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La tradizione del cioccolato e l’intelligenza artificiale si incontrano a Perugia

perugia vista dall'altpo
La città di Perugia, in Umbria, è anche nota per la produzione di cioccolato. KEYSTONE/imagebroker.com

La storia delle industrie cioccolatiere perugina e svizzera e l'uso dell'intelligenza artificiale sono state al centro dell'85° Congresso del Collegamento svizzero in Italia. Nel capoluogo dell'Umbria si è parlato anche dello stretto legame tra i due Paesi e di una diaspora elvetica in forte crescita.

Come è nato il celebre Bacio Perugina? Perché il cioccolato svizzero è considerato il migliore del mondo? E come sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale senza che questa prenda il posto dell’essere umano? Sono solo alcune delle domande a cui ha voluto rispondere il congresso annuale del Collegamento svizzero in ItaliaCollegamento esterno, giunto alla sua 85esima edizione.

Per l’occasione, circa 130 svizzeri e svizzere residenti nella Penisola si sono ritrovati sabato a Perugia, la “città del cioccolato”. Il Collegamento svizzero, presieduto nuovamente da Irène Beutler-Fauguel, riunisce 61 istituzioni private elvetiche in Italia tra circoli, società di beneficenza, scuole e chiese.

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Il “Gottardo dell’Umbria”

La presenza elvetica in Italia è solida e ha contribuito allo sviluppo del Paese, ha detto Stefano Lazzarotto, console generale di Svizzera a Milano, intervenendo di fronte alla platea riunita al Centro dei congressi di Perugia.

Lazzarotto ha citato un esempio poco noto, ma rappresentativo di quello che la Confederazione ha portato in Italia: la linea ferroviaria tra Spoleto e Norcia, anche chiamata il “Gottardo dell’Umbria”. “È stato un piccolo gioiello di tecnica e di progettazione svizzera”, secondo Lazzarotto.

La ferrovia, operativa dal 1926 al 1968, è stata realizzata da quattro ingegneri svizzeri. Lungo un percorso di circa 52 chilometri sono stati costruiti 24 tra ponti e viadotti e 19 gallerie. È stata la prima ferrovia elettrica a scartamento ridotto del Centro Italia, ha ricordato il console generale.

Una nuova strategia per una diaspora in aumento

Attualmente sono 52’000 le persone di nazionalità svizzera che risiedono in Italia. Negli ultimi vent’anni, il loro numero è aumentato del 16%, ha sottolineato Luca Panarese, collaboratore scientifico della Direzione consolare del Dipartimento federale degli affari esteri.

+ La Quinta Svizzera è sempre più grande

Per far fronte alla crescita della diaspora elvetica in Italia e della Quinta Svizzera in generale, oltre che all’aumento della mobilità da e verso la Confederazione e alla digitalizzazione, la Direzione consolare sta sviluppando una nuova strategia, ha affermato Panarese. In aggiunta allo sportello onlineCollegamento esterno, già attivo, le autorità vogliono creare una piattaforma (hub) per raggruppare in un unico sito le varie prestazioni consolari di diversi uffici.

Le riflessioni portano anche sull’implementazione dell’intelligenza artificiale (IA) nell’Amministrazione federale, ad esempio impiegando questa tecnologia per la hotline del DFAE, ha detto Panarese.

Alla fine del 2023, circa 813’400 persone con la cittadinanza svizzera vivevano all’estero.

In Italia la comunità elvetica conta 52’000 persone. Secondo i servizi consolari, le persone con nazionalità svizzera residenti nella regione dell’Umbria sono 690.

L’Italia è il quarto Paese nel mondo che accoglie più cittadini e cittadine svizzeri, dopo Francia (209’300), Germania (99’600) e Stati Uniti (83’700).

Usare l’intelligenza artificiale per scrivere di più

L’IA, uno dei due temi del Congresso, è stata al centro di una tavola rotonda organizzata su iniziativa dell’Unione Giovani Svizzeri. Dopo una breve introduzione sulla storia e lo sviluppo di questa tecnologia, Gaetano Affuso, docente di latino e greco presso il Liceo Classico Plauto di Roma, ha spiegato come sta utilizzando l’IA con i suoi allievi e allieve.

Lo scopo, ha detto, non è di lasciare che l’IA prenda il posto dell’essere umano e che, nel caso della scuola, rediga dei testi che nessuno ha voglia di scrivere. L’obiettivo è invece esattamente l’opposto, e cioè indurre studenti e studentesse a scrivere di più. In che modo? Usando la creatività, secondo Affuso.

L’insegnante ha fatto ricorso all’IA per creare delle chat che rispondono solamente a determinate domande. Ad esempio, una chat reagisce esclusivamente a interrogativi su Dante Alighieri e invita gli allievi e le allieve a formulare nuove idee di storie relative alla Divina Commedia. L’IA non scrive nulla, si limita a correggere i testi scritti a scuola, sottolinea Affuso. “Con una macchina costringo gli allievi a scrivere di più”.

+ Intelligenza artificiale, opportunità e rischi

Collaborare con l’IA come faremmo con gli esseri umani

Anche Enrico Tombesi, responsabile di progetti formativi sperimentali con l’IA presso la Fondazione Golinelli, vede l’intelligenza artificiale come un compagno di studio. Quando in una classe si legge un testo o un libro, ha spiegato, ognuno visualizza un’immagine del racconto, a seconda della propria sensibilità. Ragionare collettivamente su queste immagini è però difficile, trattandosi di rappresentazioni personali.

