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L’anno dei conflitti di lavoro

Numerosi lavoratori hanno manifestato il loro dissenso nel 2005 Keystone Archive

Nonostante l'accenno di ripresa economica, i sindacati stimano che il clima sociale non abbia smesso di deteriorarsi nel corso del 2005.

Le contestazioni sono state meno dure rispetto all’anno scorso, sebbene per la prima volta il personale della Confederazione sia sceso nelle strade per protestare contro il peggioramento delle condizioni lavorative.

Il 1. dicembre, circa 2’500 impiegati federali hanno manifestato la loro collera a Berna. Nelle strade della capitale, hanno denunciato le riduzioni salariali e la riforma della loro cassa pensioni.

Al posto della compensazione del rincaro, riceveranno, nel marzo 2006, una gratifica unica e non assicurata pari all’1,9% del salario lordo annuo. Gli impiegati rivendicavano invece un bonus del 2,4%.

«Durante le assemblee dei delegati, il tono è decisamente cambiato», spiega Pierre-André Tschanz, segretario dell’Associazione del personale della Confederazione (APC).

«Il 9 novembre, nel corso di una riunione con il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz, le parole «sciopero» e «misure di lotta» sono state pronunciate per la prima volta», indica Tschanz. «Ciò evidenzia che il clima sta cambiando e che i dipendenti ne hanno abbastanza».

Il segretario dell’APC prevede altri movimenti di resistenza contro la nuova politica del governo, ma non necessariamente sotto forma di uno sciopero.

Settore privato

Stando ai sindacati, anche nel settore privato i rapporti sociali si sono deteriorati. «Non nella maggior parte delle imprese, ma in quelle che sono in mano a finanzieri», precisa Fabienne Blanc-Kühn del comitato direttivo del sindacato UNIA.

Un esempio è fornito dal gruppo metallurgico solettese Swissmetal, che ha recentemente annunciato di voler chiudere i battenti della fabbrica Boillat a Reconvilier, nel canton Berna. E questo nonostante un protocollo d’intesa sottoscritto a fine 2004 assieme al personale.

I datori di lavoro vedono però la faccenda in modo diverso. Per Peter Hasler, presidente dell’Unione svizzera degli imprenditori, l’atmosfera tra i partner sociali è «gradevole».

«Sulle 700 convenzioni di lavoro collettive regolarmente negoziate in Svizzera, soltanto due o tre danno luogo a conflitti», spiega Hasler.

Mentre UNIA annuncia un moltiplicarsi delle agitazioni, il numero uno dei datori di lavoro risponde di non aspettarsi un’ondata di scioperi nel 2006.

Proteste un po’ ovunque

Ciò non toglie che l’anno che sta per terminare è stato caratterizzato da numerose azioni di protesta. Il 14 settembre, migliaia di impiegati dei servizi pubblici federali, cantonali e comunali, si sono mobilitati in decine di città elvetiche per protestare contro i programmi di risparmio.

Nel mese di luglio, i tassisti dell’aeroporto di Zurigo-Kloten hanno dal canto loro condotto uno sciopero di cinque giorni per reclamare un salario mensile minimo di 4’000 franchi.

A Sierre (Vallese), 400 operai degli stabilimenti del gruppo Alcan – specializzato nella lavorazione dell’alluminio – hanno sospeso il loro lavoro per un’ora per esprimere il loro disaccordo alla soppressione di 110 impieghi.

Nel canton Soletta, in ottobre, 150 collaboratori del centro di distribuzione Rewe/Usego a Egerkingen – acquistato dal discounter Denner – hanno anch’essi incrociato le braccia, chiedendo che la convenzione collettiva di lavoro sia mantenuta.

Le azioni di protesta non sono mancate neppure nel settore dei media. Ad inizio novembre a Losanna (Vaud), alcuni impiegati della Radio svizzera romanda hanno manifestato contro la soppressione di impieghi.

Per la stessa ragione, i giornalisti del quotidiano ginevrino «Tribune de Genève» e del vodese «24 Heures», sono scesi in strada nel mese di settembre per far sentire la loro voce.

Anno record

I conflitti di lavoro che sfociano in scioperi rimangono tuttavia un evento relativamente raro in Svizzera. Il Segretariato di stato dell’economia, che non dispone ancora delle cifre relative al 2005, ha registrato nel corso del 2004 otto interruzioni di lavoro di una durata di uno o più giorni.

Tra le più significative, gli scioperi di tre settimane presso la ditta produttrice di filtri per sigarette Filtrona a Crissier (alla periferia di Losanna) e di dieci giorni presso Swissmetal a Reconvilier.

In totale, nel 2004 sono così andati «persi» 38’915 giorni di lavoro. Sebbene la cifra rappresenti soltanto lo 0,03% del totale dei giorni di lavoro effettuati in un anno in tutto il Paese, il dato costituisce un record dall’inizio delle statistiche nel 1984.

swissinfo e Anja Germond, ats

Secondo i dati forniti da Benchmarking Deutschland, l’agenzia di promozione economica del governo tedesco, tra il 1990 e il 1998 (ultimi dati disponibili), gli scioperi hanno mediamente fatto perdere all’economia svizzera 0,6 giorni di lavoro all’anno per 1’000 lavoratori.
4,8 in Germania.
23 in Francia.
42 negli Stati Uniti.
102 in Irlanda.
177 in Italia.
217 in Canada.

La votazione popolare sull’estensione della libera circolazione delle persone ai dieci nuovi membri dell’Unione europea (25 settembre) ha permesso di evitare numerosi conflitti di lavoro.

Sindacati e padronato, uniti nel campo dei favorevoli all’estensione, si sono rapidamente accordati su alcune convenzioni collettive di lavoro in modo da evitare il livellamento verso il basso dei salari, dopo l’arrivo in Svizzera di nuovi lavoratori europei.

È quanto è ad esempio successo nel settore edile, alberghiero, nella ristorazione e presso Swisscom (telecomunicazioni), ossia nei rami dell’economia dove solitamente le trattative sono particolarmente difficili.

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