Privato dei giudici a causa delle pressioni statunitensi, l’organo di appello dell’Organizzazione mondiale del commercio è disattivato. È la crisi più grande mai vissuta dalla più potente organizzazione internazionale con sede a Ginevra, regolarmente criticata fin dai suoi albori.
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Appassionato delle società umane. Nutro grande curiosità per i viaggi, gli incontri e le letture. Scrivo principalmente sui grandi temi affrontati dalle organizzazioni internazionali basate a Ginevra. Abbreviazione: fb
Creata nel 1995, l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha perso questa settimana il suo strumento più potente. Il tribunale che regolava le dispute commerciali tra economie nazionali (l’organo di conciliazione o Dispute Settlement BodyCollegamento esterno, DSB) non può più contare sull’organo di appello (Appellate BodyCollegamento esterno) che gli permetteva di risolvere una divergenza commerciale con una decisione giuridicamente vincolante.
Ex direttore generale dell’organizzazione, il francese Pascal Lamy sottolinea il carattere eccezionale del DSB. “È stata la prima volta che gli Stati hanno deciso di passare il Rubicone del sovranazionalisimo” accettando che la risoluzione delle controversie non fosse più sotto il loro controllo, dichiara al quotidiano Le MondeCollegamento esterno.
Un’audacia percepita con diffidenza dagli Stati Uniti fin dal 2001, indipendentemente che la presidenza fosse democratica o repubblicana. Dopo l’elezione di Donald Trump, Washington è passata alla marcia superiore bloccando sistematicamente la sostituzione dei giudici arrivati alla fine del mandato. Da questa settimana, non resta che una giudice sui sette previsti per far parte dell’organo di appello. E ne servono almeno tre affinché possa funzionare legalmente.
“Questo blocco dell’organo di appello potrebbe tradursi in altre guerre commerciali, oltre a quella in corso tra Washington e Pechino”, teme il professore Joost PauwelynCollegamento esterno del Graduate Institute di Ginevra, pensando in particolare alla cinquantina di denunce ancora pendenti depositate presso l’organo di conciliazione, o ancora alle recenti tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea.
Per evitare tali problemi, l’UE e Paesi come la Cina stanno considerando la possibilità di istituire un sistema di arbitrato alternativo. Quanto alla SvizzeraCollegamento esterno, si mobilita con altri 59 Paesi “sviluppati e in via di sviluppo” per assicurare “il successo” della 12esima conferenza dell’OMC prevista nel giugno del 2020 ad Astana.
“Rimango ottimista”, aggiunge comunque Pauwelyn. “Gli Stati Uniti hanno preso in ostaggio i membri dell’OMC che vogliono un organo d’appello in funzione. Washington dispone di una potente leva sui negoziati che usa per ottenere concessioni. Ma il peso economico degli USA è minore rispetto agli anni ‘90. È anche nell’interesse di Washington avere un sistema che permetta di trovare accordi con la Cina, l’UE o l’India”.
La disfatta di Seattle
La crisi che sta attraversando l’OMC è profonda, forse esistenziale, ma non è la prima. Vent’anni fa, la giovane OMC è stata contestata in modo radicale da una società civile globale in pieno sviluppo. Questo nel nome dell’ambiente, della socialità e dei Paesi del Sud che la liberalizzazione dei mercati orchestrata e regolata dall’OMC avrebbe sacrificato all’altare del libero scambio e delle multinazionali.
Culmine delle contestazioni è stata la conferenza ministeriale dell’Organizzazione, organizzata a Seattle alla fine di novembre del 1999 e che ha fallito nel lanciare l’ambizioso ciclo di negoziati chiamato “Millennium Round”.
È stato il primo serio fallimento di questa organizzazione internazionale (senza legami organici con l’ONU) che conta oggi 164 membri. L’OMC non è più riuscita a lanciare un esteso programma di liberalizzazione dei mercati.
