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L’agenzia ONU per i rifugiati tra passato e futuro

Guerra nei Balcani: uno dei tanti conflitti che ha costretto le persone alla fuga. UNHCR

Il 1. gennaio 1951 l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) iniziava il suo mandato. In 60 anni di attività, l'agenzia internazionale con sede a Ginevra ha aiutato 50 milioni di persone a ricostruirsi una nuova vita.

L’UNHCR, creato dall’Assemblea generale dell’ONU il 14 dicembre 1950, è attualmente attivo in 118 paesi.

Il suo primo grande intervento d’urgenza risale al 1956, anno in cui l’Unione sovietica intervenne per sedare la rivoluzione ungherese. L’agenzia delle Nazioni Unite fornì assistenza a circa 200’000 ungheresi fuggiti in esilio.

Dopo quest’azione, «le prospettive secondo cui l’UNHCR sarebbe diventata superflua non sono più riemerse», scrive l’organizzazione sul suo sito internet.

Nel corso dei decenni sono diverse le situazioni che hanno trasformato milioni di persone in rifugiati. Basti pensare all’Europa nell’immediato dopoguerra, l’Europa dell’est durante la Guerra fredda, la decolonizzazione – spesso travagliata – in Africa e Asia, la secessione del Pakistan orientale (oggi Bangladesh), la repressione e il conflitto civile in America latina, la guerra nei Balcani o le crisi in Asia centrale.

Numerosi rifugiati possono far ritorno a casa una volta migliorata la situazione. Alcuni devono invece ricostruirsi una nuova vita altrove, mentre altri sono costretti ad attendere una soluzione nei campi profughi. In tutti questi casi, l’UNHCR offre il suo aiuto sulla base della Convenzione sui Rifugiati del 1951.

Considerazioni politiche

«Si presume naturalmente che sia un’organizzazione apolitica, ma le questioni sulle quali si focalizza sono sempre state influenzate dalla politica», afferma a swissinfo.ch Jussi Hanhimäki, professore di storia internazionale e politica all’Istituto di studi internazionali di Ginevra (HEI).

Una connessione che potrebbe far sorgere alcune difficoltà, aggiunge Hanhimäki, citando l’esempio dell’Afghanistan dopo l’invasione dell’esercito sovietico nel 1979, in quella che è stata una delle più lunghe crisi di rifugiati del mondo.

«Il Pakistan accettò la presenza dell’UNHCR. Aveva però un interesse politico ben preciso in quel conflitto e quindi alcuni campi per rifugiati in Pakistan diventarono dei centri di addestramento per i mujaheddin [resistenza anti-sovietica, ndr]. Non si è quindi proprio trattato di un’attività apolitica, ciò che ha sollevato interrogativi sul mandato stesso dell’UNHCR».

«L’altro problema – spiega il professore – è stato che il secondo principale paese ad aver accolto i rifugiati afghani è stato l’Iran, il quale non riconobbe l’UNHCR dopo il 1979. L’agenzia dell’ONU non era quindi in grado di operare all’interno dell’Iran».

Legalità e umanitarismo

In ogni crisi che causa rifugiati, sottolinea Hanhimäki, vengono sollevate delle questioni legali. L’UNHCR è infatti autorizzato a fornire un aiuto maggiore, quando le persone sono ufficialmente definite “rifugiati”.

Nelle sue statistiche, l’agenzia delle Nazioni Unite parla di “persone a rischio di persecuzione” (“people of concern”), la metà delle quali è riconosciuta come rifugiato. Per le altre non è invece stato determinato alcuno statuto.

«Il riconoscimento come rifugiato offre una certa protezione legale: si ha ad esempio il diritto di beneficiare dell’assistenza legale dell’UNHCR e non si è obbligati a far ritorno nel posto di provenienza», spiega Hanhimäki.

