
Italia: condannato sindaco Treviso per istigazione razzismo
(Keystone-ATS) VENEZIA – Aveva tuonato davanti alla sua platea più congeniale, i militanti della Lega Nord, ma le frasi usate da Giancarlo Gentilini, lo ‘sceriffo’ prosindaco di Treviso, gli sono costate una condanna per istigazione all’odio razziale. Il Giudice dell’udienza preliminare (Gup) di Venezia, al termine del rito abbreviato, gli ha infatti inflitto una multa di 4000 euro e un divieto per tre anni di partecipare a comizi politici, con la sospensione di entrambe le pene.
Alla festa della Lega a Venezia, il 14 settembre del 2008, il prosindaco trevigiano era salito sul palco infiammando il popolo del Carroccio. Con voce tuonante e piglio deciso, aveva toccato tutti i temi ‘caldi’ già trattati in altre occasioni, con relativa apertura di polemiche e prese di posizione, come quando aveva deciso di togliere le panchine o provocatoriamente aveva detto di travestire gli immigrati da ‘leprotti’ per addestrare i cacciatori.
A Venezia erano state così lanciate frasi pesanti sull’immigrazione clandestina, sulle presenze di nomadi, fino alle possibili realizzazioni di moschee in territorio veneto. “Voglio eliminare – aveva detto – i campi nomadi, voglio eliminare dalle strade quei bambini che vanno a rubare in casa degli anziani” ed ancora “voglio una rivoluzione contro chi vuole aprire moschee e tempi islamici”, dicendosi pronto “ad aprire una fabbrica di tappeti per regalarli agli islamici perché vadano a pregare nel deserto e non a casa nostra”.
L’avvocato di Gentilini ha respinto con forza la decisione del Gup e ha annunciato – in attesa delle motivazioni della sentenza – il ricorso in appello. Per il legale, nelle frasi di Gentilini, “non c’era nessuna maliziosità contro le razze, bensì il sostegno ad idee ben note del mio assistito finalizzate all’integrazione tra etnie diverse”.
Per nulla turbato lo ‘sceriffo’, che con la voce robusta e risata sorniona, come quelle che accompagnano i suoi interventi pubblici, dice che le accuse mossegli sono state fatte “ad un uomo che, per le proprie idee, è abituato ad andare all’assalto e ad esporsi al fuoco nemico porgendo il proprio petto mentre qualcuno è pronto a spararmi alle spalle”.