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A Pechino sognando le montagne svizzere

Olivier Glauser nel suo ufficio a Pechino swissinfo.ch

Il vodese Olivier Glauser ha lasciato la Svizzera oltre quattordici anni fa. Si è recato prima negli Stati Uniti e successivamente in Cina, dove vive a Pechino dal 2004.

Diplomatosi ad Harvard, Glauser è responsabile degli investimenti internazionali di una compagnia americana attiva nel settore delle tecnologie della comunicazione. Con la madre patria conserva forti legami.

Kerry Centre di Pechino, 27esimo piano. E’ da questo imponente edificio nei cui vetri si specchia il quartiere degli affari della capitale cinese, che la società Qualcomm opera in Asia.

In questo ambiente ovattato, lambito dall’aria condizionata, i controlli sono molto severi: i motivi di ogni visita vengono registrati e firmati e senza il cartellino di riconoscimento puntato al bavero della giacca, non si penetra nei meandri dell’edificio.

Olivier Glauser spalanca la porta del suo ufficio: un locale ampio e spazioso con vista a perdifiato sull’immenso cantiere della nuova sede della televisione cinese CCTV. Le due torri inclinate saranno molto presto collegate da una passerella coperta. Un’architettura davvero futurista.

Responsabilità e passioni

“In questo momento – racconta Olivier Glauser – la Cina è un paese di grandi contrasti, dove Medioevo e Modernità si incontrano e si scontrano”. A questi abbinamenti lui, appassionato di fotografia, è molto attento.

“Amo moltissimo la fotografia. Durante il mio tempo libero salgo in sella alla bicicletta e, in compagnia di alcuni amici, percorriamo le strade di Pechino e cerchiamo di fissare, con l’obiettivo, momenti e frammenti che fra poco scompariranno per sempre. Purtroppo ho poco tempo”.

E non c’è da stupirsi: sulle sue spalle cariche ed impegni. “Senior Director” e “Head of international Investments” della società Qualcomm, Olivier Glauser è chiamato professionalmente ad assumersi grosse responsabilità, che assume con piglio sicuro. Poco più che trentenne, Glauser è un ex studente del Politecnico federale di Losanna che ad Harvard ha conseguito un “Master of Business Administration”.

“Gli anni Duemila – ammette il giovane imprenditore – mi hanno portato buoni frutti, tanto a livello professionale quanto a livello privato. A Boston ho infatti conosciuto la donna che oggi è diventata mia moglie. Poco dopo sono andato a San Diego per lavorare presso Qualcomm, che all’epoca compiva i primi passi. Avevamo iniziato le nostre attività di investimento in un brutto momento: la bolla di Internet era appena scoppiata”.

Vivere a Pechino

L’azienda non è soltanto riuscita a sopravvivere, ma è anche cresciuta. Dal 2004 infatti Glauser gestisce i propri affari fuori dagli Stati Uniti, principalmente in Europa e in Asia. La scelta di Pechino, come campo base, gli facilita moltissimo la vita.

“Mia moglie è cinese e ha sempre desiderato tornare a Pechino. Il caso ha voluto che il Comitato olimpico, per il quale lavora, le ha chiesto di essere la persona di collegamento tra l’organismo olimpico, gli sponsor e il governo cinese. Un compito che assume per tutto il periodo che precede le Olimpiadi”.

Cittadino di Losanna divenuto cittadino di Pechino, Olivier Glauser sta imparando moltissime cose su una cultura che, per metà, è quella di suo figlio, un fagottino di tre anni.

“Qui è difficile pianificare con largo anticipo. E’ letteralmente impossibile fissare un appuntamento con un’istituzione cinese al di là di cinque giorni. Vogliono assicurarsi il massimo di opzioni possibili tenendo aperto il numero maggiore di porte per poter decidere all’ultimo momento”.

“Tutto comunque fila liscio come l’olio e si finisce sempre per accordarsi appena prima della scadenza. Per non parlare delle riunioni fissate all’ultimo minuto, rubando il sabato mattina o ritagliando uno spazio serale la domenica. Una pratica del tutto normale”.

Tornando a casa

Per spezzare il ritmo infernale della Pechino ruggente, per concedersi una tregua lontano da rumori, stress, frenesia e inquinamento, Olivier Glauser fa ritorno in Svizzera almeno due volte all’anno.

“Ho bisogno di questi stacchi. E’ da quattordici anni che sono via dalla Svizzera, ma torno sempre volentieri a casa. Dopo i periodi di adrenalina, ho bisogno di riposo. E porto come me anche mio figlio, che sta dai nonni un mese. Presto lui e mia moglie otterranno la nazionalità elvetica”.

Attraverso l’attività professionale della consorte, Olivier Glauser vive i Giochi Olimpici in un modo assai particolare. “Non vedo l’ora che inizino e non vedo l’ora di poterne approfittare. Sono sicuro che sarà una grande festa. I cinesi sono fieri di organizzare questo evento”.

“Del resto – aggiunger Glauser – i cantieri della città sono attivi 24 ore su 24. Si lavora senza sosta per essere pronti e mostrare al mondo intero che il paese ce l’ha fatta. Per i cinesi è una dimostrazione di emancipazione”.

Appassionato di sci alpino, Glauser si gusterà queste Olimpiadi estive senza seguire uno sport in particolare. Ma, da buon sciatore, ha trovato “un paio di stazioni dove è possibile praticare lo sci. Nulla a che vedere, naturalmente, con le montagne svizzere. Tornerei in Svizzera solo per loro. E quel giorno, presto o tardi, arriverà”.

swissinfo, Mathias Froidevaux, Pechino
(traduzione e adattamento dal francese Françoise Gehring)

Olivier Glauser, nato nel 1970, ha studiato al Politecnico federale di Losanna diplomandosi nel 1994. Dopo un passaggio all’Eurocom (scuola di ingegneri creata nel 1991 dalle Telecom francesi e dal Poli di Losanna), ha conseguito un Master of Business Administration all’Università di Harvard, a Boston.

Ha pure compiuto un praticantato di nove mesi presso la Commissione europea a Bruxelles, con l’incarico di seguire i negoziati in materia di telecomunicazioni.

Nel 2000 entra a far parte della società Qualcomm, per la quale lavora a San Diego. Inviato in Cina per una missione di esplorazione dei mercati, nel 2003 gli viene affidato l’incarico di investire 100 milioni di dollari sulla piazza cinese.

Il primo viaggio di Glauser in Cina risale al 1985, quando con suoi genitori e una trentina di altre persone visita alcune province perdute del paese. Sono gli anni dei primi passi del turismo in Cina.

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