
Trump: i ‘troppi’ interessi del presidente-businessman

(Keystone-ATS) Un presidente-businessman. Una delle caratteristiche più spiccate di Donald Trump e anche tra quelle che con tutta probabilità hanno suscitato in molti curiosità e sostegno, contribuendo alla sua elezione.
Ma l’ingresso del tycoon alla Casa Bianca pone anche molti quesiti su come la sua provenienza dal mondo degli affari possa influenzare il modo in cui Trump guiderà il Paese alla luce dei suoi interessi (pur se la gestione diretta sarà affidata ai figli, come garantito) che si estendono tra l’altro in tutto il mondo. Il New York Times ne traccia così una mappa, sottolineando una realtà pressoché senza precedenti negli Usa e le perplessità che ciò suscita su come l’America guidata da Trump possa reagire ad eventi nel mondo.
“È un territorio inesplorato, perché non abbiamo mai avuto un presidente con un impero tale sia negli Stati Uniti che oltreoceano”, sottolinea sul Nyt Michael Green, nel Consiglio di Sicurezza nazionale durante la presidenza di George W. Bush, individuando alcuni potenziali punti nevralgici, come un hotel di lusso sul mare a Rio de Janeiro che porta il nome Trump sarebbe oggetto di indagini su presunti favoritismi.
Oppure l’India, il Paese in cui i Trump hanno il maggior numero di progetti in corso fuori dagli Usa sviluppati attraverso una società che ha legami familiari con il principale partito politico nel Paese. O ancora le strutture da golf in Irlanda e Scozia, la cui gestione si è già ‘incrociata’ con responsabili locali, in alcuni casi anche scontrandosi, come in seguito alle critiche di gruppi ambientalisti in Irlanda che si oppongono alla costruzione di una barriera protettiva lungo la costa irlandese pensata per riparare le strutture a firma Trump da eventuali inondazioni.
C’è poi infine la Turchia, dove Trump possiede importanti edifici a Istanbul: come le Trump Towers. Di recente – scrive ancora il New York Times – diversi responsabili turchi, compreso il presidente Recep Tayyip Erdogan, avevano chiesto che l’insegna con il nome ‘Trump’ fosse rimossa, dopo che il tycoon aveva ipotizzato di vietare l’ingresso negli Usa a tutti i musulmani. Poi non se n’è parlato più, dopo che Trump si era espresso a difesa di Erdogan in seguito agli sviluppi interni al Paese, nota il quotidiano.
Il rischio poi è anche di ‘favoritismi’ non richiesti. E cioè che pur senza aspettarsi un trattamento speciale dai governi di Paesi dove il marchio Trump è presente si possano verificare accelerazioni, aiuti e facilitazioni per i business legati al presidente degli Stati Uniti.
Per non parlare poi del fattore sicurezza per edifici e cantieri che portano il suo nome in Paesi più a rischio terrorismo. Di recente, inoltre, la presenza di Ivanka Trump durante meeting e conversazioni di Donald Trump con leader stranieri ha sollevato diversi quesiti. Una realtà insomma che complica da più punti di vista “la politica estera degli Stati Uniti e le nostre relazioni nel mondo” sottolinea Michael Fuchs, ex vice sottosegretario per l’Asia orientale e il Pacifico.