L’UNHCR offre ad ogni modo assistenza umanitaria a tutte le persone presenti nei campi, indipendentemente dal loro statuto. «Questa è una delle funzioni chiave che rende importante questa organizzazione. Cosa accadrebbe a questa gente se non fosse sul posto?».

Sfide future

Una delle funzioni principali dell’agenzia è di trovare una soluzione per i rifugiati prima che la crisi diventi permanente. Oggigiorno, non sono rari i casi in cui un’intera generazione ha conosciuto soltanto la vita nel campo profughi.

Non mancano comunque le storie, per così dire, a “lieto fine”. Si pensi ad esempio agli europei dopo la Seconda guerra mondiale e ai rifugiati dall’Indocina dopo la guerra del Vietnam, i quali hanno trovato una nuova casa in un altro paese.

La possibilità di ripartire da zero dipende però dalla volontà dei vari paesi di ospitare i rifugiati. Una volontà che è legata a sua volta alla situazione economica interna, al mercato del lavoro, o a pregiudizi culturali o razziali.

In occasione delle celebrazioni ufficiali del 60. anniversario, nel mese di dicembre dello scorso anno, l’Alto commissario Antonio Guterres ha ricordato che molti dei fattori che oggi costringono la gente a fuggire non esistevano al momento della creazione dell’UNHCR. «Sempre più persone attraversano le frontiere a causa dell’estrema povertà o degli effetti dei cambiamenti climatici», ha detto Guterres.

Per numerose persone, l’azione dell’UNHCR ha significato la vita invece della morte. Ha permesso loro di trovare una casa, di beneficiare di una buona salute e di essere protetti dalle violazioni dei diritti umani, ha aggiunto, rammentando che le nuove sfide necessitano di nuove risposte.

«Abbiamo molti motivi per essere fieri, ma abbiamo ancor più ragioni per essere preoccupati per le sfide che stiamo affrontando…».

«Sfortunatamente le radici dei conflitti e degli sfollamenti non sono state eliminate e le sfide dei prossimi anni saranno altrettanto impegnative di quelle del passato».

L’Alto Commissariato delle Nazioni Uniteper i Rifugiati (UNHCR) è stato creato il 14 dicembre 1950 dall’Assemblea generale dell’ONU; ha iniziato a operare il 1. gennaio 1951.

Il mandato originario dell’UNHCR era inizialmente limitato a tre anni e si prefiggeva di aiutare i rifugiati della Seconda guerra mondiale.

Nel 1954, anno in cui è stato prolungato il mandato, l’UNHCR ha ricevuto il Premio Nobel per la pace (un secondo Nobel gli è stato attribuito nel 1981).

La prima grande crisi di rifugiati che ha dovuto affrontare si è verificata nel 1956, quando circa 200’000 ungheresi fuggirono dall’invasione sovietica.

Negli anni ’60, i processi di decolonizzazione in Africa e Asia hanno causato un numero incalcolabile di sfollati.

Il movimento di massa più importante è avvenuto nel 1971: 10 milioni di bengalesi sono fuggiti dalla guerra che ha portato alla separazione del Pakistan occidentale dal Pakistan orientale (oggi Bangladesh).

Il mandato dell’UNHCR non copre i rifugiati palestinesi; ad occuparsi di loro è l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA), istituita nel 1949.

Al momento della sua creazione, l’UNHCR disponeva di 35 collaboratori. Oggi vi lavorano 6’650 persone, inclusi i 740 dipendenti della sede centrale a Ginevra.

È attivo in 118 paesi.

Il suo budget nel 2009 superava i 2 miliardi di dollari.

Attualmente nel mondo vi sono 34,4 milioni di persone a rischio di persecuzione, rileva l’agenzia dell’ONU.

Tra queste vi sono 14,4 milioni di sfollati interni (ovvero persone che vivono nel loro paese, ma non nelle loro case), 10,5 milioni di rifugiati, 2 milioni di rimpatriati, 6,6 milioni di persone senza cittadinanza e oltre 800’000 richiedenti l’asilo.

Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio

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