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Nel Paese dei farmaci stanno finendo le medicine

Farmacista con medicine
La penuria sta interessando un ampio ventaglio di medicine, dagli antibiotici alle terapie per il cancro e l'epilessia. © Keystone / Christian Beutler

La Svizzera è un’indiscussa potenza farmaceutica, potendo vantare due delle principali case farmaceutiche al mondo – Roche e Novartis – e centinaia di aziende biotecnologiche più piccole. Com’è possibile che il Paese che rifornisce il pianeta di enormi quantità di farmaci si trovi ad affrontare una penuria di medicinali?

Negli ultimi tre mesi i media elvetici hanno pubblicato numerosi servizi sulla penuria di farmaci di qualsiasi genere, dall’antibiotico amoxicillina e i comuni antidolorifici come l’ibuprofene fino alle terapie per le malattie croniche come il morbo di Parkinson, la cardiopatia e l’epilessia.

Stando al sito Internet drugstore.chCollegamento esterno, creato dal farmacista svizzero Enea Martinelli, a inizio marzo mancavano almeno 1’000 preparazioni di farmaci da prescrizione, mentre nel maggio scorso le preparazioni mancanti erano circa 450. Secondo quanto riportato dall’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico del Paese (UFAE), circa 140 medicinali hanno subito ritardi nella consegna, sono andati esauriti per un periodo indeterminato o sono stati completamente ritirati dal mercato a inizio marzo (nel 2017 erano 48).

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“Si tratta di un triste primato”, commentavaCollegamento esternoMartinelli ai microfoni della televisione pubblica SRF a novembre. A febbraio le autorità elvetiche hanno definito la situazione “problematica” e istituito una task force per cercare di rimediare quanto più rapidamente possibile a questa penuria.

Non è la prima volta che la Svizzera si trova ad affrontare una situazione di questo genere, ma il tipo di medicinali che mancano dagli scaffali delle farmacie, la velocità con la quale vengono meno e il perdurare della penuria hanno fatto suonare un campanello d’allarme. “Vent’anni fa dovevamo fronteggiare la mancanza di farmaci una volta al mese, mentre oggi questa situazione si verifica 4-5 volte al giorno. È uno scenario preoccupante. Dall’inizio dell’anno sono andati esauriti 150 medicinali”, affermavaCollegamento esterno il 21 febbraio un farmacista ospedaliero ai taccuini del quotidiano di lingua francese Le Temps.

Ma la Svizzera non è l’unico Paese a navigare in queste acque. Gran parte del Vecchio continente sta fronteggiando una grave carenza di farmaci in seguito all’allentamento dell’obbligo della mascherina, con un’impennata di raffreddori, infezioni respiratorie ed episodi influenzali nel corso dell’inverno. Pochi Paesi però vantano una tale densità di compagnie farmaceutiche, il che lascia perplessi molti svizzeri.

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Blackbox

Come descritto in un rapportoCollegamento esterno dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) pubblicato a febbraio, una delle ragioni principali per cui la Svizzera non è stata in grado di scongiurare la carenza che sta mettendo in difficoltà anche molti altri Paesi è il fatto di non poter contare su una panoramica chiara e sistematica del problema. L’UFAE monitora unicamente ciò che classifica come farmaci essenziali. L’unica altra risorsa è il sito Internet curato da Martinelli, che contempla i medicinali da prescrizione; è frutto di un’iniziativa indipendente e si basa su quanto riportato da fabbricanti e farmacisti senza tenere conto dei farmaci da banco come lo sciroppo per la tosse.

Inoltre, svariate agenzie visionano diverse parti della catena di approvvigionamento di medicinali. La responsabilità principale di soddisfare le esigenze dei pazienti e di procurare i farmaci ricade su ogni singolo Cantone, ma l’UFSP è responsabile dei prezzi e dei rimborsi. Poi vi è l’UFAE che monitora e immagazzina scorte di beni essenziali, mentre l’autorità svizzera di omologazione e controllo dei farmaci e dei dispositivi medici (Swissmedic) si occupa di omologare i medicinali, monitorare la sicurezza dei pazienti e definire le pratiche di fabbricazione.

Pertanto, è difficile pianificare e prevedere, così come risulta complicato soddisfare una crescita improvvisa della domanda simile a quella che si è verificata quest’inverno.

“Per identificare le difficoltà nella catena dell’approvvigionamento ci vuole trasparenza, unico strumento per prevenire i colli di bottiglia”, come afferma Martinelli a SWI. Da farmacista “se so quanto ci vorrà prima che un medicinale venga consegnato, allora posso decidere cosa fare”.

