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Tunisia, l’allieva rinnegata della democrazia svizzera

Al mercato di Tunisi, aprile 2022. Keystone / Mohamed Messara

Chi ama la democrazia oggi non può che soffrire guardando alla Tunisia. Il presidente Kaïs Saïed sta calpestando i diritti popolari conquistati al prezzo di dure lotte. Rimane ben poco del sostegno dato dalla Svizzera alla democratizzazione del Paese, tranne forse il coraggio delle donne, che non vogliono più chinare la testa.

Dove si trova la Tunisia guidata dal presidente Kaïs Saïed? Sulla via del declino. La politologa Monica MarksCollegamento esterno, specialista della nazione nordafricana, parla di “un’ex democrazia sganciata da ogni parvenza di ordine costituzionale, avviata a tutta velocità sull’autostrada di Saïed verso una rigida autocrazia.”

Kais Saïed. Copyright 2019 The Associated Press. All Rights Reserved.

Dopo la primavera araba e la destituzione di Ben Ali, che era stato l’uomo forte del Paese per 23 anni, la giovane democrazia tunisina faceva ben sperare. Era partita da qui l’ondata di proteste che aveva investito buona parte del mondo arabo, ma solo la Tunisia era riuscita a compiere una vera svolta verso la democrazia.

Ora le speranze sono esigue. Alla fine di marzo Saïed ha sciolto il Parlamento, l’ultimo baluardo che tentava di impedire al presidente di continuare a governare per decreto. Saïed usa questo strumento fin da quando, nel luglio 2021, ha sospeso con un colpo di mano la costituzione democratica entrata in vigore nel 2014. In quel momento il Paese era in preda alla pandemia e il popolo lo ha dapprima sostenuto.

Ordini di arresto contro deputati scomodi

Nelle ultime settimane è diventato particolarmente evidente in che misura Saïed abbia abbandonato i principi dello stato di diritto. Il presidente ha emanato ordini di arresto contro deputati a lui sgraditi, eletti democraticamente, con l’accusa di “associazione criminale”. Alla fine di aprile ha inoltre esautorato la commissione elettorale, sostituendone i membri con persone a lui fedeli.

Una donna protesta contro il presidente Saïed a Tunisi, aprile 2022. Copyright 2022 The Associated Press. All Rights Reserved.

In questo modo potrà tener fede alla sua promessa di organizzare nuove elezioni in dicembre. Difficilmente vi parteciperanno partiti o candidati ostili al presidente. In meno di un anno Saïed ha trasformato una democrazia in un’autocrazia. Già lo scorso anno, prima delle drastiche misure di questa primavera, nella classifica delle democrazie della rivista Economist la Tunisia aveva perso 21 posizioni.

170 milioni di franchi per la democrazia

Proprio la Tunisia! Dopo le rivolte del 2011, la Svizzera aveva accompagnato con numerosi progetti il processo di transizione politica in Nordafrica, sempre con l’obiettivo di favorire la democrazia, come postula anche la costituzione elvetica.

La Confederazione ha sostenuto con 4,1 milioni di franchi svizzeri anche l’organizzazione di elezioni, tra cui quelle parlamentari e presidenziali del 2019 che hanno consegnato una vittoria schiacciante a Saïed. L’ex professore di diritto costituzionale è stato eletto grazie alla promessa di combattere la corruzione. Molte persone ci hanno creduto.

La Consigliera federale Simonetta Sommaruga visita Tunisi, ottobre 2017. © Keystone / Anthony Anex

Una priorità esplicita dell’impegno svizzero in Tunisia, del valore complessivo di 170 milioni di franchi, era anche il rafforzamento del ruolo delle donne in politica. La situazione di partenza era buona. Nelle elezioni comunali, il Paese maghrebino aveva imposto una quota del 50% di donne. Degli oltre 53’000 candidati del 2018, la metà erano donne.

Oggi, otto anni dopo le prime elezioni comunali libere nel mondo arabo, la delusione non riguarda solo le grandi linee della politica nazionale. Anche a livello locale appare difficile difendere quanto raggiunto.

Per capire come si stanno evolvendo le cose, abbiamo incontrato alcune donne elette in posizioni di potere in comuni di varie dimensioni. 

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La prima tappa è Kasserine, nella parte centro-occidentale del Paese. Hayet Hlimi ci accoglie in uno dei pochi caffè aperti a uomini e donne. Fa parte del consiglio del quartiere “Cité Ennour”, uno dei più poveri della città. 

Hayet Hlimi è stata presa a schiaffi durante la seduta del consiglio. swissinfo.ch

Hlimi è cresciuta nel quartiere, nel 2018 era la principale candidata dell’allenza di sinistra Front Populaire. Il consiglio è formato da 24 persone, di cui 10 donne, compresa la sindaca del comune.

La “semente cattiva”

Kasserine è anche uno dei governatorati più poveri della Tunisia. Con una quota di disoccupati del 45%, la regione è diventata il simbolo del divario sociale tra le zone costiere più ricche e il centro povero del Paese. Questo territorio ha sofferto più di altri a causa dell’abbandono, della corruzione e della repressione che gravavano sul Paese negli anni della dittatura dell’ex presidente Ben Ali. La caduta del regime è stata accolta qui con particolare euforia. Ma le promesse di riparazione sono state disattese. La regione non ha fatto passi avanti in termini di sviluppo e benessere.

