
Il Parlamento respinge la prima proposta per facilitare l’esportazione di materiale bellico

Gli sforzi del Parlamento per allentare le restrizioni all'esportazione di materiale bellico svizzero hanno subito una battuta d'arresto.
La maggioranza del Senato ha respinto la proposta di consentire l’esportazione di armi svizzere da Paesi affini a parti in guerra.
Gli oppositori, sia di destra che di sinistra, hanno sostenuto che l’abolizione delle restrizioni avrebbe minato la tradizionale neutralità della Svizzera e il suo ruolo di mediatore.
Tuttavia, i sostenitori della mozione, in particolare quelli del centro-destra, hanno affermato che gli altri Paesi occidentali non possono comprendere il rifiuto della Svizzera di unirsi agli sforzi per fermare l’invasione russa dell’Ucraina in violazione del diritto internazionale.
Il ministro dell’Economia Guy Parmelin ha ribadito la posizione del governo e ha messo in guardia dai rischi di un allentamento delle restrizioni alle esportazioni.
“Consentire la riesportazione [di materiale bellico svizzero] verso l’Ucraina significherebbe rinunciare all’imparzialità e violare il diritto [svizzero]”, ha detto Parmelin nel dibattito di lunedì.
Pressione
Almeno altre cinque proposte sono ancora pendenti in parlamento e mirano a ottenere emendamenti legali.
Mercoledì la Camera dei Rappresentanti discuterà una proposta che chiede di non esportare armi a un Paese in guerra se le Nazioni Unite hanno dichiarato che un Paese ha violato il diritto internazionale.
Negli ultimi mesi la Svizzera ha subito crescenti pressioni internazionali dopo aver respinto le richieste di Germania, Spagna, Danimarca e Repubblica Ceca di riesportare carri armati o munizioni a Paesi terzi.
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La questione ha suscitato anche un ampio dibattito in Svizzera sulla tradizionale neutralità del Paese.

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