Il ritorno in valle

Alberto Giacometti era molto legato alla sua valle Bregaglia e per tutta la vita il villaggio di Stampa rimase un punto di riferimento. "Tornava a novembre - ricordano i vicini di casa di Stampa - quando non c'è il sole, qui nel fondovalle". Forse per cercare le ombre, più che la luce delle montagne, ma anche per ritrovare quel microcosmo umano che lo aveva permeato negli anni dell'infanzia.
Spesso la memoria si confonde con le cose lette o sentite, ma i ricordi sono ancora vivi nella vallata. Le vicende, vere o presunte, si accavallano nei racconti dei compaesani. Tutti conoscono la figura del grande artista, tutti ne sottolineano la modestia e la generosità. A Stampa poi vivono ancora molti che portano il cognome della famiglia di artisti. Ma sono solo i più anziani ad aver conosciuto personalmente Alberto Giacometti.
Il legame di Alberto con la sua valle passava attraverso la mamma Annetta. “Quotidianamente – ricorda la vicina di casa Laura Semadeni-Dolfi – la mamma riceveva una lettera da Alberto o da Diego. Negli anni Sessanta poi puntualmente all’una del pomeriggio squillava il telefono.” Erano i figli da Parigi che si preoccupavano della madre, vedova dal 1933.
Regolarmente i due fratelli lasciavano l’atelier di Parigi per ritornare in valle. Ma mai contemporaneamente. “Dicevano che uno doveva rimanere all’atelier, per curare il lavoro, per non fare asciugare le opere iniziate”, spiegano i compaesani.
“Alberto arrivava in novembre, quando le giornate erano corte”, ci dice Sina Dolfi-Giacometti che era molto vicina alla famiglia. “Cercava – aggiunge la figlia Laura – le ombre più che la luce della nostra valle”. Il sole infatti in quella stagione non raggiunge i villaggi sul fondovalle, schermato dalle alte cime delle montagne.
Il soggiorno
Alberto rimaneva almeno un mese, spesso anche di più. “Non riusciva a partire – ricorda la vicina – ci diceva ‘je m’en vais, je m’en vais’. Lo diceva in francese, ma poi rimandava la partenza lo stesso”. “Gli piaceva stare qui, vicino alla mamma, anche se non andava in montagna, non era un turista, era uno di noi.” Rimaneva praticamente per tutto il periodo al villaggio, nell’atelier del padre a disegnare o al ristorante oltre la strada.
Per la gente del paese Alberto era semplicemente un bregagliotto che abitava fuori e che tornava annualmente a casa. Certo era un artista, una persona con un lavoro straordinario quindi. “Ma anche suo padre era già un artista”, relativizza Laura Semadeni. “Quel ramo dei Giacometti non ha mai coltivato la campagna come gli altri. Ma nessuno faceva queste distinzioni sociali”, ricorda Laura che, prima di sposarsi, viveva di fronte alla casa dell’ “anda Aneta” – “zia Annetta”, come veniva chiamata in paese la madre di Alberto.
“Ogni giorno veniva in negozio a comperare le sigarette. Fumava molto, e aveva le dita ingiallite dal tabacco.” Poi verso sera si sedeva al tavolo del ristorante di Stampa, il Piz Duan, a scambiare quattro chiacchiere con gli uomini del paese. “Sapeva molte cose ed era gentile”, aggiunge Sina Dolfi-Giacometti, l’anziana madre di Laura, e cugina degli artisti.
L’interesse per la persona
“Non penso che la sua pittura interessasse i bregagliotti e comunque lui non ne parlava mai, non si metteva al centro dell’attenzione”, aggiunge Sina Dolfi-Giacometti. Erano pochi quelli che si interessavano direttamente al suo lavoro. “Un insegnante e un impiegato della banca erano andati a trovarlo anche a Parigi, ma gli altri no, nessuno sapeva esattamente cosa facesse, anche se a volte regalava spontaneamente dei disegni.” Solo quando la sua fama era già consolidata la gente cominciò ad interessarsi.
“Avevo sentito alla radio di un premio importante che gli era stato conferito – continua Sina Dolfi – allora ero andata da lui per fargli i complimenti, ma lui faceva finta di niente e rideva. Era così – conclude l’ultra-ottantenne del villaggio di Stampa – sono così gli artisti.”
Daniele Papacella, Stampa

In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.