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Visita di Metzler in Africa al centro di critiche

La consigliera federale Ruth Metzler e il capo dell'ufficio federale dei rifugiati al ritorno dal viaggio in Africa Keystone

Gli accordi conclusi con il Senegal e la Nigeria per agevolare il rimpatrio di richiedenti l'asilo africani hanno sollevato scetticismo in Svizzera.

Critiche sono giunte sia dalle organizzazioni di assistenza ai rifugiati che da parte dell’UDC.

«Il Senegal fa il poliziotto per la Svizzera », titolava giovedì mattina un quotidiano di Dakar. Nel pomeriggio le Organizzazioni non governative (Ong) locali attive nel campo dell’asilo e dei diritti dell’uomo denunciavano senza mezzi termini l’accordo.

«È una vergogna per l’Africa. Di fronte all’erosione del diritto d’asilo in Europa, l’impressione è che ora l’alternativa è di deportare gli africani in un Paese africano che deve fare il lavoro sporco», tuonava Alioune Tine, segretario operativo della RADDHO (Rencontre africaine des droits de l’homme).

Alioune Tine intravede nell’accordo anche una fonte di conflitti tra il Senegal e i suoi vicini. Per lui, «creerà un profondo sentimento anti-senegalese nella maggior parte dei Paesi africani.»

Critiche anche da parte delle Ong svizzere

Le critiche in Svizzera sono state più o meno dello stesso tenore: « Questo accordo servirà solo a trasferire il problema dell’asilo dalla Svizzera verso l’Africa» denuncia la sezione locale di Amnesty International (AI).

Jürg Keller, portavoce di AI, si preoccupa del rispetto dei diritti dell’uomo in Senegal: «Qui da noi i richiedenti sono assistiti da un avvocato o da un rappresentante di un’organizzazione umanitaria, ma che succederà laggiù?»

Dal punto di vista pratico l’accordo (che non è stato pubblicato) presenta in effetti ancora numerosi punti oscuri.

«Quali saranno le condizioni di soggiorno di queste persone in Senegal?» Si chiede anche Alioune Tine. «Per lo meno in Svizzera vi è un minimo di garanzie circa il rispetto dei diritti dell’uomo, ma qui vi posso dire che in alcuni casi, i dirigenti se ne infischiano», avverte il militante senegalese.

Credibilità del sistema di asilo

L’Alto commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR), seppure con cautela, ha accolto più positivamente l’accordo svizzero. Per il portavoce Rupert Colville la difficoltà maggiore sarà l’applicazione: “Ha davvero l’aria di un’intesa inusitata e complessa. Bisognerà vedere come funziona”.

L’UNHCR, come altre organizzazioni umanitarie, si preoccupa anche dei toni sempre più negativi con cui il tema dell’asilo viene affrontato in Occidente.

Rimpatri graduali

Inquietudini che tenta di dissipare Dominique Boillat, portavoce dell’Ufficio federale dei rifugiati (UFR): «Durante le famose 72 ore, i richiedenti saranno sotto la tutela del personale svizzero e della polizia senegalese. L’operazione non deve assolutamente sfuggirci di mano», afferma.

Boillat non può comunque rivelare ulteriori particolari, dal momento che i dettagli non sono ancora stati fissati. Sicuro è che le circa 2000 persone toccate dal provvedimento non saranno estradate di colpo.

«Cominceremo molto lentamente, con alcune persone, per vedere se tutto funziona, spiega. Poi passeremo a piccoli gruppi, ma in nessun caso si tratterà di centinaia e nemmeno decine di persone alla volta.»

Fuori dal sistema europeo

La Svizzera è sempre più sotto pressione circa le questioni d’asilo. Il 15 gennaio viene attivata la banca dati europea Eurodac. Tutti i rifugiati che passano legalmente o illegalmente in uno Stato europeo vengono schedati tramite impronte digitali.

In tal modo i richiedenti d’asilo respinti non hanno più possibilità di ripresentare la domanda in un altro Stato dell’Unione Europea.

La Svizzera non essendo membro dell’UE non ha accesso all’Eurodac. L’organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR) si aspetta di conseguenza un aumento delle domande d’asilo: almeno 10.000 all’anno. Nel 2002 sono state più di 26.000.

Diritti umani calpestati

Nemmeno il partito populista svizzero dell’UDC sembra essere soddisfatto degli accordi: secondo il portavoce Yves Bichsel il viaggio di Ruth Metzler in Africa è da considerarsi “una questione propagandistica”.

Se l’accordo con il Senegal suscita le reazioni più vivaci, quello con la Nigeria è nettamente meno complicato. Si tratta di un semplice accordo di riammissione. Il primo tra la Svizzera e un Paese africano.

Da qualche anno i nigeriani sono diventati il gruppo più folto di richiedenti d’asilo provenienti dall’Africa occidentale. Prima della Svizzera, anche l’Italia, la Spagna e l’Irlanda avevano firmato accordi analoghi con questo Paese.

Un Paese che in materia di diritti dell’uomo non è esattamente un modello: “La tortura e le morti in prigione sono frequenti” ricorda Jürg Keller di Amesty International.

swissinfo, Marc-André Miserez (traduzione Raffaella Rossello)

L’accordo di transito con il Senegal è una novità. Prevede che tutti i richiedenti d’asilo dell’Africa occidentale che la Svizzera non è stata in grado di identificare siano estradati a Dakar.

Sul posto i funzionari svizzeri avranno 72 ore per identificarli, con l’aiuto dei colleghi senegalesi e le ambasciate dei paesi vicini.

Se l’identificazione fallisce, i richiedenti d’asilo vengono riportati in Svizzera.

L’accordo di riammissione con la Nigeria è più classico e stabilisce che il Paese africano si impegna a riammettere sul suo territorio i rifugiati la cui domanda d’asilo è stata respinta.

È il primo accordo di questo tipo con un Paese africano, mentre ne esistono con altri 26 Stati, la maggior parte dei quali in Europa.

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