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«La Svizzera vuole partecipare a soluzioni globali»

Didier Burkhalter è stato eletto nel governo svizzero nel settembre 2009. Keystone

La presenza di una folta delegazione elvetica al fianco di Didier Burkhalter in Brasile non è casuale. Il ministro responsabile dell'educazione, della ricerca e della sanità considera in effetti il paese sudamericano un attore essenziale sulla scena mondiale.

Al termine della loro visita di sei giorni in Brasile, Didier Burkhalter e la delegazione di alto rango al suo seguito hanno visitato diversi istituti di ricerca locali. A più riprese, il ministro ha ricordato la volontà della Svizzera di rafforzare la collaborazione scientifica tra i due paesi.

swissinfo.ch si è intrattenuto con il consigliere federale presso la fondazione Oswaldo Cruz di Rio de Janeiro.

swissinfo.ch: Con quali impressioni lascerà il Brasile?

Didier Burkhalter: Questi ultimi due giorni mi sono sembrati un anno. Sono stati veramente molto intensi…

Più seriamente, la mia impressione è che siamo di fronte a uno dei giganti del pianeta, uno Stato enorme con un grossissimo potenziale, che spicca tra gli altri paesi detti “emergenti”. Nei prossimi anni il Brasile svolgerà verosimilmente un ruolo fondamentale.

swissinfo.ch: Lei ha proposto di creare anche in Brasile un “consolato scientifico” da integrare nella rete swissnex. Cosa si nasconde dietro a quest’iniziativa?

D.B.: Non nascondiamo nulla, lo posso affermare con assoluta certezza. La Svizzera ritiene semplicemente che deve essere presente nelle discussioni che coinvolgono i paesi più importanti del mondo. La Svizzera dipende dall’evoluzione di questo mondo e quindi deve essere presente a tali discussioni.

I settori della scienza e della tecnologia sono essenziali per la Svizzera, siccome in questi campi siamo tra i migliori al mondo. Il nostro piccolo paese è nel gruppo di testa per ciò che concerne la scienza, la tecnologia, la ricerca fondamentale e l’innovazione. Ogni volta che discutiamo con qualcuno suscitiamo rapidamente un grosso interesse.

Nel quadro di swissnex, la Svizzera dispone già di cinque centri: due negli Stati Uniti, uno a Singapore, uno in Cina e uno in India. L’apertura di una nuova sede in Brasile è soltanto un’idea, che valuteremo nei prossimi anni.

Se però gli istituti di ricerca e le università riusciranno ad allacciare direttamente dei contatti e ad avviare dei progetti – e alla luce di quello che ho visto in questi ultimi due giorni penso proprio che sia possibile – non sarà più forzatamente necessario.

swissinfo.ch: Ad accompagnarla c’erano praticamente tutti i responsabili della scienza e della ricerca in Svizzera. È un segnale?

D.B.: In effetti la delegazione scientifica è parecchio folta. Credo che se la Svizzera riesce a presentare i settori nei quali eccelle, può davvero conquistare dei punti nelle sue relazioni con il resto del mondo.

A ciò si aggiunge il fatto che il pianeta, e non soltanto la Svizzera, si trova di fronte a grandi problematiche che concernono l’ambiente, l’energia, la salute… settori in cui non solo possiamo, ma dobbiamo partecipare a soluzioni globali.

swissinfo.ch: La Confederazione desidera entrare nel Comitato esecutivo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Perché la Svizzera ha bisogno dell’appoggio del Brasile?

D.B.: Intendiamo agire per migliorare il modo di lavorare dell’OMS, sia nei confronti delle proprie attività che nelle relazioni con i diversi partner, compresi quelli privati. Abbiamo constatato che sulle questioni di base condividiamo la stessa volontà del Brasile.

swissinfo.ch: L’idea sarebbe di creare una sorta di iniziativa globale per la sanità?

D.B.: Sì. La Svizzera ha sempre sostenuto l’importanza di considerare la sanità in quanto problematica globale, e non unicamente nazionale. Sappiamo bene che può varcare rapidamente le frontiere e che molte problematiche nazionali dipendono da ciò che succede nel mondo.

swissinfo.ch: I costi della salute in Svizzera non cessano di aumentare. In quest’ambito, cosa possiamo insegnare a un paese come il Brasile?

D.B.: Bisogna essere realisti: noi viviamo in un paese in cui il sistema sanitario costa parecchio, ma è eccellente. Qui, per arrivare in questo istituto abbiamo dovuto attraversare delle favelas e basta viaggiare un po’ in Brasile per rendersi conto che le disuguaglianze in materia di sanità, educazione e formazione sono ancora grandi.

Il Brasile è un paese che sta emergendo con vigore, ma che è ancora confrontato con problemi enormi. Non vorrei certo scambiare la situazione sanitaria elvetica con quella brasiliana.

A questo si aggiungono malattie di cui si parla poco. Malattie pericolose che colpiscono le popolazioni particolarmente povere. In quest’ambito c’è ancora molto lavoro da svolgere.

I costi in Svizzera sono dal canto loro destinati ad aumentare. Se vogliamo avere il miglior sistema del mondo, i costi saranno sempre spinti verso l’alto. Bisogna semplicemente tentare di frenare quest’aumento.

Ciò che è inaccettabile è il fatto che questa pressione dei costi verso l’alto non si traduce realmente con un miglioramento della qualità. Noi lavoriamo proprio su questo: aumentare l’efficacia e migliorare le cure, senza per questo aumentarne il volume. Vorremmo anche evitare l’assunzione eccessiva di medicamenti quando non è necessario.

Si tratta in fondo di trovare le soluzioni più adeguate. Per questo abbiamo però bisogno delle reti di cure integrate, una proposta che tentiamo di sostenere con forza e passione di fronte al parlamento.

Alexander Thoele, Rio de Janeiro, swissinfo.ch
(traduzione di Luigi Jorio)

Nel corso della sua visita, Didier Burkhalter ha potuto visitare domenica scorsa la Scuola svizzera di San Paolo.

Il ministro ha annunciato il sostegno del governo federale all’istituto, che secondo lui è «un legame importante tra la Svizzera e l’estero e un buon modo di difendere gli interessi della Svizzera».

Le scuole svizzere in Brasile sono due: oltre a San Paolo c’è anche Curitiba, nel sud del paese. Una terza scuola, a Rio de Janeiro, non è invece più riconosciuta ufficialmente da Berna.

Attualmente all’estero vi sono 17 scuole svizzere riconosciute: in Europa, Africa, Asia e America latina.

Sono frequentate da 6’570 allievi, di cui 1’800 di nazionalità svizzera. I professori sono circa 500.

La Confederazione versa 18 milioni di franchi all’anno per sostenere queste scuole; altri due milioni sono investiti in favore delle scuole internazionali con professori e studenti svizzeri.

Oltre ai sussidi federali, le scuole svizzere all’estero beneficiano del sostegno di uno o più cantoni partner.

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