“Ci vuole spesso una crisi profonda per fare riforme profonde” Joost Pauwelyn, Graduate Institute di Ginevra
La fine del libero scambio senza ostacoli
Da allora si sono moltiplicati gli accordi di libero scambio tra Stati o gruppi di Stati. Questi patti devono prendere in considerazione sempre di più le questioni sociali e ambientali, come testimonia l’accordo rinnovato tra Stati Uniti, Canada e Messico voluto da Trump e applaudito anche dai democratici in seguito alla migliore tutela dei lavoratori che contiene, se confrontato con l’intesa del 1994.
Un altro esempio sono gli accordi di libero scambio tra i Paesi latinoamericani del Mercosur e l’UE da una parte, e la Svizzera (tramite l’AELS) dall’altra. Gli ostacoli da superare affinché i parlamenti possano ratificare tali intese mostrano anche che le critiche mosse nel secolo scorso dagli altermondisti sono prese in considerazione o perlomeno meno facili da ignorare, anche in seno all’OMC e ai suoi 164 membri.
Ma pure 20 anni fa l’OMC era incline a considerazioni ecologiche e sociali, come testimonia il discorso del presidente americano Bill ClintonCollegamento esterno pronunciato a Ginevra davanti all’organizzazione nel 1998, in vista della conferenza di Seattle: “Dobbiamo costruire un sistema commerciale per il XXI secolo che rispetti i nostri valori mentre espande le opportunità. Dobbiamo fare di più affinché questa nuova economia incrementi la qualità della vita ovunque nel mondo e la vivace concorrenza tra i Paesi non diventi mai una corsa verso il basso nell’ambito della protezione dell’ambiente, dei consumatori e dei lavoratori”.
Ma queste belle intenzioni avevano poche chances di tradursi in fatti concreti. Mettere d’accordo l’insieme degli Stati membri (134 nel luglio del 1999) era già allora un’ardua sfida.
Una crisi salutare?
Oggi, la prospettiva è radicalmente cambiata con la crescita in potenza di Paesi come la Cina o l’India (che hanno tratto molti benefici dalla loro entrata nell’OMC) e il calo di regime dei Paesi occidentali.
Da qui l’impellente necessità di riformare il vigile del commercio mondiale affinché resti un attore chiave del sistema multilaterale sviluppato dal 1945. Ottenendo, tra le altre cose, che Paesi come la Cina (seconda economia del pianeta) rinuncino al loro statuto di paese in via di sviluppo.
“Ci vuole spesso una crisi profonda per fare riforme profonde”, sottolinea Pauwelyn. Non resta che sperare che questa crisi non diventi abissale.
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"Maggior centro multilaterale del mondo, capitale della pace, fulcro della governance mondiale": quando si tratta di descrivere la concentrazione di organizzazioni e di attori internazionali in 2 km quadrati a nord della città di Ginevra, le autorità elvetiche non risparmiano i superlativi. Ma cos'è esattamente la Ginevra internazionale e perché è tanto importante per la Svizzera?Cos'è la Ginevra internazionale? Il ruolo di Ginevra come ospite per i paesi e le istituzioni del mondo risale alla fondazione del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) nel 1863. La neutralità svizzera e la sua tradizione umanitaria hanno fatto più tardi del paese la sede naturale della Società delle Nazioni (SDN), nata alla fine della Prima guerra mondiale e antenata delle Nazioni Unite, e dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), il cui arrivo tra 1919 e 1920 ha segnato la nascita della Ginevra internazionale.
La città ospita oggi la sede europea delle Nazioni Unite (UNOG), 36 organizzazioni internazionali come l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), quasi 700 organizzazioni non governative (ONG) e 179 missioni diplomatiche. E il numero di istituzioni – in particolare di ONG – e di impiegati non smette di crescere. Secondo le cifre relative a marzo 2019, quasi 34'000 persone lavorano nella Ginevra internazionale, vale a dire 26'645 funzionari, 4203 diplomatici e 3109 impiegati di ONG.