L’impiego dell’IA consente di visualizzare e considerare tutte le immagini della classe. Questo permette di approfondire alcuni aspetti legati al testo o al racconto che altrimenti sarebbero difficilmente condivisibili, secondo Tombesi.

Per l’esperto, la parola d’ordine è “collaborazione”. “Dobbiamo riuscire a collaborare con l’IA per poter sfruttare tutte le opportunità. Questo permette di raggiungere determinati obiettivi più rapidamente, proprio come succederebbe se collaborassimo con altre persone”, ha detto.

gente seduta in una sala conferenze
L’incontro di quest’anno del Collegamento svizzero in Italia si è tenuto nel Centro congressi di Perugia. swissinfo.ch

Aldo Pisano, filosofo dell’Università della Calabria e membro della Società italiana per l’etica dell’IA, si è dal canto suo soffermato sull’aspetto etico e sulla difficoltà di stare al passo con lo sviluppo tecnologico. Per Pisano, uno dei pericoli maggiori è la nostra tendenza a considerare la macchina infallibile: non può sbagliare perché fa un calcolo matematico.

Tuttavia, quando si tratta di prendere decisioni, etiche o politiche, una cosa “corretta” non è forzatamente anche “giusta”, ha sottolineato Pisano. “La macchina non è infallibile. Lo dobbiamo sempre tenere presente e questo va comunicato alle nuove generazioni”.

Quando i Baci erano dei Cazzotti di cioccolato

A Perugia, e non poteva essere altrimenti, si è parlato anche di cioccolato.

In un appassionato racconto Cristina Mencaroni, responsabile del Museo Storico Perugina, ha ripercorso la storia della celebre fabbrica di cioccolato della città, dalle origini nell’Italia afflitta dalla povertà di inizio Novecento al successo internazionale dei suoi “Baci”.

Il famoso cioccolatino dalla forma irregolare e tondeggiante, ha spiegato Mencaroni, è nato dalla necessità di lottare contro gli sprechi e di recuperare le granella di nocciola usate nei torroni. Agli occhi di una delle fondatrici dell’azienda, Luisa Spagnoli, il cioccolatino aveva una forma che ricordava le nocche di una mano chiusa in un pugno. Venne lanciato con un nome terrificante: Cazzotto.

Ma nell’Italia che vedeva nel cioccolato un prodotto di lusso, chi mai avrebbe regalato… dei Cazzotti? “Era impensabile che entrando in un negozio un cliente avrebbe detto alla commessa: ‘Per favore mi dia un Cazzotto'”, ha raccontato Mencaroni.

Giovanni Buitoni, anch’egli tra i fondatori di Perugina, ha così pensato che sarebbe stato più opportuno che la clientela chiedesse … un bacio. Fu una trovata geniale e oltre cento anni dopo i Baci Perugina sono uno dei prodotti di punta dell’azienda, che oggi fa parte della multinazionale svizzera Nestlé.

+ Il cioccolato da laboratorio supera la prova del gusto

I segreti del cioccolato svizzero

Rosa Maria Leggio, ex collaboratrice della fabbrica di cioccolato Aeschbach, un’azienda familiare nei pressi di Lucerna, ha voluto svelare alcuni dei segreti del successo del cioccolato svizzero.

Il primo è che le grandi famiglie produttrici di cioccolato – tra cui Suchard, Cailler e Lindt – non si sono mai messe in competizione l’una contro l’altra. “Hanno collaborato fino dall’inizio e questa è la chiave dello sviluppo del cioccolato in Svizzera”, ha affermato Leggio.

+ Come le umili fave di cacao vengono tramutate in cioccolato e soldi

Anche il concaggio, cioè la fase durante la quale la massa di cacao viene riscaldata e mescolate per diverse ore, rendendo il cioccolato morbido e vellutato, è una specialità elvetica. Questa lavorazione non è però il frutto dell’ingegno dei mastri cioccolatieri, ma di un errore. “Rudolf Lindt si era semplicemente dimenticato di spegnere la macchina mescolatrice”, ha raccontato Leggio.

Per l’esperta oramai in pensione, c’è un solo modo per gustare il cioccolato: resistere alla tentazione e limitarsi a mangiare un quadratino alla volta, lasciando che si sciolga completamente in bocca. Solo così si stimola la produzione di serotonina nel cervello, responsabile della sensazione di benessere e di felicità.

tavoletta di cioccolato
Una persona in Svizzera mangia in media 12 chili di cioccolato all’anno. GAETAN BALLY/© KEYSTONE / GAETAN BALLY

Appuntamento a Lucerna e a Lecce

Per i cittadini e le cittadine elvetiche residenti all’estero, il prossimo appuntamento è fissato per l’11-13 luglio a Lucerna, dove si svolgerà il 100° Congresso degli Svizzeri all’esteroCollegamento esterno. Tema dell’incontro sarà il legame che unisce le persone di nazionalità elvetica che vivono all’estero e il loro Paese di origine.

L’86° Congresso del Collegamento svizzero in Italia si terrà invece a Lecce, il 10 e 11 maggio 2025.

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