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Italia, i 1000 giorni di Renzi, fatto tanto ma ancora…

Matteo Renzi traccia il bilancio di 1000 giorni Keystone/EPA/MAURIZIO BRAMBATTI sda-ats

(Keystone-ATS) Riforme e “ripartenza” economica: “lo abbiamo fatto”, anche se “abbiamo ancora fame di futuro”. Non ha tanto tempo per guardarsi indietro il premier italiano Matteo Renzi, al traguardo dei mille giorni di governo.

La campagna elettorale incalza e tra 15 giorni un ‘bilancio’ decisivo lo traccerà il responso del referendum su quella che il premier definì la “madre di tutte le riforme”. Ma quel voto, puntualizza, non toglie niente a quanto fatto in questi mille giorni”.

Ma il governo, rivendica in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, può mostrare con i numeri i suoi risultati: da quando Enrico Letta gli passò il testimone, nel febbraio del 2014, il Pil è salito dell’1,6%. “Non siamo ancora soddisfatti e qualcosa non ha funzionato”, come sulla scuola. Ma “il Paese si è rimesso in moto”, dice: “è oggettivo”.

Nella sala dei Galeoni di Palazzo Chigi, Renzi sceglie toni e scenografia come mai istituzionali per celebrare il traguardo che colloca il suo governo al quarto posto nella storia della Repubblica per longevità (“Dopo Craxi e Berlusconi”). Ci sono le ‘slide’, tratto distintivo della sua comunicazione, ma sono solo quattro, con cifre secche e senza fronzoli o disegnini.

E alle spalle del premier ricompare, dopo essere stata messa nel cassetto in due precedenti occasioni, la bandiera europea. Poche battute, ‘disfattisti’ o ‘gufi’ a condire il discorso. Niente annunci né attacchi. Solo un “abbraccio” virtuale a chi scommetteva che gli 80 euro non avrebbero funzionato, mentre hanno fatto salire “del 3% i consumi delle famiglie”.

Questi 1000 giorni sono stati “particolarmente belli ed esaltanti”, racconta Renzi. E rivendica di non essere stato chiuso dentro il palazzo ma aver viaggiato in lungo e largo l’Italia e raccolto la “voglia di cambiamento” delle persone. Il consenso del governo è in calo, sì. Ma, sottolinea, “meno di quelli degli altri governi Ue”. E il “mio consenso” è “stabile in modo sorprendente”.

Davanti c’è la battaglia per far “cambiare” l’Ue, da condurre “con la serietà di chi ha saputo ridurre le procedure di infrazione dell’Italia”. E c’è l’appuntamento con il G7 di maggio in Sicilia, che serve anche a rilanciare in modo simbolico la sfida più difficile per la ripartenza del Sud, che ancora arranca. Ma incombe soprattutto il referendum costituzionale: “Questo governo è nato per fare le riforme, le abbiamo fatte, ora decideranno i cittadini”.

Quanto alla “ripartenza”, il premier fa parlare i numeri. E rivendica di aver frenato “l’ecatombe” del lavoro perché “il Jobs Act è la legge che ha inciso in maniera più forte sulla realtà”: gli occupati sono 656mila in più rispetto a febbraio 2014, gli inattivi 665mila in meno e 487mila gli assunti a tempo indeterminato.

La produzione industriale sale del 2,3%, l’export del 7,4%, cresce di 18,3 miliardi la bilancia commerciale e del 13,4% la fiducia dei consumatori, elenca il leader del Pd.

“Le riforme alle quali “sono ‘più affezionato’ – racconta – sono quelle da boy scout, sulla cultura e sulla società”, dal terzo settore alle unioni civili. Renzi non cita la Rai né la giustizia. Mentre rivendica le crisi aziendali risolte e quanto fatto sulle banche, tra i temi più spinosi affrontati dal governo (“Abbiamo difeso i risparmiatori”). Oltre al Sud, la grande nota dolente è la scuola: “Ci sono tantissime cose che ho da rimproverarmi. E mi domando sempre come abbiamo fatto mettendo tre miliardi nella scuola a fare arrabbiare tutti…”.

E il nuovo aereo, oggetto di tante polemiche? “Non l’ho mai usato – ribadisce il premier – lo usano per le missioni all’estero. Questo è un tentativo di far credere che la battaglia per la riduzione dei costi non ci sia stata”.

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