Le autorità dicono Ginevra è anche il più grande centro al mondo per conferenze internazionali e un luogo chiave per le trattative di pace, le più recenti delle quali hanno riguardato Cipro, lo Yemen e la Siria. L'anno scorso in città hanno avuto luogo 3236 conferenze e riunioni, seguite da 207'147 persone.
Anche numerose aziende multinazionali sono basate a Ginevra, dove offrono 76'000 posti di lavoro.
Su che ambiti si concentra la Ginevra internazionale?Dall'epoca del suo debutto umanitario, l'elenco degli ambiti in cui sono attive le organizzazioni presenti a Ginevra si è allargato, includendo tra gli altri i diritti umani, la migrazione, i rifugiati, la salute, il commercio, la proprietà intellettuale, le telecomunicazioni, le norme e la meteorologia.
Perché la Ginevra internazionale è così importante per la Svizzera? Le autorità svizzere sono convinte dei numerosi vantaggi che la Ginevra internazionale comporta per il paese. L'ambasciatore svizzero presso le Nazioni Unite Valentin Zellweger afferma: "Ginevra è una risorsa importante per la politica estera svizzera. Il ruolo dello Stato ospite è saldamente radicato nella nostra tradizione e nella nostra politica dei buoni uffici. Offrendo neutralità, stabilità e ospitalità al mondo, la Svizzera trae beneficio dalla Ginevra internazionale grazie alla sua visibilità diplomatica e mediatica. Inoltre Ginevra serve gli interessi della Svizzera, in quanto strumento e piattaforma per la promozione dei suoi valori fondamentali, la pace e la sicurezza umana."
Il ministero degli affari esteri svizzero nota che "la Ginevra internazionale conferisce alla Svizzera un peso politico maggiore di quanto ci si aspetterebbe dalle sue dimensioni" sulla scena mondiale.
Ginevra beneficia anche finanziariamente della presenza di tutte queste organizzazioni e dei loro collaboratori. La Svizzera investe 122 milioni di franchi nella sua nuova politica dello Stato ospite per il periodo 2020-2023, approvata quest'anno dal Parlamento. Nei prossimi dieci anni, oltre 2,5 miliardi di franchi saranno investiti anche in grandi ristrutturazioni, nuovi edifici e progetti di mobilità nel quartiere internazionale.
Nel frattempo, gli importi spesi o investiti dalle agenzie internazionali a Ginevra continuano a battere i record. L'anno scorso hanno raggiunto i 6,3 miliardi di franchi. Più della metà di questo importo - soprattutto stipendi e prestazioni assicurative e previdenziali - è stata spesa o investita in Svizzera. Ciò rappresenta l'11,3% del prodotto interno lordo (PIL) del cantone di Ginevra. La Svizzera è diventata anche uno dei maggiori fornitori di beni e servizi del sistema delle Nazioni Unite.
Quali sono le sue sfide maggiori?Ce ne sono molte. Quest'anno le autorità svizzere hanno riaffermato simbolicamente il loro impegno nei confronti della Ginevra internazionale e del sistema multilaterale, che festeggia il centenario. Tuttavia, varie minacce gravano sul sistema e sulle sue istituzioni, che devono affrontare una triplice crisi: di potere, rilevanza e legittimità.
Sul piano finanziario, la Ginevra internazionale è stata ampiamente risparmiata dalla pressione americana sugli aiuti esteri. Ma quest'anno, l'ONU sta affrontando una grave crisi di liquidità, con decine di paesi che non hanno pagato i loro contributi annuali - compresi gli Stati Uniti, il maggiore donatore dell'organizzazione.
Nel frattempo, nel mondo della diplomazia internazionale la competizione tra le città che vorrebbero prendersi una fetta della torta di Ginevra è diventata rude, come ha recentemente ammesso il ministero degli affari esteri.
E a livello svizzero, anche se il paese investe milioni nella Ginevra internazionale, molte persone, soprattutto nella Svizzera tedesca, non sono semplicemente consapevoli di ciò che sta accadendo, come ha recentemente sottolineato il think tank Foraus.
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