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Tanta Svizzera alla Biennale di Venezia

Jürg Conzett e l'arte dei ponti ZVG

La Confederazione è ben rappresentata alla prestigiosa rassegna architettonica: reportage di Swissinfo tra i lavori del costruttore di ponti Jürg Conzett e le opere di altri professionisti che interpretano in modi diversi le sfide della società contemporanea.

È sotto la stella di Kazuyo Sejima, la prima donna a dirigere la Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, che si è aperta un’edizione – la dodicesima – orientata a indagare il tempo e lo spazio presente come specchio di quanto l’architettura può costruire come arte. La chiave di lettura di questa grande kermesse è infatti proprio l’utilizzo di un linguaggio basato sulle emozioni suscitate da ambienti diversi.

Ecco perché Kazuyo Sejima – vincitrice del Pritzker Prize 2010 – ha fortemente voluto un confronto sulle possibilità dell’architettura, focalizzandosi sulle relazioni tra le persone e lo spazio. Lo spettatore è dunque parte integrante di un ingranaggio, e non un osservatore passivo alla ricerca di risposte. Insomma: un cammino che è un soffermarsi piuttosto che un correre, in cerca di un futuro il più possibile a misura d’uomo.

Il percorso espositivo People Meet in Architecture (le persone si incontrano nell’architettura) si snoda tra le 46 nazioni partecipanti, passando da architetti, ingegneri e artisti provenienti da tutto il mondo.

Il titolo della mostra recita anche We become people in architecture (diventiamo persone nell’architettura). Infatti è proprio mantenendo la fiducia nell’architettura che si dovrebbero costruire spazi nei quali l’uomo – sia come individuo, sia come comunità – realizza i suoi ideali tenendo sempre presente la natura, l’ecosistema, la qualità della vita sociale per un futuro che appare incerto.

I ponti di Conzett

Il padiglione svizzero è presente per la settima volta a Venezia: l’Ufficio federale della cultura (UFC) ha conferito il mandato di allestirlo all’ingegnere Jürg Conzett, che vive e lavora a Coira. Con il titolo «paesaggio e opere civili», quest’ultimo ha tracciato – insieme al fotografo Martin Linsi – diversi percorsi attraverso la Svizzera, evidenziando gli interventi apportati a livello paesaggistico da costruttori e ingegneri.

Le opere in questione si collocano «tra tecnica, tradizione e la redditività, ma per le loro prerogative architettoniche suscitano anche determinate sensazioni in chi le osserva», spiega Urs Staub, responsabile della sezione “Arte e design” presso l’UFC.

Colpisce in particolare il trionfo dell’ingegneria sopraffina e la materializzazione delle emozioni che un ponte può risvegliare in chi lo costruisce e in chi lo osserva. Da una vita Jürg Conzett progetta e realizza per passione tutto ciò che unisce, superando gli stereotipi della spettacolarizzazione e della monumentalità.

«I ponti – dice Conzett – sono come le persone, uno diverso dall’altro. Ne ho progettati quindici da solo e un centinaio con il mio studio e posso affermare che le forme, la struttura, l’aerodinamica, le curve paraboliche o rialzate, hanno un’anima; sia che si tratti di ponti vicino alle città, sia che si tratti di interazioni tra bellezze naturali e opere prettamente ingegneristiche».

La passatoia della Viamala (Grigioni) è per esempio congegnata secondo un sistema portante in acciaio, con semplici funi che uniscono le due rive: «Fin da piccolo ho sempre amato i ponti e tutto ciò che ha un inizio e una fine. Amo la concretezza dell’ingegneria e le azioni audaci, purché siano praticabili ed emozionanti», conclude.

Presente e futuro

Il nostro viaggio tra i progetti esposti prosegue tra esperienze sensoriali, adattamenti fisiologici di esseri umani al buio e il video 3D di Wim Wenders sul Rolex Learning Center, l’avveniristica struttura realizzata dallo studio di architettura giapponese Sanaa nel campus del Politecnico di Losanna.

