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La Svizzera difende la pace all’ONU

La Svizzera sostiene un prolungamento del mandato degli ispettori dell'ONU Keystone

L'equidistanza da Stati Uniti ed Iraq e l'autorizzazione delle Nazioni Unite spiegata dal rappresentante elvetico al Palazzo di Vetro.

La posizione confermata da Berna: respinta la richiesta USA di sorvolo e negato il visto d’entrata a Saddam Hussein ed al suo clan.

Dare più tempo alle ispezioni per il disarmo prima di autorizzare l’uso della forza militare. La posizione della Svizzera è stata esposta nel dibattito sull’Iraq al Consiglio di Sicurezza. A presentarla, nei sette minuti a disposizione d’ogni oratore, è stato Pierre Helg, vice dell’ambasciatore elvetico all’ONU.

“La chiave della soluzione del conflitto è nelle mani dell’Iraq”, ha detto Helg, aggiungendo che la Svizzera non sottostima il rischio che armi di distruzione di massa possano finire nelle mani del terrorismo.

Il rappresentante della Svizzera ha poi espresso le preoccupazioni di Berna sulle conseguenze e le ripercussioni di una guerra in una regione così sensibile del mondo.

Il dibattito sull’Iraq è stato convocato su richiesta del Sudafrica, che presiede il movimento dei non allineati, 115 Paesi per la maggior parte in via di sviluppo, contrari ad un intervento militare contro l’Iraq.

Assieme alla Svizzera sono 70 i Paesi che si sono iscritti per parlare alla tribuna del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

No al sorvolo dei caccia USA

A Berna, il Consiglio federale nella sua settimanale seduta del mercoledì ha poi deciso di respingere la richiesta americana di sorvolo dello spazio aereo elvetico in caso di conflitto con l’Iraq.

Per il governo svizzero senza una risoluzione dell’ONU che autorizza il ricorso alla forza, l’intervento di Washington contro Bagdad viene considerato un conflitto fra stati.

In assenza del mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che legittimi l’intervento armato, il governo elvetico applicherà il diritto alla neutralità, vietando di conseguenza l’utilizzo dello spazio aereo ai velivoli militari coinvolti nel conflitto.

La richiesta americana di sorvolo dello spazio aereo era stata presentata lo scorso 13 febbraio alla ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey dall’ambasciatore statunitense a Berna.

L’amministrazione del presidente Bush ha chiesto di autorizzare nei prossimi mesi il sorvolo del territorio elvetico da parte dei suoi aerei, senza precisare il tipo di velivoli ed il loro impiego.

“Per com’è stata formulata e visto che non è limitata nel tempo, la richiesta del governo statunitense non ha potuto essere accettata”, ha dichiarato il vice cancelliere della Confederazione Achille Casanova, portavoce del Consiglio federale.

Mandato ONU indispensabile

La richiesta americana – ha spiegato Blaise Godet, capo della Direzione politica del Dipartimento federale degli affari esteri – è stata presentata a titolo preventivo oltre che alla Svizzera anche ad altri Paesi europei. Obiettivo dell’amministrazione Bush era di conoscere le posizioni per pianificare la logistica dell’intervento armato.

Gli Stati Uniti vogliono stilare una sorta di «carta del cielo» per sapere come muoversi. L’Austria ad esempio, ha già rifiutato di autorizzare sorvoli supplementari del suo territorio.

Se l’ONU dovesse approvare l’intervento militare in Iraq, l’autorizzazione di sorvolo non sarebbe automatica. Il Consiglio federale si riserva il diritto di decidere caso per caso, ha aggiunto Casanova.

Anche in questo caso, ha aggiunto Casanova, il Consiglio federale rimane fedele alla prassi applicata finora. Dal 1993 la Confederazione autorizza l’entrata di velivoli militari nello spazio aereo in operazioni decise dall’ONU, com’è stato il caso per esempio dell’intervento nel 1995 in Bosnia.

Nel 1999 Berna ha invece rifiutato il sorvolo agli aerei Nato per le operazioni in Kossovo: in questo caso non vi era l’approvazione delle Nazioni Unite.

La Svizzera si rifà alla convenzione dell’Aia del 1907 che vieta alle nazioni neutrali di permettere il passaggio di truppe o materiale militare di Paesi in conflitto.

Saddam e il suo clan indesiderati

Il governo svizzero ha poi deciso di vietare l’entrata in Svizzera a Saddam Hussein, ai suoi familiari ed agli alti dirigenti iracheni.

Il divieto rappresenta una misura preventiva che costituisce una decisione di principio sui cui basarsi se il caso concreto si presentasse, ha precisato il portavoce del governo svizzero. Nulla lascia per il momento presagire che Saddam Hussein, i suoi familiari o i suoi stretti collaboratori intendano rifugiarsi nella Confederazione Elvetica.

La Svizzera è probabilmente il primo Paese a decretare un simile divieto, ha precisato l’ambasciatore Godet. Il governo ritiene che l’immagine della Confederazione sarebbe compromessa se Berna accogliesse persone responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e di crimini di guerra. Anche dal punto di vista della politica estera, una tale presenza non è auspicabile.

swissinfo e agenzie

Più tempo agli ispettori dell’ONU
No al sorvolo dei caccia americani dello spazio aereo svizzero
Divieto d’entrata per il clan di Saddam Hussein
70 i Paesi iscritti al dibattito all’ONU sull’Iraq
7 i minuti concessi ad ogni oratore

Per la Svizzera non è ancora il momento della guerra.

Lo ha ribadito Pierre Helg, vice dell’ambasciatore elvetico all’ONU, nel dibattito sull’Iraq al Palazzo di Vetro di Nuova York.

Politica di equidistanza del governo elvetico da Washington e Bagdad.

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