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Le notti di Locarno

L'atmosfera soffusa delle sale del Grand Hôtel. swissinfo.ch

Al margine delle proiezioni il popolo del cinema insegue una ritualità mondana dalle forme consolidate.

Nottambuli più o meno vip si incontrano agli aperitivi e nei bar della cittadina sul Lago Maggiore.

Locarno è la festa del cinema. Ma non solo. Malgrado manchino ancora le grandi stelle dell’olimpo della macchina dei sogni che conferiscono il glamour a Venezia, Berlino e Cannes, anche qui i rendez-vous mondani si accavallano nei dieci giorni di Festival.

Una mondanità spicciola, quella di Locarno, ma evidentemente apprezzata dai fedelissimi del Festival.

L’appuntamento in Piazza

Per questa edizione del 2002 l’Ente turistico locale annuncia il tutto esaurito. Anche la seconda edizione sotto la direzione di Irene Bignardi, sembra annunciare un nuovo record di presenze.

Non ci sono ancora dati ufficiali, ma uno sguardo alle sale di proiezione è rassicurante: malgrado l’esplosione dell’offerta abbia raggiunto quota 192 pellicole, non c’è una proiezione che non registri una buona presenza di pubblico. Per il concorso il tutto esaurito si è ripetuto quotidianamente. Anche nel campo sperimentale del video o nei documentari afgani la partecipazione è notevole.

Solo la Piazza, il rito serale e fulcro della manifestazione, ha sofferto. La pioggia inclemente e la programmazione che inizialmente ha raccolto molte critiche ha lasciato spesso le sedie vuote. L’anno scorso si erano raggiunte le 12 mila presenze in una singola serata, quest’anno la media non raggiunge che la metà.

Ma la Piazza rimane il simbolo di Locarno, punto d’incontro di un programma sempre più frammentato e prova del fuoco per nuove produzioni di grosso calibro, arrivate in riva al Lago Maggiore anche grazie alla nuova qualifica del Festival, ormai salito al pari dei grandi internazionali.

L’aperitivo

Durante i dieci giorni di festival si susseguono gli appuntamenti ufficiali contornati da un aperitivo. Anche quest’anno si è partiti con l’apertura ufficiale. Un rinfresco offerto dalla città di Locarno e immancabile per toccare il polso al Festival che inizia.

Trovare i biglietti è difficile, i posti sono limitati e la ressa è grande. Sono in molti a voler vedere da vicino i membri della giuria e gli attori presenti. In questa edizione brillano l’attore svizzero Bruno Ganz e la star indiana Amir Khan, produttore e protagonista di Laagan. Ma anche la simpatia della direttrice Irene Bignardi è un polo d’attrazione che fa dimenticare le patatine industriali offerte.

Il giorno dopo è l’Ufficio federale della cultura ad imbandire la tavola. L’appuntamento è sulla terrazza del Grand Hôtel e si festeggia l’entrata in vigore della nuova legge sul cinema. La capa del dipartimento degli interni Ruth Dreifuss e il direttore David Streiff fanno da padroni di casa.

C’è anche la distribuzione di premi di incoraggiamento per sceneggiatori. Uno fra i premiati arrossisce quando il suo nome è scandito al microfono. Poco più che ventenne si sente imbarazzato in un ambiente carico di personalità della produzione cinematografica elvetica. Ma, chioccia amorevole, Ruth Dreifuss gli mette una mano sulla spalla augurandogli buon lavoro e tanta fortuna.

All’appuntamento seguente, quello dell’Ente pubblico di radio e televisione, la SRG SSR idée suisse, si incontrano invece tutte le piccole star della televisione nazionale. Una sorta di omaggio del piccolo schermo alla settima arte, una messa in scena in cui i direttori delle varie unità aziendali delle regioni linguistiche possono riaffermare la loro disponibilità e il loro impegno per il cinema nazionale.

La gradinata del Grande Albergo

Ma la vera vita del popolo della notte non è ad un aperitivo. A tarda ora, dopo la proiezione, la fiumana umana abbandona la Piazza Grande. C’è chi si dirige verso gli ultimi treni speciali in direzione Lugano e Bellinzona. Ma molti svoltano prima della stazione a sinistra: direzione Grand Hôtel.

Nell’atmosfera soffusa delle sale affrescate si accalca la gente; fuori la pioggia inclemente rovina la festa. Il look obbligato è ‘casual’. Il nero domina fra i colori di chi si vuole creativo, chi lo è veramente e chi è semplicemente curioso.

Il pianista ripassa gli ‘evergreen’ della canzone melodica italiana, ma l’attenzione rivoltagli è modesta. C’è molto da discutere, evidentemente; c’è da scoprire talenti, riflettere sui film visti o forse c’è una più spicciola speranza di essere visti.

Il pellegrinaggio al Grande Albergo Locarno è un rito, le gloriose sale dell’edificio di fine Ottocento si aprono ormai da decenni per il Festival. Malgrado negli anni non sia cambiato quasi niente, il pubblico accorre imperterrito per sedersi nella frescura della sera sulla gradinata o sui divani consumati.

L’alternativa

Per chi si sente un po’ meno adatto alla tinta leggermente intellettuale del Grand Hôtel c’è anche un’alternativa. Nel giardinetto dietro al vecchio oratorio, ora occupato dal Teatro Paravento, ci sono i gazebo e i tavoli da festa campestre. Ci si può sedere e vagare nella folla. Al bar la scelta è selezionata: birra e merlot del Ticino.

Ma un dj avvolge lo spazio con sonorità ‘house’ e delle proiezioni video sulle pareti delle case, conferiscono al giardinetto un’atmosfera da officina culturale. Un tributo al pubblico essenzialmente giovane. Nei bar della città si consuma il resto della notte del Festival che coinvolge la località sul Lago Maggiore in toto.

Le proiezioni occupano la giornata dei festivalieri. Lo svago dei bagni, al Lido o sulle rocce della Maggia, è invece rimandato all’anno prossimo, il tempo uggioso ha rovinato l’evento-vacanza. Rimangono gli appuntamenti mondani notturni, fatti di una Babele linguistica in cui gli indigeni sono la minoranza. Fra poco il Festival chiude, si ritorna a casa.

Daniele Papacella, Locarno

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