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La patata bollente di Schengen in parlamento

Anche con l'adesione a Schengen, la Svizzera continuerà a controllare il transito di merci alla frontiera swissinfo.ch

L'adesione della Svizzera agli accordi di Schengen e Dublino è tra i temi più controversi dell'attuale sessione parlamentare.

Il dossier fa parte del secondo pacchetto degli accordi bilaterali fra Svizzera e Unione europea.

Miglior cooperazione con gli organi di giustizia e polizia dei paesi dell’Unione europea, accesso al sistema d’informazione di Schengen, identificazione dei richiedenti l’asilo che hanno già inoltrato una domanda d’asilo in uno dei paesi che aderiscono al trattato, benefici per il turismo.

Sono questi i vantaggi che il governo spera di trarre dall’adesione della Svizzera agli accordi di Schengen e Dublino. Ora la proposta è discussa dal parlamento, insieme ad altri sette dossier che compongono il secondo pacchetto di accordi bilaterali con l’UE.

Sicura è l’opposizione a Schengen-Dublino dell’Unione democratica di centro (UDC), che ha già annunciato la sua intenzione di lanciare il referendum.

I trattati di Schengen e la convenzione di Dublino

Gli accordi di Schengen del 1985 e del 1990 hanno fornito il quadro legale per la progressiva abolizione dei controlli delle persone lungo le frontiere interne dell’UE.

In cambio dell’apertura delle frontiere, gli accordi prevedono una serie di misure per garantire la sicurezza nei paesi membri, tra cui il potenziamento dei controlli alle frontiere esterne, una migliore collaborazione transfrontaliera tra gli organi di polizia (in particolare nell’ambito della lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo) e la semplificazione della cooperazione giudiziaria.

Tra gli strumenti più importanti sviluppati nel quadro degli accordi vi è il Sistema d’informazione Schengen (SIS), una banca dati che contiene attualmente 10 milioni di schede relative a persone ricercate o a oggetti scomparsi.

La Convenzione di Dublino, firmata dagli stati membri dell’UE nel giugno 1990, fissa invece il principio secondo il quale un richiedente l’asilo può presentare una sola domanda d’asilo, in un solo paese dell’UE.

Per rendere possibili i controlli, la Convenzione ha istituito una banca data elettronica (Eurodac), che raccoglie le impronte digitali di tutti i profughi che hanno depositato una domanda d’asilo in uno dei paesi dell’UE.

Il problema del segreto bancario

Il dossier Schengen-Dublino ha creato non pochi grattacapi ai negoziatori svizzeri ed europei. La Svizzera, che pure aveva insistito per integrare Schengen nelle trattative, voleva a tutti i costi evitare di mettere a repentaglio il proprio segreto bancario.

Il nodo da sciogliere era quello della cooperazione giudiziaria. La Svizzera temeva che in futuro l’evoluzione della normativa di Schengen avrebbe potuto condurre ad un obbligo per gli stati membri di prestare assistenza giudiziaria anche nel caso di evasione fiscale (sottrazione d’imposta), che in Svizzera non è reato penale.

Il compromesso raggiunto concede alla Svizzera, nell’eventualità di una tale evoluzione, una deroga di durata indeterminata. In altre parole, l’accordo garantisce la protezione del segreto bancario.

L’evoluzione della normativa

Altro problema è quello dell’evoluzione del cosiddetto «acquis» dei trattati di Schengen e Dublino. Non facendo parte dell’UE la Svizzera – analogamente a Norvegia e Islanda – non potrà decidere sullo sviluppo della normativa, pur potendo partecipare ai dibattiti.

L’accordo bilaterale concede però alla Svizzera un periodo di transizione di due anni per decidere se aderire a nuovi atti giuridici inerenti ai trattati di Schengen-Dublino. Ciò significa che ogni mutamento dei trattati sarà sottoposto al normale iter legislativo elvetico.

In caso di rifiuto da parte del legislatore, l’accordo prevede ancora ulteriori possibilità di negoziato. Solo nel caso in cui nessun compromesso fosse possibile scatterebbe la cosiddetta «clausola ghigliottina», con conseguente revoca dell’accordo.

Vantaggi e costi

Oltre ad una miglior collaborazione transfrontaliera nella lotta contro il crimine e contro l’immigrazione clandestina, il governo prevede che un’adesione agli accordi di Schengen avrà effetti positivi anche sul turismo.

Le persone in possesso del «visto Schengen», concesso per soggiorni turistici della durata massima di tre mesi, non dovrebbero più richiedere un visto supplementare per visitare la Svizzera.

L’eventuale adesione a Schengen non significherà però la fine dei controlli alla frontiera, poiché le merci che transitano tra Svizzera e UE continueranno ad essere sottoposte a dazio doganale.

Dal punto di vista finanziario, l’accordo siglato con l’UE impone alla Svizzera un contributo annuo di 0,85 milioni di franchi circa. A questa cifra si aggiungono un contributo unico di 2 milioni per i costi del sistema informatico SIS e le spese ordinarie per la sua gestione.

Dubbi sull’adesione ai trattati di Schengen e Dublino sono stati sollevati, oltre che dalla destra antieuropeista dell’UDC, da alcune organizzazioni attive nel settore dell’asilo, che temono un’ulteriore criminalizzazione dei richiedenti l’asilo e mettono in guardia da un uso indiscriminato di strumenti informatici di controllo.

swissinfo, Andrea Tognina

Gli accordi bilaterali II comprendono i seguenti dossier:
Schengen-Dublino
fiscalità del risparmio
lotta contro la frode doganale
prodotti agricoli trasformati
Agenzia europea per l’ambiente
Ufficio di statistica dell’UE
programmi di sostegno al cinema
tassazione delle pensioni dei funzionari UE
formazione dei giovani

Stipulati inizialmente da cinque paesi (Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi), gli accordi di Schengen sono stati integrati nella normativa UE il 1° maggio 1999, in seguito al Trattato di Amsterdam.

Oggi vi fanno parte tutti i paesi dell’UE, tranne la Gran Bretagna e l’Irlanda. Ai trattati hanno aderito anche la Norvegia e l’Islanda, paesi che non sono membri dell’UE. Per i dieci nuovi paesi che sono entrati nell’UE il 1° maggio 2004 è previsto un periodo di transizione prima della piena integrazione nello spazio di Schengen.

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