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La Svizzera rischia molto con l’UE

“Nelle relazioni tra la Svizzera e l’UE si sta muovendo qualcosa”

Livia Leu
Livia Leu è segretaria di Stato del Dipartimento federale degli affari esteri e caponegoziatrice per i colloqui con l’Unione europea. © EDA

Svizzera e Unione europea stanno tastando il terreno per valutare come potrebbero essere le loro relazioni future. Secondo la responsabile svizzera dei negoziati con Bruxelles Livia Leu, l'UE sembra disposta a prendere in considerazione gli interessi elvetici concernenti la direttiva sulla cittadinanza europea, ma con delle eccezioni.

Nel maggio 2021, il Governo elvetico ha interrotto i negoziati con l’UE per un accordo quadro istituzionale. La Svizzera preferirebbe proseguire sulla via bilaterale. Inizialmente, la decisione non è stata accolta bene da Bruxelles che, tra le varie cose, ha reagito escludendo la Confederazione dall’elenco dei Paesi associati al programma di ricerca Orizzonte Europa.

Nel frattempo, Svizzera e UE si sono nuovamente avvicinate nel quadro di colloqui esplorativi. L’UE è sostanzialmente d’accordo con l’approccio di un ampio pacchetto negoziale proposto dalla Svizzera. Tuttavia, da parte elvetica ci sono ancora molti interrogativi senza risposta.

Ne abbiamo parlato con Livia LeuCollegamento esterno, a capo della Direzione degli affari europei presso il Dipartimento federale degli affari esteri.

SWI swissinfo.ch: Il Consiglio federale vuole continuare i colloqui esplorativi, ma l’UE ritiene che sia sufficiente così. In quali ambiti la Svizzera vorrebbe ottenere di più?

Livia Leu: Nelle relazioni tra la Svizzera e l’UE si sta muovendo qualcosa. Dalla fine di marzo 2022 sono in corso dei colloqui esplorativi, che riguardano l’approccio “a pacchetto” proposto dalla Svizzera e riguardano quindi diversi punti.

Da un lato, ci sono le questioni istituzionali, che stanno molto a cuore all’UE. Per noi, è importante che l’approccio “a pacchetto” permetta di ampliare la via bilaterale, cioè di concludere ulteriori accordi, e di garantire la cooperazione in materia di programmi. Penso in particolare a Orizzonte Europa.

Finora abbiamo stabilito una migliore comprensione reciproca dei nostri obiettivi in vari settori. Ma ci sono ancora delle questioni aperte. Ecco perché il processo va avanti.

È vero che il Consiglio federale si aspetta dall’UE garanzie vincolanti sulla protezione dei salari e sull’immigrazione ancora prima di voler negoziare?

Si tratta certamente di questioni molto importanti, che dobbiamo approfondire ulteriormente per capirci al meglio.

Ma non bisogna dimenticare che si tratta di colloqui esplorativi. Non sono ancora dei negoziati. Non è quindi ancora ancora possibile fare delle concessioni giuridicamente vincolanti. Ma ovviamente, andando più in profondità, si può acquisire una miglior comprensione di quale possa essere il terreno di intesa.

Secondo il rapporto del Consiglio federale, l’UE sarebbe disposta a fare concessioni alla Svizzera. Quali?

La Svizzera e l’UE discutono da tempo della libera circolazione delle persone. Ad esempio, in materia di protezione dei salari e di immigrazione.

Oggi si discute in modo molto più approfondito. La cosiddetta direttiva sulla cittadinanza europea, ad esempio, era stata esclusa completamente dalle discussioni, ma oggi la stiamo esaminando più da vicino per capire dove sono i problemi e come possiamo garantire gli interessi essenziali della Svizzera, ad esempio prevedendo delle eccezioni.

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Perché non possiamo contare sugli “amici della Svizzera” come facevamo in passato?

La Svizzera ha ottime relazioni con gli Stati membri dell’UE, soprattutto con i suoi vicini. Il presidente della Confederazione Ignazio Cassis ha visitato molti di questi Paesi durante il suo anno presidenziale. Di recente è stato dal presidente francese Emmanuel Macron a Parigi e Sergio Mattarella è appena stato in visita di Stato in Svizzera. I rapporti sono quindi buoni e intensi. E naturalmente questo contribuisce a creare fiducia, anche per quanto riguarda la posizione della Confederazione in Europa.

Abbiamo il sostegno dei nostri vicini. Nel caso di Orizzonte Europa, sia la Germania che l’Austria si sono impegnate a favore di una partecipazione elvetica al programma. Ma in fin dei conti non sono loro a condurre i colloqui o ad applicare i trattati, questo è compito della Commissione europea.

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La Svizzera può trarre beneficio dalle spaccature che potrebbero apparire in seno all’UE, ad esempio a causa della crisi energetica o della guerra in Ucraina?

Innanzitutto, va sottolineato che nessuno trae vantaggio da questa guerra, nemmeno la Svizzera. Ma la guerra ha fatto avvicinare maggiormente i Paesi europei e ha portato a una migliore comprensione della nostra comunità di valori, che naturalmente comprende anche la Svizzera.

Questa guerra di aggressione ha portato a un certo dinamismo in Europa, ad esempio con la prima riunione della “Comunità politica europea”.

Si è anche visto che l’UE ha ripreso ad occuparsi della questione dell’adesione degli Stati balcanici. C’è più dinamismo nel modo in cui gli Stati vogliono cooperare tra loro.

Qual è l’impatto di tutto questo sulla Svizzera?

Il presidente della Confederazione ha ad esempio partecipato alla riunione della “Comunità politica europea” a Praga. Questa nuova iniziativa è un’opzione molto interessante per lavorare insieme a tutti i Paesi europei, senza avere un quadro specifico. Tuttavia, è un’entità ancora molto giovane e aperta.

Quindi concorda sul fatto che la guerra in Ucraina e la crisi energetica hanno dinamizzato la questione dell’UE per la Svizzera, o perlomeno hanno fatto smuovere le cose?

Come forse ricorderete, il Consiglio federale ha adottato le sue proposte per un approccio “a pacchetto” con l’UE prima dell’attacco russo contro l’Ucraina. Non è quindi stato lo scoppio della guerra a spingere il Governo ad agire.

Dopo la fine dei negoziati su un accordo quadro istituzionale, il Consiglio federale ha affrontato intensamente la questione di come vogliamo proseguire sulla via bilaterale. L’UE si aspettava delle proposte da parte nostra. Il Consiglio federale ha adottato queste proposte il 23 febbraio, un giorno prima dello scoppio della guerra.

Traduzione dal tedesco di Luigi Jorio

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