Una nuova vita per la seconda volta
Scoprire il sapore di una vita dignitosa in patria, dopo un forzato esilio. È l'opportunità che la Svizzera offre ai rifugiati che desiderano tornare a casa.
Nel lontano Congo, swissinfo ha incontrato un partecipante al Programma elvetico di aiuto al ritorno volontario. Grazie anche ad un sostanziale contributo finanziario, Benjamin può ora guardare al domani con più serenità.
Una carriera di avvocato all’orizzonte. La possibilità di aiutare gli oppressi difendendone i diritti fondamentali. La fortuna di recarsi nella moderna Svizzera per un corso di perfezionamento. Poi però la svolta, le paure e la lunga parentesi lontano da casa per motivi politici.
È la storia di Benjamin Lukamba Muganza, congolese, che incontriamo in un caldo pomeriggio nella capitale Kinshasa. Benjamin è tornato nella sua città dal gennaio 2006, dopo aver vissuto 10 anni in Svizzera.
A Ginevra conduceva una vita piacevole, si era bene integrato, ma non potendo lavorare nel suo ramo, si sentiva inutile. E allora la decisione di ritornare nella terra natale, nonostante la disastrosa situazione socio-economica.
Un aiuto al ritorno
La possibilità di rimpatriare, Benjamin la scopre una mattina nella cassetta della posta. Un prospetto dell’Ufficio federale delle migrazioni (Ufm) e dell’Ufficio internazionale delle migrazioni (Oim) spiega che i rifugiati nella Confederazione che desiderano tornare a casa possono aderire ad uno speciale programma.
«Il programma Africa è iniziato nel 2002 con l’Angola. Dal luglio 2004 è stato esteso anche alla Repubblica democratica del Congo », indica a swissinfo Jarmila Mazel, coordinatrice del Programma di aiuto al ritorno volontario per l’Africa presso l’Ufm.
«I partecipanti – prosegue – possono rivolgersi agli sportelli cantonali. Ci occupiamo di tutte le formalità burocratiche (documenti) e dell’organizzazione del viaggio di ritorno».
Paragonata ad altri Stati europei che collaborano con l’Oim – la cui rete di uffici si estende in tutto il mondo – la Svizzera si mostra particolarmente generosa: una volta giunti a destinazione, gli ormai ex rifugiati ricevono un aiuto finanziario di 2000 franchi (1000 franchi per i minorenni). Il Belgio concede ad esempio poco più di 1100 franchi, l’Olanda 360.
La paura delle minacce
Per Benjamin si tratta di un’invitante occasione. Durante il soggiorno ginevrino ha trovato soltanto impieghi nella vendita e lavori saltuari, poco appaganti per chi detiene un diploma di avvocato. «Durante i colloqui mi dicevano che ero troppo qualificato», ricorda.
Sono inoltre trascorse parecchie primavere dal suo arrivo in Svizzera (1996) per uno stage di formazione. Nel frattempo l’ex uomo forte del Congo, Laurent Kabila, è morto. Con lui sono pure sparite le minacce di ritorsione contro i membri dell’ASADO (Associazione africana per i diritti umani) – a cui Benjamin aderiva – dopo un rapporto che denunciava i massacri perpetrati dai soldati governativi. Tornare in Congo, dopo anni di asilo politico, non era più un pericolo.
I contatti e gli ex clienti erano però andati persi. «Ho così approfittato della possibilità di usufruire dell’aiuto supplementare previsto dal programma, per sviluppare un progetto personale», racconta.
Grazie al contributo extra di 5000 franchi, Benjamin, su consiglio dell’Oim, ha acquistato un veicolo d’occasione ed ora sta cercando un autista affidabile per dare il via ad un servizio di auto noleggio. «Quest’attività mi permetterà di guadagnare qualcosina per poi rilanciarmi nella mia professione di avvocato».
Soldi o malinconia?
Di fronte ad un aiuto finanziario globale così cospicuo, sorge spontanea la domanda se la partecipazione al programma non sia più dettata dalla voglia di intascare il gruzzoletto, piuttosto che dal reale desiderio di ritrovare il paese natale.
«Per evitare abusi accettiamo soltanto chi ha depositato la domanda d’asilo prima dell’inizio del programma», ci risponde l’Ufm.
Inoltre – prosegue Erika Laubacher, a capo della sede dell’Oim a Berna – i soldi sono distribuiti sull’arco di sei mesi. Il pericolo di una re-emigrazione dal paese di origine, molto elevato nelle prime settimane dal rientro, è così scongiurato.
Forzare un passo…volontario
Il rischio di abuso non rappresenta ad ogni modo il difetto maggiore del programma di rimpatrio in Congo, che terminerà a fine giugno.
Mentre i richiedenti l’asilo congolesi in Svizzera sono circa 2000, in due anni sono state solamente una decina le persone che ne hanno usufruito. «Il ritorno volontario ha poco successo, se in parallelo non è previsto un programma di rinvio forzato», spiega Jarmila Mazel, in allusione all’efficacia del bastone e della carota.
Il governo di Kinshasa non è molto disposto a contrattare un accordo in questo senso con Berna: la situazione nell’ex Zaire è ancora instabile e le prospettive troppo limitate per forzare i propri esuli al ritorno.
Ma non è tutto. I soldi spediti in patria da chi ha trovato un lavoro all’estero rappresentano un’entrata essenziale per il paese africano. «Senza dimenticare – aggiunge Mazel – che il ritorno nel paese di origine, dopo essere partiti all’estero con molte speranze e dopo aver investito tutto, è considerato un fallimento».
swissinfo, Luigi Jorio, Kinshasa
Circa 2’000 richiedenti l’asilo congolesi vivono in Svizzera.
Le richieste d’asilo dall’ex Zaire hanno subito un netto calo negli ultimi anni: 629 nel 1998, 262 nel 2005.
In seguito anche all’inasprimento della politica elvetica in materia di asilo, le domande complessive nel 2005 sono calate del 29,4% rispetto al 2004.
Sono rifugiati gli stranieri che, nel paese d’origine o di ultima residenza, sono minacciati per ragioni di razza, religione, nazionalità o per le loro opinioni politiche.
Il diritto alla protezione contro persecuzioni e violenze è sancito dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati, adottata nel 1951 in Svizzera.
Nella Confederazione, i richiedenti l’asilo godono dell’assistenza pubblica, ricevono un importo minimo esistenziale e sono assicurati contro le malattie.
Per incoraggiare il ritorno volontario, Berna propone un sistema di prestazioni comprendente incontri informativi e di consulenza, aiuti finanziari, assistenza medica, progetti individuali e corsi di formazione.
Per alcuni Paesi è puro previsto il rimpatrio coatto per chi rifiuta il ritorno volontario.
Il 24 settembre, il popolo elvetico sarà chiamato ad esprimersi sull’inasprimento della legge sull’asilo deciso dal Parlamento.
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