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“Spose” kirghize nel mondo

L'esercito di bamboline pronte al lungo viaggio verso i mercati occidentali swissinfo.ch

Nel 1997 Kalipa Asanakunova e la sua famiglia non avevano denaro a sufficienza per comperare il pane. Oggi sono il pilastro economico di un intero quartiere.

La ricetta? Creatività artigianale, una fabbrica-villaggio ed un biglietto aereo per l’Ungheria.

“Vent’anni fa in questa zona non c’era niente. Ci venivo a sparare agli uccelli”, ricorda Ura, il nostro simpatico autista, nel suo francese in naftalina probabilmente fin da allora.

Siamo nella polverosa periferia di Bishkek. Strade sterrate e piene zeppe di buchi. Bambini che scorrazzano ovunque, rincorrendo galline spennacchiate o giocando alla lotta.

Condutture a cielo aperto, rivestite di malconcio cemento armato che trasportano aria calda verso chissà dove.

Un quartiere popolato da migranti. Interni, dal sud o dall’est del paese. O provenienti dal vicino Tagikistan, dall’Uzbekistan o fin dall’Afghanistan. Tanti disoccupati.

Kalipa Asanakunova vive qua. In una casa in mattonelle rossastre, simile a tante altre. Che ora intende tuttavia ampliare: sta facendo fortuna.

Come? Esportando in Europa, Australia e America bamboline artigianali. “Ho iniziato da sola ed ora ho da 50 a 60 impiegati: tra loro pure dottori, architetti, insegnanti”, sottolinea fiera.

Un viaggio in Ungheria

“Nel 1991, subito dopo l’indipendenza, il sistema economico è collassato. Lavoro? Non ce n’era più”, ci dice Kalipa, di formazione designer d’artigianato.

“Dopo anni molto difficili, nel 2000 sono stata coinvolta in piccoli progetti locali. Vendevo degli oggetti ai negozi di souvenir di Bishkek”, ricorda.

Poi, lo scorso anno, l’aiuto allo sviluppo elvetico le ha offerto il biglietto aereo per recarsi in Ungheria, ad una fiera internazionale d’artigianato.

Un contributo voluto per favorire lo sviluppo della sua attività commerciale. E generare quindi dei guadagni che potessero creare posti di lavoro.

“È stato molto importante”, dice la neo-imprenditrice. “Ho incontrato e scoperto designer, tendenze e gusti di molti paesi, adattando così la mia produzione al mercato”.

Catena di montaggio …decentralizzata

Sono così nati nuovi prodotti. Ad esempio graziosi personaggi raffiguranti uomo e donna nel tradizionale vestito da matrimonio kirghizo. Prezzo di vendita: da 2 a 3 dollari. Sui mercati occidentali costeranno poi fino a 6 volte tanto.

Lo scorso settembre, ad esempio, è giunta dalla Francia un’ordinazione per 2’500 di queste bamboline. Una bella manna, pensando che il salario medio in Kirghizstan si aggira attorno ai 30 dollari al mese.

Kalipa e molti dei suoi impiegati-vicini si sono dunque impegnati ad assemblare bambole. Ognuno lavorando a casa propria, quando e come possibile. Ognuno occupandosi di una tappa di fabbricazione.

“La famiglia che abita qui accanto è responsabile di modellare le teste: nessuno le fa bene come loro”, precisa, ad esempio, Kalipa.

Creatività, non copyright

Insomma, la storia di un successo. Fragile, certo, come lo è lo sviluppo basato sull’esportazione di prodotti a basso valore aggiunto e facilmente riproducibili. Ma di successo si tratta.

“Copyright per i miei prodotti? Ci ho pensato, ma sarebbe troppo complicato ottenerlo”, rileva la designer, aggiungendo che le è già capitato di vedere copie delle sue bamboline un po’ ovunque.

“Ma cosa vuole farci? Anche questa è una legge del mercato. Fondamentale è arrivare prima degli altri. E se sei creativa, una strada da percorrere la trovi”, conclude.

swissinfo, Marzio Pescia, Jean-Didier Revoin, Bishkek

Salario medio in Kirghizstan: 30 dollari al mese;
Prezzo all’esportazione delle bamboline kirghize: 2-3 dollari;
Sui mercati occidentali costeranno poi fino a 6 volte tanto.

Storia di un seppur fragile successo. Da una difficile situazione d’indigenza all’esportazione in mezzo mondo di semplici prodotti artigianali.

Dopo anni difficili in seguito al crollo economico post-indipendenza, Kalipa Asanakurova, designer di artigianato, trova un nuovo sbocco.

La cooperazione svizzera le paga un biglietto aereo per recarsi in Ungheria ad una fiera internazionale dell’artigianato. Di ritorno, lei adatta la sua produzione ai gusti occidentali ed inizia a produrre per i mercati esteri.

Ora dà lavoro a 50-60 impiegati che, facilmente, guadagnano ben più del salario medio kirghizo (30 dollari al mese).

In dicembre ha partecipato alla settimana dell’artigianato kirghizo tenutasi in Georgia.

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