Hlimi racconta di essere stata presa di mira dagli uomini fin dalla prima seduta del consiglio. Parlavano di lei come della “semente cattiva che contagerà tutte le altre”. Secondo i suoi critici si immischiava troppo nelle attività dell’amministrazione. “Dicevano che ero al posto sbagliato, che trascuravo la casa e i bambini”, racconta. “Ma ho continuato a mettere il naso in tutti i dossier.”

“I membri del consiglio cittadino non hanno molti spazi di manovra, ma continuiamo a denunciare la corruzione e la cattiva gestione della cosa pubblica da parte dell’esecutivo”, nota Hlimi.

Un giorno, un altro membro del consiglio l’ha schiaffeggiata e offesa durante una seduta. Lei ha sporto denuncia. “Naturalmente non ricevo alcun appoggio da chi mi dovrebbe difendere, ma non mi arrendo.” Hlimi continua a sperare che il suo aggressore risponda un giorno dei sui atti.

Disastro economico

Dalla sua elezione ha inoltrato nove reclami contro l’esecutivo e l’amministrazione della città e ha ottenuto un piccolo successo: le strade di un intero quartiere hanno ricevuto il nome di donne tunisine famose. Era un suo progetto e Hayet Hlimi ne è fiera. Tutto questo sembra però appartenere a un’altra epoca. La situazione generale ha subito un radicale peggioramento, non solo sul piano politico.

L’economia tunisina è sull’orlo del baratro. Gli Stati Uniti hanno ridotto i loro aiuti finanziari e non intendono riaprire i rubinetti se il presidente Saïed non torna alla democrazia. L’UE finora non ha osato compiere un passo del genere: la Tunisia è troppo importante per contenere i flussi migratori e per il passaggio del gas algerino diretto in Europa. Se l’UE sanzionasse il regime di Saïed, anche la Svizzera dovrebbe porsi l’imbarazzante domanda se punire il suo allievo nel Maghreb in materia di democrazia.

Il cibo scarseggia: protesta di strada con pane e pasta a Tunisi, marzo 2022. Keystone / Mohamed Messara

Il Paese risente inoltre i contraccolpi dell’aggressione russa all’Ucraina. Già durante la pandemia il prezzo del grano era raddoppiato. Ora però, scarseggia davvero ed è diventato ancora più caro, al pari di greggio, zucchero, olio alimentare e medicinali, tutti prodotti di uso quotidiano.

Finora il governo di Saïed è intervenuto con fondi statali per calmierare il prezzo del pane. Ma l’operazione diventerà sempre più ardua, a fronte di un’inflazione ormai all’8%. I soldi della Tunisia non bastano più per pagare gli interessi del debito estero e dare al popolo quanto necessario perché non dilaghi il malcontento. Il presidente in ogni caso non può più contare su un ampio sostegno popolare, dopo essersi rimangiato le promesse di un aumento dei salari del personale nel settore pubblico e di maggiori finanziamenti per la formazione, le infrastrutture e la salute.

La rivolta degli uomini

Boughara è un villaggio nel deserto sulla costa meridionale della Tunisia. È la seconda tappa del nostro viaggio. L’economia locale poggia ancora sulla pesca e sull’agricoltura. In questa regione molto tradizionale, dove le donne rimangono nascoste all’interno delle case di argilla tinteggiate di bianco, la 25enne Dalel Atig ha scritto una pagina di storia locale. È la prima sindaca donna. Ma le cose non sono sempre state facili per lei. “Subito dopo la mia elezione, i membri più anziani del consiglio non hanno più partecipato alle sedute per protesta”, dice.

“Ho rotto un tabù”: la sindaca Dalel Atig. swissinfo.ch

Consideravano umiliante essere presieduti da una donna, oltretutto così giovane. Hanno perciò organizzato delle controsedute nel caffè di fronte al municipio. I funzionari dell’amministrazione cittadina si sono rifiutati di obbedire alla sindaca. Oggi però la maggioranza degli impiegati, dei consiglieri e della cittadinanza è dalla sua parte, afferma Dalel Atig. “Ho violato un tabù e continuo a mettere in discussione i luoghi comuni sulla divisione dei compiti tra uomo e donna.” Fra i suoi successi c’è la creazione di un parco pubblico sicuro per le donne e il trasferimento del mercato settimanale in un luogo più facilmente accessibile per le donne.

La rivoluzione di Tunisi

Anche Emna Bouaziz, sindaca del quartiere Gremda a Sfax, la seconda maggiore città della Tunisia, si è scontrata con forti ostilità. 

“Non riguarda solo me”: Emna Bouaziz. swissinfo.ch

Nonostante numerose denunce alle autorità, continua a essere minacciata e insultata nelle reti sociali da uomini che non accettano di vedere una donna in una posizione di potere. “Le autorità non si muovono, nonostante tutte le prove raccolte, non arrestano nessuno”, dice la sindaca. È una cosa che le fa male. “Non riguarda solo me, ma anche il ruolo delle donne nella partecipazione politica locale.”

“La nostra risposta sono i risultati”, afferma la sindaca di Tunisi Souad Abderrahim. swissinfo.ch

L’ultima tappa è la metropoli Tunisi, dove incontriamo la prima sindaca della città, Souad Abderrahim. La sua elezione nel 2018 ha fatto scalpore: era la prima donna a capo dell’amministrazione di una grande città nel mondo arabo. A Tunisi la carica era sempre stata occupata da un rappresentante maschio delle famiglie aristocratiche cittadine. Soaud Abderrahim dice: “La nostra sola risposta a tutti gli attacchi è il nostro lavoro. E i risultati concreti che migliorano la vita quotidiana delle persone”.

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