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Attenzione, catastrofe all’orizzonte!

L'influenza aviaria è solo uno degli ultimi "Scenari Catastrofe" creato dall'uomo Keystone Archive

Come reagiscono ai disastri che le colpiscono le diverse società umane ? È la domanda alla quale cerca di rispondere il Museo d'etnografia di Ginevra con l'esposizione «Scenario Catastrofe».

Un’esposizione che è un vero e proprio viaggio alla scoperta della costruzione culturale dei cataclismi.

Appena varcata la soglia l’ululato di una sirena ci assale. Il contrasto è sorprendente. All’esterno della villa di Conches, una delle sedi del Museo di etnografia di Ginevra, il giardino e il paesaggio attorno sono idilliaci. All’interno, il cataclisma: sul pavimento un quadro rotto, sulle pareti dei teloni di plastica, come all’indomani di un terremoto, quando si abbozza una prima ricostruzione.

Chi si aspetta di trovare una sorta di inventario voyeuristico o di hit parade macabra rimarrà deluso. Nelle cinque sale di cui è composta l’esposizione, le catastrofi sono sì onnipresenti, ma sempre mostrate tra le righe. Una piccola nave di legno con inciso il nome «Noè» ci ricorda il mito fondatore del diluvio universale. Una fotografia immortala l’orologio della stazione di Bologna, fermatosi alle 10.25 di quel 2 agosto 1980, quando scoppiò una bomba che fece 85 vittime.

« Una catastrofe è una costruzione culturale »

« Il nostro scopo non era di mostrare la catastrofe in quanto tale. Volevamo soprattutto interrogarci su come l’uomo definisce la catastrofe, come reagisce, come si preserva. Ogni cultura reagisce in maniera differente. Una catastrofe è una costruzione culturale », ci dice Alessia Fondrini, una delle ideatrici dell’esposizione.

Come definirla, appunto ? Il termine « catastrofe », dal greco « katastrophè », non ha sempre avuto il significato negativo attuale. Fino al XVIII secolo, questa parola designa l’ultimo avvenimento di una tragedia. Un avvenimento che anticipa l’epilogo e che può essere anche positivo.

È solo dal 1721 che Montesquieu, parlando del terremoto di Lisbona nelle sue Lettere Persiane, lo utilizza nella sua accezione attuale. La catastrofe diventa un avvenimento negativo, che non concerne più il destino di un solo individuo ma di tutta la collettività.

Come proteggersi?

Un destino dal quale tutte le culture cercano di proteggersi. « Nella seconda sala, intitolata ‘Proteggersi dalla sventura’, abbiamo ricreato una sorta di bunker per mostrare le strategie messe in atto dal genere umano per cercare di preservarsi dalle catastrofi », spiega Alessia Fondrini, « ma naturalmente nessun bunker è abbastanza spesso per proteggersi a sufficienza ».

Un feto di maiale essiccato, usato come talismano dalle popolazioni andine, è accostato a una grande maschera della Papuasia, normalmente fissata sulle porte delle case. Un feticcio contro le malattie indonesiano fa da specchio a materiale sofisticato pensato per proteggersi da ogni sorta di disastro moderno.

Le onde d’urto disegnate sulle pareti ci ricordano però che questa ricerca del rischio zero si urta immancabilmente agli imponderabili dell’esistenza.

Strumento del potere

Uno spettro – quella della catastrofe – che inoltre è da sempre agitato e strumentalizzato dal potere per confortare le sue posizioni.

Vedendo la fotografia di George Bush mentre firma il Patriot Act, si potrebbe pensare che questa strumentalizzazione è in fin dei conti assai recente e caratteristica delle società più « evolute ».

Un « mullu », una conchiglia utilizzata come offerta dalle popolazioni andine in epoca precolombiana, mostra però che fin dalla notte dei tempi le élite – in questo caso religiose – hanno saputo sfruttare a loro vantaggio la paura delle catastrofi.

Creatrici di cultura

E quando avvengono realmente, le calamità non sono solo distruttrici. «Le catastrofi sono una componente formidabile nella creazione culturale», sottolinea Alessia Fondrini.

Ogni società elabora soluzioni collettive per far fronte alla tragedia. In primo luogo attraverso il lavoro di memoria, come illustra un filmato sulle cerimonie commemorative del genocidio ruandese, la solidarietà, la creazione di nuovi legami sociali.

Una risposta che passa anche dai riti: a Bali, dopo gli attentati del 2002, di una violenza inedita per l’isola, le autorità religiose hanno elaborato una nuova cerimonia funeraria. Quelle che esistevano fino ad allora non erano sufficienti per esorcizzare una simile violenza.

E naturalmente non mancano le risposte tecniche, strumento privilegiato delle società contemporanee. Il terremoto di Lisbona del 1755, ad esempio, costituisce in questo senso una svolta: le catastrofi non sono più viste come una punizione divina, bensì come eventi naturali che possono essere evitati o per lo meno mitigati.

L’esposizione lascia pure spazio all’introspezione. Il visitatore è confrontato alle proprie angosce. «Da sempre la catastrofe è stata descritta, pensata, filmata», spiega Alessia Fondrini, attorniata da decine di locandine di film catastrofici. «Asfissiati?», si legge su una tavola posta di fianco ad una televisione che trasmette immagini del film «Metropolis». «Affamati?», è la domanda abbinata a uno spezzone di «2022: I sopravvissuti». Ad ogni epoca le sue paure. «E voi? – leggiamo su una parete – Come vi immaginate la prossima catastrofe?».

swissinfo, Daniele Mariani, Ginevra

L’esposizione, inaugurata il 27 marzo 2007, rimarrà aperta fino al 6 gennaio 2008.

Può essere visitata ogni giorno dalle 10 alle 17, salvo il lunedì.

La mostra è organizzata nella sede di Conches del Museo di etnografia di Ginevra.

L’esposizione si articola in cinque sale, denominate «Delle parole per dirlo», «Proteggersi dalle sciagure», «La catastrofe annunciata e i giochi di potere», «Dare del senso e ricostruire», «Delle storie del futuro e della fine dei tempi».

L’esposizione «Scenario Catastrofe» si iscrive nel quadro del progetto «Può succedere di tutto!», organizzato dalla città di Ginevra.

L’idea di questo progetto, che si interroga sulla nozione di catastrofe, è nata in seguito allo tsunami che nel dicembre del 2004 ha colpito il sud-est asiatico e alla seguente ondata di solidarietà internazionale.

Il programma comprende esposizioni, forum, conferenze, feste, spettacoli… Le manifestazioni sono iniziate in gennaio e continueranno sino alla fine dell’anno.

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