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Votazioni federali del 18 giugno 2023

Luce verde alla nuova tassazione delle multinazionali

Basilea
Keystone / Georgios Kefalas

Dalle urne è emerso un "sì" forte e chiaro all'aliquota minima del 15% per le grandi aziende. La Svizzera aderisce in questo modo al progetto di riforma lanciato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e dal G20 per raggiungere la giustizia fiscale su scala mondiale. Il popolo svizzero è il primo che ha avuto la possibilità di esprimersi sulla questione.

Il 78,5% dell’elettorato ha dato luce verde all’imposizione minima per le grandi imprese. Anche in Svizzera, dunque, le multinazionali che realizzano una cifra d’affari annua di almeno 750 milioni di euro saranno tassate con un’aliquota minima del 15%. Si stima che si tratti di circa 2’000 gruppi di imprese. La riforma non riguarda invece le circa 600’000 aziende con un fatturato inferiore.

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In questo modo il Paese si allinea al progetto dell’OCSE e del G20 che ha lo scopo di adeguare a livello planetario le norme sull’imposizione dei grandi gruppi di aziende alla digitalizzazione e alla globalizzazione dell’economia.

Al progetto dell’OCSE hanno aderito altri 140 Stati, ma la Svizzera è il primo Paese in cui il popolo ha potuto esprimersi in proposito.

Per introdurre l’imposizione minima, la Confederazione ha previsto un'”imposta integrativa” che compensa la differenza tra l’aliquota di imposta effettiva prelevata dai Cantoni e quella minima del 15%. Ciò implica un intervento nella sovranità fiscale dei Cantoni. Una modifica della Costituzione si è quindi rivelata necessaria e, di conseguenza, il testo è stato sottoposto a referendum obbligatorio.

Le autorità prevedono che il nuovo regime fiscale entrerà in vigore il primo gennaio 2024.

Il sistema fiscale svizzero si contraddistingue per la grande autonomia dei Cantoni in ambito tributario. La Confederazione, invece, può riscuotere imposte solo nella misura in cui la Costituzione glielo consente. Per questo motivo, l’attuazione del progetto dell’OCSE è possibile solo attraverso una modifica costituzionale.

Ognuno dei 26 Cantoni ha una propria legge fiscale e tassa reddito, sostanza, successioni e altri oggetti fiscali in modo molto diverso.

Vi sono poi i Comuni, che ricoprono un ruolo molto importante nella struttura federale della Svizzera. Nella maggior parte dei casi i Cantoni e i Comuni riscuotono le stesse imposte (imposte sul reddito e sulla sostanza, per le persone giuridiche imposte sull’utile e sul capitale). Spesso i Comuni partecipano solo al gettito fiscale cantonale oppure riscuotono supplementi sull’imposta cantonale.

Fonte: Dipartimento federale delle finanzeCollegamento esterno

+++Leggi anche: Imposizione minima OCSE, di cosa si tratta?

Dove andranno i soldi?

Attualmente in Svizzera solo cinque Cantoni su 26 applicano aliquote d’imposta che superano il 15%. La media è del 13,5%. Cantoni come Zugo (9,55%) hanno attirato negli anni diverse multinazionali grazie alla loro tassazione morbida.

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È difficile stimare quali saranno gli effetti finanziari sul medio e lungo periodo, ma nel primo anno l’amministrazione federale prevede che le entrate derivanti dall’introduzione dell’aliquota minima saranno comprese tra 1 e  2,5 miliardi di franchi.

Il Parlamento ha deciso che il gettito generato dall’imposta integrativa sarà riversato al 75% ai Cantoni, mentre il 25% finirà nelle casse della  Confederazione.

Partito socialista contrario

Pur approvando l’introduzione di un’aliquota minima e l’adozione di uno standard internazionale, il Partito socialista è stato l’unico grande partito a schierarsi per il “no”. Ad essere criticato è il metodo di ripartizione. La sinistra avrebbe auspicato che il denaro confluisse maggiormente nelle casse della Confederazione e venisse investito nelle infrastrutture o destinato in modo più preciso alla popolazione.

Secondo il PS, la riforma inasprisce inutilmente la concorrenza fiscale tra Cantoni. Quelli ricchi che ospitano molte multinazionali, come Zugo e Basilea Città, riceverebbero un  gettito fiscale maggiore rispetto agli altri, ha sottolineato il partito durante la campagna.

In vista del voto, il PS ha quindi raccomandato di respingere il testo, affinché il Parlamento ritorni sulla questione e si accordi velocemente su un modo più equo per applicare il progetto lanciato dall’OCSE.

