Dure condanne nel processo Lagonico

Nove anni di reclusione per Christian Pidoux, sei per Pascal Schumacher e tre per Katia Pastori: sono le pene inflitte martedì dal Tribunale correzionale di Losanna nei confronti dei tre principali accusati nel processo per il rapimento dell'avvocato Stéphane Lagonico.
E’ durata due ore la lettura della sentenza da parte del presidente della Corte correzionale di Losanna, martedì pomeriggio al Palazzo di giustizia dell’Elisée. Man mano che si procedeva dalla ricostruzione dei fatti, ai capi d’imputazione ritenuti, appariva sempre più chiaro che per il terzetto composto da Christian Pidoux, Pascal Schumacher e Katia Pastori il processo si sarebbe chiuso con un giudizio severo.
Alla fine, pallido ma impassibile, lo sguardo basso, Pidoux ha appreso che la sua condanna è a nove anni. Schumacher è stato in qualche modo preparato dal presidente con l’annuncio che sarebbe stato arrestato al termine dell’udienza, una decisione che per forza preludeva a diversi anni di prigione, nella fattispecie sei.
La loro amica Katia Pastori, che come Schumacher, aveva affrontato il dibattimento a piede libero, poteva sperare in una condanna con la condizionale, in considerazione del fatto che ha chiuso la latitanza in Brasile costituendosi e che attualmente ha un lavoro… e invece anche a lei la corte riserva una pena di reclusione, 3 anni.
I giurati hanno smontato pezzo per pezzo in castello costruito dalla difesa di questi tre imputati principali e hanno alla fine attribuito loro pesanti responsabilità. Soprattutto il legale di Christian Pidoux aveva a lungo sostenuto che il suo assistito, dopo il rapimento da parte degli esecutori materiali, era diventato vittima del piano da lui stesso architettato ed era stato costretto a chiedere il riscatto a causa della domanda pressante della ricompensa da parte della banda.
Naturalmente anche Schumacher e la loro amica speravano in un alleggerimento della posizione di Pidoux, che avrebbe influenzato le loro condanne. La corte ha invece bocciato quell’interpretazione e, scandagliando minuziosamente il comportamento dei singoli, ha attribuito loro pesanti responsabilità. Così i due giovani sono riconosciuti colpevoli dei reati più gravi: presa d’ostaggio aggravata e estorsione aggravata; nella sentenza inoltre si rimprovera loro di aver agito per sete di guadagno e gusto per il denaro facile. Per Pidoux c’è poi l’ulteriore aggravante d’aver deciso di colpire un amico di famiglia, tanto più che nei suoi confronti nutriva un sentimento di invidia.
Nel complesso la corte ha ritenuto meno grave il comportamento dei componenti la banda di esecutori, il capo è stato condannato a 7 anni, gli altri a pene di 6 e 5 anni.
Per gran parte di loro, kosovari di nazionalità jugoslava, è stata anche decisa l’espulsione dalla Svizzera. Un solo imputato è stato assolto, due hanno ricevuto condanne con la condizionale, tra cui il fratello di Christian Pidoux, Marc.
Nelle dichiarazioni fuori dall’aula del tribunale il procuratore ha definito ragionevoli le sentenze pronunciate. Sono state in gran parte ridotte rispetto alle sue richieste, ma è chiaro che il giudizio concede poche attenuanti ai singoli protagonisti.
Per i difensori al contrario i loro clienti escono troppo colpiti dal processo. In particolare Dominique Waluzel, uno dei tanti tenori dei fori vodese e ginevrino presenti al processo, ha affermato che inoltrerà ricorso al giudizio per Pascal Schumacher ma ha già depostitato anche una richiesta di liberazione per il suo assistito.
Un folto pubblico, tra cui molti parenti e amici degli imputati, ha assistito alla lettura della sentenza, durata due ore. Alcuni singhiozzi hanno accompagnato l’uscita di scena dei condannati in manette. Tra il pubblico anche Philippe Pidoux, padre di Christian e Marc, ex consigliere di stato e deputato vodese alle camere federali. Se il processo è stato così seguito dalla gente e dai media è soprattutto a causa della sua notorietà.
Flavio Fornari

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