Nel Palazzo delle esposizioni c’è un altro svizzero, Christian Kerez, che presenta – attraverso modelli, sculture in legno e filmati – il suo concetto di un’architettura autosufficiente. Il rigore e la chiarezza degli edifici si fondono in una rappresentazione che coinvolge lo spettatore.

Anche il progetto New interviews, wall of names di Hans Ulrich Obrist è ambizioso: trasformare – attraverso un video a scorrimento continuo – un’intervista in un’opera d’arte.

Sullo schermo appare anche la direttrice della prossima edizione della Biennale, la svizzera Bice Kuriger: «È un grande onore e un privilegio che mi sia stato chiesto di assumere l’incarico di dirigere una delle rassegne d’arte contemporanea più importanti e straordinarie al mondo. Sono davvero entusiasta di affrontare questa grande sfida».

Il genio di Olgiati

Non poteva mancare a Venezia il genio di Valerio Olgiati, l’architetto grigionese che soltanto un anno fa è stato nominato alla cattedra Kenzo Tange dell’Università di Harvard negli Stati Uniti, dopo un’intensa attività didattica all’Accademia di architettura di Mendrisio.

Olgiati – noto tra l’altro per la realizzazione della Casa Gialla di Flims (Grigioni) e il Centro visitatori del Parco nazionale svizzero a Zernez (Grigioni) – ha presentato alla Biennale la mostra monografica Onement: una serie di modellini bianchi in scala 1:33 del Pern Museum XXI che verrà realizzato in Russia.

In linea con il pensiero di Olgiati, la struttura non ha alcun rapporto con il contesto fisico ed è totalmente indipendente perché nasce da un’idea, e la sua purezza è slegata dal contesto.

Largo ai giovani

Per trentacinque anni dalla prima Biennale di architettura, l’Istituto svizzero di Venezia ha realizzato il ciclo Teaching Architecture: 3 positions made in Switzerland , ovvero tre proposte volte a valorizzare alcuni giovani architetti: Emanuel Christ, Christoph Gantenbein, Raphael Zuber e Ulrich Kirchhoff.

Christ e Gantenbein hanno scelto la topografia di Hong Kong come esempio di città contemporanea con un’altissima densità di popolazione e l’hanno confrontata con quella Zurigo. Ed è proprio con queste tematiche che il futuro dovrà fare i conti: la scomparsa delle risorse naturali renderà necessaria una riflessione sulle nuove risorse urbane per le città occidentali.

Ambra Craighero, Venezia, swissinfo.ch

La Biennale di Venezia è una delle istituzioni culturali più prestigiose al mondo. Fin dalla sua origine (1895) è all’avanguardia nella promozione delle nuove tendenze artistiche e organizza manifestazioni internazionali nelle arti contemporanee.

Tra queste figurano in particolare la Mostra internazionale d’arte cinematografica, l’Esposizione internazionale d’arte, la Mostra internazionale di architettura, il Festival di musica e teatro e il Festival di danza.

La 12esima Mostra internazionale di architettura, diretta da Kazuyo Sejima e intitolata People meet in architecture, è aperta dal 29 agosto al 21 novembre 2010.

Jürg Conzett, nato nel 1956, ha studiato ingegneria edile a Losanna e a Zurigo, dove si è laureato nel 1980.

Successivamente, ha collaborato con l’architetto Peter Zumthor fino al 1988, quando è diventato indipendente.

Attualmente gestisce – insieme ai suoi partner Gianfranco Bronzini e Patrick Gartmann – uno studio di ingegneria a Coira. L’ufficio disegna e progetta ponti e strutture portanti. Inoltre, Jürg Conzett insegna a ingegneri e architetti nella sezione interdisciplinare “Costruzioni” presso la Scuola universitaria di tecnica ed economia di Coira.

Fra le sue opere più significative si annoverano il Ponte di legno Mursteg a Murau (Stiria), il viadotto Landquartlöser (Landquart), il Traversiner Steg e il Pùnt da Suransuns (Viamala), ponti mobili sul canale di Coupure, Bruges (Belgio), diverse misure di risanamento per ponti nei Grigioni, ponti di legno e di cemento sul Glenner a Peiden Bad (Grigioni).

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