraq e nei paesi vicini. Le attività si concentravano finora soprattutto su programmi di salute, approvvigionamento di acqua, assistenza ai prigionieri di guerra (Iraq-Iran e Kurdistan) e la ricerca di persone scomparse.

Raccomandazioni per i connazionali in Medio oriente

Già da ottobre-novembre, un primo dispositivo di sicurezza è stato messo in atto dalle ambasciate svizzere nei paesi vicini all’Iraq – a cominciare da Israele e Egitto, dove si trovano le comunità elvetiche più grandi.

I cittadini svizzeri hanno ricevuto una serie di raccomandazioni, tra cui quella di rinnovare i loro documenti di viaggio per tenersi pronti a partire rapidamente, nel caso in cui la situazione dovesse diventare troppo rischiosa.

In caso di guerra, le sede diplomatiche svizzere sono chiamate a fornire assistenza e informazioni, ma non possono obbligare nessuno ad abbandonare la regione: a differenza di altri paesi, la Confederazione non impone ai suoi cittadini divieti di viaggio o di residenza nelle “zone calde” del pianeta.

“Si tratta di una decisione individuale: in caso di tensione, ognuno deve decidere per conto proprio se lasciare o meno il paese in cui risiede” sottolinea Peter Sutter, responsabile del Servizio degli svizzeri dell’estero. “Da parte nostra, saremo pronti ad aiutare tutti coloro che ne avranno bisogno”.

swissinfo, Armando Mombelli

Tre Dipartimenti federali hanno costituito cellule comuni di sicurezza per coordinare gli interventi in caso di guerra nel Golfo.

In Iraq si trovano regolarmente 3 rappresentanti della Confederazione: 2 collaboratori dell’Ufficio di collegamento aperto nel 2001 e 1 coordinatore della DSC.

La DSC è attiva in Iraq dal 1983 con un budget annuo di circa 5 milioni di franchi.

Il CICR impiega una ventina di delegati in Iraq, dove ha iniziato la sua attività già nel 1980.

Con un fondo annuo di circa 22 milioni di franchi, il CICR promuove programmi di salute, approvvigionamento di acqua, assistenza ai prigionieri di guerra e ricerca di persone scomparse.

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