L'attore contro il Führer: il film di Charlie Chaplin "Il grande dittatore" è ancora d'attualità?
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Sono un produttore di Visual Storytelling specializzato in produzioni multimediali di lunga durata e a puntate. Collaboro con i giornalisti per migliorare gli strumenti e i flussi di lavoro nelle varie lingue, garantire la conformità allo stile dei contenuti e guidare la ricerca e l'implementazione di tecniche visive innovative.
Nato in Italia e cresciuto in Africa, ora chiamo casa la Svizzera. Ho studiato regia alla Scuola Nazionale di Cinema e ho lavorato come montatore e regista/produttore di documentari a Berlino e Vienna. Sono specializzata nella creazione di narrazioni multimediali coinvolgenti.
Mi occupo di relazioni internazionali, con particolare attenzione alla Svizzera, conduco inchieste giornalistiche e conduco interviste molto personali su argomenti impegnativi.
Oltre 25 anni di attività giornalistica. Laureata presso la Facoltà di Giornalismo dell'Università Statale di Mosca e presso l'Istituto della Stampa Francese di Parigi. Ex conduttrice televisiva e radiofonica in Francia e in Russia. Sono un'autrice e una documentarista che ha intervistato presidenti e rockstar.
Quarantacinque anni fa, il 25 dicembre 1977, moriva a Corsier-sur-Vevey, nella Svizzera francese, uno degli uomini più famosi del mondo: Charlie Chaplin.
Ha vissuto per 25 anni nella Confederazione, dove si era rifugiato per sfuggire al maccartismo, all’FBI e ai giornalisti americani, che avevano visto di cattivo occhio il suo film “Il grande dittatore” e avevano iniziato a perseguitare il suo autore.
Chaplin ha avuto l’idea di un film su Adolf Hitler nel 1937, due anni prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale e quattro anni prima che gli Stati Uniti entrassero nel conflitto. Non ha potuto contare su un grande sostegno: gli americani, così come gli inglesi, avevano a lungo considerato la Germania nazista come un baluardo contro il comunismo.
L’importante per Charlie Chaplin negli anni Quaranta era non rimanere in silenzio, doveva protestare e farsi notare. Tuttavia, dopo la guerra ha dichiarato più volte che non avrebbe mai realizzato il film se avesse saputo dell’orrore dei campi di concentramento.
È possibile osservare la realtà attraverso il prisma della sua opera?
Per trovare la risposta a questa domanda, siamo andati a Corsier-sur-Vevey, dove oltre al Maniero de Ban, che fu la casa di Chaplin, si trova anche il “Chaplin’s WorldCollegamento esterno“, realizzato insieme al Museo Grévin.
Eugène Chaplin, figlio di Charlie Chaplin, Béatrice de Reyniès, direttrice del Chaplin’s World, e Anton Doline, giornalista e critico cinematografico russo (che ha lasciato la Russia dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina), forniscono la loro analisi.
Traduzione dal francese di Luigi Jorio
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