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Letture per il giorno del riposo

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Gli svizzeri leggono molto, soprattutto la domenica. Ora anche la prestigiosa "Neue Zürcher Zeitung" si lancia sul redditizio mercato della stampa domenicale.

Grandi lettori, gli svizzeri. Nessun altro paese d’Europa ha percentuali tanto alte di abbonati a quotidiani e settimanali. Anche nel numero di titoli per abitante, la Svizzera si pone nel gruppo di testa fra i paesi industrializzati. E la domenica, più del 40% della popolazione legge un giornale.

I quotidiani svizzeri però non hanno un’edizione domenicale. Nel giorno del riposo, l’informazione scritta passa per i settimanali domenicali. Sei in tutto, due per ogni regione linguistica, salvo quella romancia.

Ora nella Svizzera tedesca ai due giornali che si contendono il mercato domenicale, “SonntagsBlick” e “SonntagsZeitung”, si aggiunge una nuova testata, la “NZZ am Sonntag”, emanazione del gruppo che fa capo alla vecchia signora della stampa elvetica, la “Neue Zürcher Zeitung”, quotidiano di orientamento liberale e di grande prestigio.

Lotta fra titani

Con la nuova testata, il gruppo NZZ, che oltre alla “Neue Zürcher Zeitung” è editore dei quotidiani “Bund” (Berna) e “St.Galler Tagblatt” (San Gallo), entra così in un mercato difficile, ma ricco di promesse e soprattutto ultimo possibile terreno di espansione per la carta stampata.

I concorrenti fanno entrambi capo a grandi gruppi editoriali. Il “SonntagsBlick”, alter ego domenicale del quotidiano popolare “Blick” – una sorta di “Sun” o “Bild” elvetico, per intenderci – appartiene al gruppo Ringier, vende 330’000 copie, ha un giro d’affari di circa 80 milioni e genera un profitto che sia aggira attorno ai 17 milioni di franchi.

La “SonntagsZeitung”, edita dalla Tamedia, a cui appartiene anche il quotidiano “Tages Anzeiger”, vende 220’000 copie. Con un giro d’affari paragonabile a quello del “SonntagsBlick”, rende qualcosa come 25 milioni di franchi l’anno.

La “NZZ am Sonntag” spera di profilarsi rispetto ai concorrenti grazie alla fama di serietà e di rigore giornalistico che circonda tutto quanto porta il marchio “Neue Zürcher Zeitung”. E per andare sul sicuro, adotta una strategia di marketing d’assalto: fino a fine anno, gli abbonati del quotidiano, circa 160’000 persone, troveranno gratuitamente il settimanale nella loro bucalettere.

La domenica degli altri

Se nella Svizzera tedesca, i lettori della domenica avranno un imbarazzo in più nella scelta, nella Svizzera francese e italiana rimane per ora immutata la situazione di duopolio.

In Romandia “Le Matin dimanche”, dell’editore numero uno nell’area francofona, Edipresse, domina il mercato con oltre 200’000 copie vendute. Un dato sorprendente, se si pensa che il quotidiano più venduto, il “24 heures”, supera appena le 80’000 copie.

Rimane nettamente staccato il concorrente, “dimanche.ch”, nato due anni fa. 40’000 copie, nonostante abbia alle spalle Ringier, maggior gruppo editoriale elvetico.

Nella Svizzera italiana il campo si divide fra “Il Mattino della domenica”, organo gratuito della Lega dei ticinesi, e “Il Caffè”, un tempo giornale del settore alberghiero, riconvertito in foglio domenicale dopo l’ingresso della Ringier nella società editrice.

Perché la domenica?

Rimane da chiedersi perché in Svizzera la stampa domenicale abbia un ruolo tanto importante. In alcuni paesi, come la Francia, il fenomeno è quasi inesistente. In Italia poi sono i quotidiani ad occupare la domenica. Se vi sono situazioni paragonabili a quella elvetica, sono da ricercare piuttosto nei paesi anglosassoni, Gran Bretagna e Stati Uniti.

“Nella tradizione protestante”, osserva Roger Blum, professore di scienze della comunicazione all’Università di Berna, “il rispetto del giorno del riposo è più marcato. La domenica non si può far altro che leggere. Per questo già nel XIX secolo, editori anglosassoni lanciarono giornali domenicali.”

A questa remota eco religiosa, si aggiungano la relativa debolezza in Svizzera di una stampa settimanale tradizionale, come si ritrova in Francia o in Italia, il rispetto del riposo domenicale da parte dei quotidiani e soprattutto la volontà dei grandi gruppi editoriali di non lasciarsi sfuggire uno degli ultimi spazi di crescita concessi alla carta stampata in un mercato già saturo.

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