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Okapi, la radio di tutti

Okapi ha dato voce a storie altrimenti destinate all'oblio swissinfo.ch

Nelle regioni remote del Congo, l'emittente nata dall'idea di alcuni giornalisti svizzeri è l'unico strumento per gridare, a tutto il paese, sofferenza e soprusi.

Per seguire da vicino il lavoro di Okapi in provincia, ci siamo recati nelle zone orientali dell’ex Zaire, dove la popolazione vive costantemente in un clima di insicurezza.

Durante la notte, nel campus dell’Istituto superiore pedagogico di Bukavu, nel Sud Kivu, è successo un grave fatto di sangue: uno studente è stato aggredito con asce e coltelli.

L’episodio è al centro della seduta mattutina della redazione locale di Radio Okapi. Dalle informazioni disponibili, non si può stabilire se si tratti di uno scontro tra fazioni rivali all’interno della comunità studentesca oppure di un attacco a sfondo razziale.

Assieme a Michel Cirimwami, giornalista sulla cinquantina originario della zona, ci rechiamo sul posto per saperne di più. Giunti nel cortile dell’istituto universitario, un centinaio di studenti si accalcano per esprimere la loro versione dei fatti. Sullo spiazzo di terra rossa, la carcassa arrugginita di un bus e lo scheletro di un camioncino senza ruote aspettano invano qualcuno che li rimuova.

Con fare pacato e amichevole, Michel interroga i presenti, spiegando che Okapi riporta esclusivamente i fatti, non le interpretazioni.

È la caratteristica dell’emittente finanziata dalla fondazione elvetica Hirondelle in partenariato con la Monuc, la Missione di pace dell’ONU nella Repubblica democratica del Congo. Sulle sue frequenze, massima obiettività e applicazione delle regole fondamentali del giornalismo.

La funzione del microfono

Nella minuscola camera del giovane assalito, la porta è sfondata e tracce di sangue macchiano il materasso. Secondo i vicini di stanza, il raid notturno è la conseguenza di disaccordi tra gruppi di studenti di etnia diversa.

Raccolta la testimonianza degli amici della vittima, Michel spiega che ora vuole incontrare coloro che invece sostengono gli autori dell’aggressione.

«È la funzione del microfono: raccogliere le dichiarazioni di tutte le parti coinvolte. Poi spetterà a chi ascolta la radio farsi un’opinione», dice. I presenti, poco abituati ad un giornalismo libero, ascoltano con interesse.

Giornalismo e civica

Di esperienza Michel ne ha parecchia: non per nulla, alla fine del 2002, è stato il primo ad essere assunto da Radio Okapi a Bukavu. Con le sue domande non si limita a chiarire la successione degli eventi, ma tenta di evidenziarne le possibili ripercussioni.

Vestendosi dei panni di un educatore, spiega ai ragazzi che per risolvere i problemi bisogna sostenere i moderati, non seguire gli estremisti. Michel sa bene di cosa parla: a Bukavu, nel 1994, ha visto con i propri occhi il dramma umano dei rifugiati che oltrepassavano la vicina frontiera ruandese per fuggire dal genocidio.

Un modo di agire, il suo, che raramente si associa alla professione del giornalista. Ma in un paese che non ha mai conosciuto la democrazia, qualche lezione di etica ci sta sempre bene.

La voce di tutti

A differenza della capitale Kinshasa – dove si trova la redazione centrale di Okapi – nelle province orientali del Congo abbondano i gruppi ribelli. Attirati dalle sue ricchezze minerarie, hanno imposto con fucili e maceti un clima di perenne paura.

Alle violenze e all’impunità, i giornalisti di Okapi si oppongono fornendo un’informazione libera. Con profonda convinzione e tanto coraggio: «Non abbiamo mai subito violenze, ma siamo confrontati a frequenti intimidazioni», dice a swissinfo Jean Baptiste Ntonga. A qualche collega di altre zone è invece andata peggio: picchiati o sbattuti in prigione per aver detto la verità.