+++Qui gli argomenti del deputato socialista Fabian Molina

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Secondo il Governo e tutti gli altri grandi partiti politici (ad eccezione dei Verdi che hanno deciso di non fornire indicazioni di voto),  i Cantoni finanziariamente deboli beneficeranno comunque delle entrate supplementari. Questo grazie al sistema svizzero della perequazione finanziaria, il trasferimento di denaro dai Cantoni più ricchi a quelli con mezzi più limitati.

L’adeguamento all’imposizione minima OCSE è un passo inevitabile, argomenta chi sostiene il testo, e votare no come chiedeva il Partito socialista ne avrebbe ritardato l’entrata in vigore. Se la Confederazione non si fosse adeguata alle norme dell’OCSE, altri Paesi avrebbero potuto prelevare sotto forma di imposta la differenza che manca per raggiungere il 15%. I soldi derivanti dalla nuova norma fiscale, pertanto, sarebbero finiti all’estero, sottolinea il campo del “sì”. 

+++Qui l’opinione di Monika Rühl, direttrice di economiesuisse

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Soddisfazione degli ambienti economici

Gli ambienti economici e i Cantoni hanno espresso la loro soddisfazione. Per economiesuisse e l’Unione svizzera delle arti e dei mestieri (USAM), il “sì” significa che il gettito fiscale aggiuntivo rimarrà in Svizzera e offre certezza giuridica alle aziende interessate.

“In caso di vittoria del no, le aziende avrebbero dovuto pagare l’imposta all’estero”, ha dichiarato Vincent Simon di economiesuisse. “Sarebbero state quindi soggette a procedure aggiuntive”.

Swissmem sottolinea che il surplus di entrate sarà utilizzato per finanziare misure volte a migliorare le condizioni quadro per mantenere la competitività della Svizzera. “È assolutamente necessario se vogliamo tenere il passo con altri Paesi che sovvenzionano pesantemente i settori chiave”, afferma l’organizzazione mantello dell’industria metalmeccanica e elettrica svizzera.

Anche i Verdi liberali vorrebbero anche che entrate supplementari fossero investite nella promozione della piazza economica svizzera. Ma sottolineano che una piazza economica attraente non si limita all’aliquota fiscale. “Significa, ad esempio, strutture di assistenza all’infanzia al di fuori della famiglia”.

Il Partito liberale radicale (PLR / destra) è “molto soddisfatto” del chiaro sì, ma chiede che i fondi vengano utilizzati per sviluppare le infrastrutture, poiché la Svizzera deve essere in grado di far fronte alla crescita demografica.

Richiesta di giustizia fiscale

Il Partito socialista, l’unico gruppo politico contrario alla legge, ha ammesso una “chiara sconfitta” per voce del consigliere nazionale Fabian Molina, che ha rilevato le difficoltà incontrate dal proprio partito per spiegare la sua posizione. Tuttavia, Molina ipotizza che il peggioramento della concorrenza fiscale intercantonale temuto dal PS si manifesterà presto. “La maggior parte dei Cantoni si renderà conto di doversi adattare”, ha dichiarato.

Sostenendo l’introduzione di un’imposta minima per le imprese internazionali, anche l’Unione Sindacale Svizzera (USS) considera “sbagliata” la distribuzione prevista delle entrate. A suo avviso, si tratta ora di trovare una soluzione per garantire che questa distribuzione sia utile alla popolazione, che si trova ad affrontare una perdita di potere d’acquisto.

Per AllianceSud, questo “sì” “non fa avanzare la giustizia fiscale nel suo complesso”. Secondo Dominik Gross di Alliance Sud, “questa riforma non risolve il problema fondamentale, ovvero che le imprese continueranno a non pagare le tasse nei Paesi del Sud dove producono e dove la tassazione sarebbe più svantaggiosa per loro”.

“Le entrate supplementari generate non andranno ai Paesi che ne hanno più bisogno”, ha aggiunto. “La Svizzera deve ora impegnarsi affinché l’ONU possa sostituire la fallimentare OCSE come principale forza multilaterale nella politica fiscale globale”.

A novembre, l’Assemblea generale dell’ONU ha approvato una risoluzione che chiede riforme in tal senso. Un processo sostenuto dal Parlamento europeo, ma rallentato dalla Svizzera, critica la coalizione di ONG.

Nel seguente articolo il commento di Pascal Saint-Amans, che ha pilotato la riforma globale come direttore del Centro per la politica e l’amministrazione fiscali dell’OCSE:

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