Ma vi è una forte mancanza di trasparenza ovunque, sostiene Kostas Selviaridis, esperto della catena di rifornimento presso la Lancaster University Management School. “È un enorme problema di fondo. Non conosciamo la catena di approvvigionamento per un articolo specifico”, ha affermato. Si sa molto poco su dove venga fabbricato un prodotto e su quanti fornitori siano coinvolti nel processo. “Se sai che vi è una sola fabbrica che produce la materia prima, sai anche che occorre diversificare. Ma le compagnie che fabbricano i medicinali ritengono che questa informazione sia confidenziale, un segreto commerciale”.

Mercato “non sostenibile”

In quanto piccolo mercato di consumatori, la Svizzera si trova inoltre ad affrontare sfide senza pari, il che non è un problema per i farmaci più recenti e costosi – ma lo diventa quando i margini sono risicati.

Secondo gli esperti circa il 90% delle penurie riguarda farmaci senza brevetto, cioè i medicinali originatori la cui tutela brevettuale è scaduta oppure copie generiche di un farmaco originatore.

L’UFSP stabilisce il prezzo sia per i farmaci di marca sia per quelli generici: affinché essi vengano rimborsati dall’assicurazione, il prezzo di questi ultimi deve essere inferiore di almeno il 20% rispetto a quello dei medicinali di marca. Ogni tot anni il Governo prende in esame la differenza tra i prezzi e, nel tentativo di contenere i costi sanitari, di solito corregge il prezzo al ribasso. Sebbene in Svizzera i prezzi dei farmaci generici siano in media più alti rispetto al resto d’Europa – che pone un tetto massimo ai prezzi dei generici –, il prezzo di molti vecchi farmaci è sceso al di sotto di quello di altri Paesi.

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Basti pensare all’ibuprofene, che fece la sua prima apparizione sul mercato negli anni Sessanta e rimane uno degli antidolorifici più utilizzati. Nel 2003 il prezzo franco fabbrica di una compressa di generico da 600 mg (per una confezione da 100 compresse) era di 0,33 franchi. Vent’anni e quattro revisioni dei prezzi più tardi la stessa compressa costa 0,09 franchi.

I prezzi sono in aumento, dall’energia agli imballaggi, e il mercato dei generici ha “raggiunto un livello non sostenibile dal punto di vista economico”, ha dichiarato a SWI Lucas Schalch, direttore di Intergenerika, l’associazione svizzera dell’industria dei farmaci generici. Secondo Martinelli circa tre quarti dei 1’000 farmaci andati esauriti hanno un prezzo inferiore a 50 franchi.

E quanto ribadito da Teva, che ha sede in Israele ed è una delle più grandi compagnie di generici, la quale possiede anche Mepha, rivenditore svizzero di farmaci generici. Un grosso problema è “l’enorme pressione sui prezzi, soprattutto per quanto riguarda i farmaci del segmento di prezzo più basso”, come ha dichiarato a SWI un portavoce dell’azienda.

Più il prezzo è contenuto e meno il mercato è interessante agli occhi dei fabbricanti, e così per alcuni farmaci restano solo pochi fornitori. Stando a IQVIACollegamento esterno, provider globale di dati e analisi di mercato, solo cinque compagnie detengono praticamente il 60% del mercato di amoxicillina in Europa.

La situazione è particolarmente preoccupante in Svizzera, che è un Paese di piccole dimensioni e quindi deve fare maggiore affidamento su un singolo fornitore – spesso di un medicinale originatore senza brevetto –. Questo perché, come afferma Martinelli, i fabbricanti di generici ritengono che non valga la pena registrare i propri prodotti in Svizzera.

“Per alcuni farmaci i cui brevetti sono scaduti non abbiamo generici alternativi. Se finiscono restiamo a mani vuote”, sostiene Martinelli citando l’esempio di Aldactone, medicinale utilizzato per trattare l’insufficienza cardiaca. Pfizer è l’unico fornitore di questo farmaco in Svizzera, mentre in Germania esistono sei generici diversi.

Questo spiega perché mancano anche le medicine per le malattie croniche quali l’epilessia. Come spiega Martinelli, la domanda non è cresciuta ma ci sono meno fornitori.

Stando ai dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), in Svizzera la quota di mercato dei genericiCollegamento esterno per volumi venduti è del 27%, mentre è dell’83% in Germania, del 49% in Giappone e del 78% in Canada.

