La Svizzera, un paese di banche.. dati
Dati biometrici, impronte digitali e una banca dati: il nuovo passaporto, che dovrebbe venir introdotto nel 2009, riapre gli interrogativi sulla protezione dei dati personali e i rischi di abusi.
Mentre le banche dati statali e private si moltiplicano, la Svizzera diventerebbe il primo paese europeo a schedare sistematicamente tutti i detentori del documento d’identità.
Dal 2001, seguendo le sollecitazioni del governo americano, l’Unione europea e la Svizzera hanno rafforzato a più riprese i loro dispositivi di sicurezza, tra cui le misure relative ai documenti di viaggio. Il parlamento elvetico intende ora dare via libera ad una nuova versione ancora più sofisticata del passaporto, la quarta nel giro di sette anni.
In tal caso, oltre ai dati biometrici, dal 2009 dovranno figurare nel nuovo documento d’identità anche le impronte digitali del portatore. Finora, il rilevamento delle impronte digitali era riservato a criminali o persone sospettate di aver commesso un reato. Il parlamento intende pure creare una nuova banca dati per archiviare le informazioni contenute nel passaporto.
Proprio questa proposta ha suscitato maggiori resistenze tra i parlamentari. La Svizzera diventerebbe infatti l’unico paese europeo a schedare sistematicamente i suoi cittadini, grandi o piccoli, detentori di un passaporto biometrico.
Controllo statale?
Contro questa misura – a cui i membri dell’Unione europea hanno preferito rinunciare – si è battuto invano anche l’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza (IFPDT).
“Non abbiamo nulla contro i passaporti biometrici. I dati digitali sono sicuramente utili quali strumenti di identificazione in luoghi determinati, ad esempio per verificare in un aeroporto se una persona corrisponde ai dati iscritti sul passaporto”, spiega Eliane Schmid, collaboratrice scientifica dell’IFPDT.
“Siamo invece contrari all’archiviazione di tutte queste informazioni, in particolare le impronte digitali, in una banca dati centralizzata – come previsto dal progetto di legge adottato dal parlamento svizzero. E questa posizione è condivisa da tutte le autorità europee incaricate della protezione dei dati”.
I timori maggiori riguardano evidentemente la possibilità di impiegare banche dati, come questa, per estendere il controllo dello Stato sui cittadini.
Evoluzione inquietante
“Secondo noi, ogni banca dati che viene creata può suscitare prima o dopo la tentazione di essere impiegata anche per scopi diversi da quelli previsti inizialmente. Esempi analoghi si sono già avuti anche in altri paesi europei”, avverte Eliane Schmid.
Grazie tra l’altro ai progressi tecnologici, le banche dati si sono moltiplicate negli ultimi anni anche in Svizzera. Già oggi si stima che dal 10 al 20% della popolazione è già schedata tramite il Sistema di identificazione delle impronte digitali (AFIS), la banca dati del DNA o altri archivi specializzati, ad esempio per la lotta al terrorismo o alla pedocriminalità. Un’evoluzione considerata inquietante dall’IFPDT, per il quale la Svizzera è però ancora ben lontana da scenari alla “Big Brother”.
“Per quanto concerne le banche dati statali, il controllo della protezione dei dati può essere considerata finora soddisfacente. Ogni nuova banca dati o ogni cambiamento delle condizioni che regolano la sua utilizzazione deve fondarsi su una apposita base legale e, in certi casi, essere addirittura approvata dal parlamento. È però chiaro che bisogna rimanere vigilanti”.
Cittadini poco prudenti
Molto più preoccupante, a detta dell’IFPDT sono le banche dati e le informazioni raccolte da aziende, a scopi commerciali, o da singoli privati, spesso tramite internet.
“Anche i privati devono chiaramente sottostare alle norme legali: ogni raccolta di dati personali deve essere giustificata. I controlli si rivelano però molto più difficili: si tratta di settori che evolvono continuamente e in cui vi sono in gioco grandi interessi commerciali. Vi sono ad esempio numerose società specializzate nella vendita di dati personali raccolte presso la clientela”, sottolinea Eliane Schmid.
Nell’era dell’informatica e di internet, i cittadini sono continuamente sollecitati a fornire dati personali. E spesso lo fanno ignorando ogni regola di prudenza.
“Pensiamo soltanto ai concorsi su internet. Nella speranza di vincere un automobile o un apparecchio per il caffè, molti utenti sono disposti a fornire informazioni sulla loro situazione familiare o finanziaria. Vi sono poi moltissime persone che raccontano tutta la loro vita su internet, senza rendersi conto che a volte mettono in pericolo la loro sfera privata”.
Pericoli inimmaginabili
Per sensibilizzare la popolazione sui questi rischi, l’IFPDT propone alle autorità elvetiche di rafforzare le misure di prevenzione e sensibilizzazione. Ad esempio introducendo corsi sulla protezione dei dati nelle scuole. Numerosi adolescenti si registrano facilmente nei siti internet e non esitano a fornire un mucchio di informazioni su se stessi o la loro famiglia.
“Molti giovani, ma anche gli adulti, non si rendono nemmeno conto dei rischi a cui si espongono, soprattutto su internet. Vi sono dei pericoli che oggi non possiamo nemmeno immaginare, anche perché internet è un medium internazionale: gli abusi possono quindi venire da ogni parte del mondo e in molti paesi manca una chiara regolamentazione”, avverte Eliane Schmid.
swissinfo, Armando Mombelli
Il passaporto biometrico si basa sulla tecnologia digitale: il documento d’identità contiene un microchip in cui figurano i dati personali del titolare, quali la statura e la descrizione di determinate caratteristiche fisiche, e una fotografia del viso.
Questi dati possono essere letti soltanto tramite un apposito apparecchio ai posti di confine. La fotografia del viso viene confrontata elettronicamente con un’immagine del viso della persona in questione ripresa da una telecamera.
Questa tecnologia non richiede necessariamente la creazione di una banca dati contenente tutte le informazioni relative ai detentori dei passaporti.
Nel 2003 le autorità svizzere hanno posto in vigore un nuovo passaporto leggibile elettronicamente.
Nel 2006, in seguito a pressioni da parte americana, i membri dell’Unione europea e la Svizzera hanno introdotto un nuovo passaporto biometrico, munito di un microchip per la lettura e il confronto dei dati personali.
Il parlamento intende ora rilasciare dal 2009 un nuovo documento d’identità, contenente i dati biometrici e due impronte digitali del titolare.
Questo passaporto è conforme alle regole previste dall’anno prossimo nello spazio di Schengen/Dublino per lottare più efficacemente contro la criminalità, il terrorismo e l’afflusso di clandestini da paesi che non hanno sottoscritto i due trattati europei (soppressione dei controlli alle frontiere interne e politica di asilo).
La Svizzera dovrebbe aderire dalla fine di quest’anno o dall’anno prossimo allo spazio di Schengen/Dublino che comprende attualmente 27 paesi europei.
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