Sulle frequenze di Okapi – la più ascoltata perché la più credibile – la gente della regione può far sentire la propria voce e ascoltare quella degli altri. Grazie anche ai veicoli della Monuc, Okapi può raggiungere zone remote, dove di giornalisti non se ne sono mai visti: gli abitanti di Ibanda, ad una cinquantina di chilometri da Bukavu, possono ora denunciare il clima di insicurezza a cui sono sottoposti e lanciare un appello alle autorità.

La stessa informazione ovunque

Terminate le interviste al campus universitario, non c’è tempo da perdere: il servizio sull’aggressione deve essere pronto prima delle 13. Sarà in effetti inserito nel radiogiornale trasmesso dalla sede centrale di Kinshasa, a vocazione nazionale.

In redazione, Michel ha pochi minuti per preparare audio e testo. Gli dà una mano la responsabile di Okapi Bukavu, Alexandra Brangeon, visibilmente seccata dal ritardo accumulato. Ci confida che molte delle sue energie sono consacrate a sollecitare i giornalisti (tutti congolesi) a rispettare i tempi. E a verificare periodicamente la qualità del loro lavoro.

Uno o due pezzi spediti alla capitale ogni giorno giustificano però la presenza di 10 giornalisti a Bukavu? Direi proprio di sì, risponde Alexandra. «Innanzitutto, i servizi devono essere tradotti nelle 4 lingue nazionali, siccome uno dei pilastri di Okapi è di fornire la stessa informazione in tutto il paese».

«Abbiamo inoltre un’ora di programmazione nostra in cui ci occupiamo della realtà regionale. A ciò si aggiungono altri contributi che forniamo settimanalmente a Kinshasa», sottolinea la dinamica collaboratrice francese, a Okapi da oltre un anno.

Ore 13: il sommario dell’attualità annuncia un servizio su un’aggressione all’istituto pedagogico di Bukavu. Alexandra tira un sospiro di sollievo.

La giornata è però ancora lunga: entro le 17 dovranno essere pronte le notizie d’attualità locale, l’approfondimento, il magazine e l’intervista con l’invitato del giorno.

swissinfo, Luigi Jorio, Bukavu

L’antenna di Okapi a Bukavu, nella provincia del Sud-Kivu, esiste dalla fine del 2002.
Come le altre sedi di Okapi, è finanziata dalla fondazione elvetica Hirondelle e dalla Missione di pace dell’ONU in Congo.
Vi lavorano 10 giornalisti, un capo redattore, un corrispondente e un tecnico.

Radio Okapi è nata nel febbraio 2002 per accompagnare il processo di transizione e di pace nella Repubblica democratica del Congo.

L’obiettivo della prima radio nazionale è di fornire un’informazione imparziale, fidata, rigorosa e professionale in un paese grande come l’Europa occidentale.

La sede principale si trova nella capitale Kinshasa: qui viene svolta gran parte della produzione (attualità, approfondimenti, dibattiti, musica, magazine), in francese e nelle 4 lingue nazionali.

8 antenne provinciali e 5 uffici si occupano dell’informazione specifica nelle singole province.

1885: la Conferenza di Berlino assegna il Congo al re del Belgio Leopoldo II.
1908: il paese è rinominato «Congo Belga».
30 giugno 1960: giorno dell’indipendenza.
1961: assassinio del primo ministro Patrice Lumumba, eletto democraticamente.
1965: il generale Mobutu sale al potere con un colpo di Stato.
1971: il paese è rinominato «Zaire».
1997: l’Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo sale al potere. Il suo leader, Laurent-Désiré Kabila, si proclama presidente della «Repubblica democratica del Congo».
2001: alla sua morte gli succede il figlio, Joseph Kabila, attualmente a capo del governo di transizione.
1996-2003: due conflitti armati causano la morte di 3,8 milioni di persone.
30 luglio 2006: elezioni presidenziali e legislative.

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