Interdipendenza

Non solo vi sono meno fornitori, ma le loro catene di approvvigionamento sono diventate più globali, complesse e interdipendenti. Nella corsa ai prezzi più bassi i fabbricanti di farmaci fanno molto più affidamento a terzi, prevalentemente oltre oceano, il che ha reso i Paesi più vulnerabili ai capricci del mercato, agli eventi geopolitici e ai colli di bottiglia nella consegna.

Nel 2020 la Svizzera ha esportatoCollegamento esterno 77,9 miliardi di dollari americani in prodotti farmaceutici, diventando il secondo più grande esportatore farmaceutico nel mondo per valore. Stiamo parlando principalmente di farmaci e sostanze di nuova concezione protetti da brevetto, mentre molti dei farmaci più utilizzati come gli antibiotici o l’insulina arrivano quasi esclusivamente dall’esteroCollegamento esterno.

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In Svizzera ci sono solo due siti di produzione per farmaci generici: Streuli Pharma AG, a Uznach, e Bichsel, a Interlaken.

Anche se i farmaci generici o senza brevetto sono fabbricati non troppo lontano, sempre più spesso i principi attivi provengono dall’estero. Così la Svizzera deve fronteggiare molte delle stesse difficoltà che anche altri Paesi affrontano quando si tratta di affidarsi a terzi, per la maggior parte in Asia.

Non esistono cifre precise al riguardo, ma da uno studioCollegamento esterno effettuato dalla Commissione europea è emerso che l’80% del volume dei principi attivi farmaceutici (API) importati in Europa proviene da cinque soli Paesi: la Cina rifornisce il 45% degli API e il resto arriva da India, Indonesia, Stati Uniti e Regno Unito.

Quando ad aprile 2020, nel pieno della prima ondata di COVID-19, il Governo indiano aveva imposto restrizioni sugli API per antidolorifici come il paracetamolo, in Svizzera farmacisti e pazienti hanno avuto un gran bel daffare per trovare alternative. La Brexit e la penuria di manodopera qualificata nel Regno Unito, i confinamenti in Cina e la guerra in Ucraina – una delle principali esportatrici di vetro per le fialette – non hanno fatto altro che peggiorare la situazione.

La fine delle innovazioni

Anche se le gravi penurie dovrebbero attenuarsi dopo i mesi invernali, i farmacisti mettono in guardia dal fatto che la situazione è destinata a peggiorare se non si affrontano i problemi di fondo. Una delle soluzioni principali di cui si sta discutendo in Svizzera, e in Europa più in generale, prevede che la produzione non avvenga troppo lontano.

L’UE dovrebbe aver presentato alcune proposte nell’ambito della revisione della legislazione farmaceutica, che era prevista per il 14 marzo. Schalch afferma che la Svizzera è un polo produttivo costoso e pertanto è indispensabile trovare una soluzione a livello europeo.

Gli esperti si dicono preoccupati perché i Governi sono troppo concentrati sui generici, quando in realtà i problemi sono molto più sistemici.

Severin Schwan, CEO di Roche, recentemente ha respinto le domande sulle penurie di farmaci dicendo che il problema riguarda i generici e che “non è un settore nel quale lavoriamo. Per quanto riguarda i medicinali nuovi le catene di approvvigionamento sono molto solide, e i nostri farmaci sono disponibili ovunque”.

Spesso però l’esternalizzazione avviene molto prima che scada il brevetto di un farmaco. Da molto tempo ormai i fabbricanti di generici non comprano più le materie prime da Roche e Novartis, bensì dall’Asia. Un portavoce di Pharmasuisse, associazione dei farmacisti svizzeri, ha affermato che quando la produzione non è più redditizia le compagnie cessano l’attività e smettono di fabbricare il farmaco.

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Un altro portavoce di Roche ha dichiarato a SWI swissinfo.ch che circa la metà del volume dei suoi principi attivi farmaceutici proviene dall’Europa, un quarto dall’Asia e un quinto dall’America del Sud. L’azienda inoltre continua a produrre alcuni farmaci originatori senza brevetto in Svizzera, come l’antibiotico Rocefin.

“Queste grandi aziende possono aiutare a garantire che ci siano meno problemi quando scadranno i brevetti”, ha affermato il portavoce di Pharmasuisse.

Come ha dimostrato l’emergenza COVID-19, i pazienti fanno affidamento sui vecchi farmaci. “L’intero sistema si basa sull’idea che un farmaco sia protetto da brevetto per vent’anni e poi vi siano delle copie a buon mercato”, afferma Durisch. “Questo sistema di serie A e serie B è un giochino rischioso”.

A cura di Virginie Mangin/gw. Infografiche di  Kai Reusser e Pauline Turuban.

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