L’ambiguo sostegno della Svizzera al Patto globale sulla migrazione
Il Consiglio federale sostiene che il Patto delle Nazioni Unite è "in linea con le priorità della politica migratoria della Svizzera". Tuttavia, come nel 2018, quando il testo è stato adottato da 152 Stati, il governo vuole che il parlamento si pronunci prima di firmare il Patto. Una scelta rischiosa.
L’argomentazione del governo svizzero presentata mercoledì è praticamente la stessa del 2018. “Approvando il Patto ONU sulla migrazione, la Svizzera non assume alcun nuovo impegno politico o finanziario”, ha sottolineato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) nella sua comunicazione. La Svizzera è libera di decidere quale forma può assumere l’impegno assunto con la firma di questo accordo internazionale non vincolante. “Il Patto delle Nazioni Unite sulla migrazione costituisce una piattaforma comune e quindi una buona base per la cooperazione”, sostiene il Consiglio federale.
“È un bene che la questione sia stata risollevata”, riconosce Carlo Sommaruga, deputato socialista alla camera alta del parlamento svizzero. Tuttavia, il parlamentare ginevrino contesta il modo di procedere, vale a dire il fatto di subordinare nuovamente la firma del Patto da parte del governo al dibattito parlamentare sull’argomento.
Nel comunicatoCollegamento esterno, il DFAE precisa in effetti che “una volta conclusi i dibattiti parlamentari, e conformemente alle disposizioni costituzionali, il Consiglio federale deciderà in via definitiva se accettare o meno il Patto”.
In gioco l’immagine della Svizzera
Carlo Sommaruga, membro della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati, rammenta che la firma di questo trattato non vincolante è una prerogativa del governo che non richiede una ratifica. “Cosa farà il governo se il parlamento dovesse opporsi all’adesione della Svizzera al Patto delle Nazioni Unite? L’immagine della Svizzera all’ONU è di nuovo in pericolo”.
“Cosa farà il governo se il parlamento dovesse opporsi all’adesione della Svizzera al Patto delle Nazioni Unite?”
Carlo Sommaruga, parlamentare socialista
“Non bisogna adottare necessariamente tutto quello che viene dall’ONU”, dice Yves Nidegger, deputato dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che conferma che il suo partito – la principale formazione politica in Svizzera – contrasterà l’adesione elvetica al Patto dell’ONU.
Secondo Carlo Sommaruga, le camere federali potrebbero completare l’esame del testo e decidere nel mese di settembre. Ma non c’è garanzia che ci sia una maggioranza a favore dell’adesione al Patto. Berna avrebbe potuto benissimo firmare il testo prima del dibattito parlamentare, afferma il senatore socialista.
“Disagio crescente”
Tanto più che il Patto è il frutto di un impegno risoluto della diplomazia svizzera. L’ambasciatore Jürg Lauber, insieme al suo omologo messicano Juan José Gomez Gamacho, si era impegnato fortemente per ottenere un testo che fosse il più consensuale possibile. Un capolavoro di ‘soft law’ senza i vincoli di un classico trattato internazionale.
“Queste dichiarazioni internazionali che non richiedono ratifica stanno causando un crescente disagio in parlamento.”
Yves Nidegger, parlamentare UDC
È proprio questo tipo di impegno non vincolante che viene criticato da Yves Nidegger: “Queste dichiarazioni internazionali che non richiedono ratifica stanno causando un crescente disagio in parlamento. Finiscono per essere imposte agli Stati come una convenzione internazionale, senza che i parlamenti possano intervenire”.
Questo rischio è particolarmente alto con il Patto delle Nazioni Unite sulla migrazione, poiché nel suo nuovo preambolo mescola le questioni migratorie con la Convenzione sui rifugiati, secondo Nidegger.
Marcia indietro degli Stati Uniti
Il Consiglio federale, da parte sua, osserva che “le esperienze finora maturate dagli Stati europei che hanno accettato il Patto ONU dimostrano che si tratta di uno strumento efficace, che consente di rafforzare la cooperazione bilaterale e multilaterale nel settore della migrazione”.
In altre parole, agli occhi del governo svizzero, nulla ha confermato i timori espressiCollegamento esterno nel 2018 da alcuni parlamentari, a seguito di una campagna internazionale lanciata da ambienti identitari e alimentata dagli Stati Uniti di Donald Trump.
La nuova amministrazione americana ha d’altronde appena annunciatoCollegamento esterno il suo sostegno alla causa, descrivendo il testo e gli strumenti per svilupparne il potenziale come “opportunità” che permetteranno agli Stati Uniti di dimostrare al mondo il loro impegno a favore di “politiche migratorie umane, ordinate e giuste”. La firma di Washington è dunque programmata, tanto più che Joe Biden ha sottolineatoCollegamento esterno la sua determinazione a rimettere ordine nella politica migratoria statunitense compromessa dal suo predecessore.
Nel 2018, il Consiglio federale ha citato il rifiuto di Washington di firmare il trattato come giustificazione per la sua posizione attendista. Oggi, l’Ungheria di Viktor Orban è l’unico Paese a opporsi al Patto dell’ONU.
L’indecisione di Berna su questo tema (come su altri dossier dell’ONU) non favorisce la candidatura della Svizzera al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Questo è motivo di preoccupazione per alcuni diplomatici svizzeri, secondo una fonte ben informata.
Traduzione dal francese: Luigi Jorio
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