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Il metodo applicato per lo studio sulla libertà di stampa

L'Organizzazione "Reporter senza frontiere" ha elaborato alcuni criteri per misurare il livello di apertura della stampa.

Un breve riassunto dei punti cardine.

Per realizzare la classifica l’organizzazione ha stilato un questionario di cinquanta domande, sottoposto a molte persone indipendenti in ogni singolo paese; hanno partecipato non solo dei giornalisti, ma anche giuristi, ricercatori universitari e i membri dell’ufficio di “Reporters sans frontières”.

Sono stati inseriti nella statistica solo i paesi per cui è stato possibile raccogliere un numero sufficiente di informazioni per permettere un paragone affidabile.

La ricerca della completezza

Fra i criteri si considera tra l’altro la situazione legislativa e l’applicazione giudiziaria in caso di processi. Così si contano anche il numero di processi contro la libertà d’espressione, le minacce compiute verso redattori e la situazione di dipendenza dei media elettronici e della stampa.

In Svizzera si sono valutate le sentenze giudiziarie e le condizioni economiche dei giornali. È questo il punto debole della situazione: i tribunali applicano normalmente con rigore delle regole già di per sé restrittive.

Nella situazione italiana si è registrato invece uno slittamento verso il basso al 40esimo posto. Il Belpaese si pone così come fanalino di coda dei paesi dell’Europa unita. “Reporters sans Frontiéres” punta il dito sul primo ministro Silvio Berlusconi, ancora proprietario di un impero editoriale e censore delle reti pubbliche.

Differenze profonde

Un’attenzione particolare è anche concessa alle strutture militari e ai servizi segreti nazionali che potrebbero fare delle pressioni sotterranee sulla libertà redazionale. Interessati da questi pericoli sono soprattutto paesi in via di sviluppo o con un regime autoritario.

In tutti i paesi si è inoltre tenuto conto anche delle possibilità intimidatorie di gruppi separatisti politici o gruppi di interesse malavitosi.

Daniele Papacella, swissinfo

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