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Carne coltivata: rivoluzione o fumo negli occhi?

foto Christoph Mayr e socio di Mirai Foods
I co-fondatori della start-up svizzera Mirai Foods, Christoph Mayr (a sinistra) e Suman Das, reggono il siero utilizzato per la crescita e la riproduzione delle cellule staminali prelevate da animali vivi. Da due grammi di cellule è possibile ottenere 1'000 tonnellate di carne. Illustration: swissinfo.ch / Helen James / Mirai Foods
Serie Cibo del futuro, Episodio 5:

A Singapore sono già in vendita crocchette di pollo coltivate in laboratorio. In Svizzera, una start-up sta lavorando su bistecche e filetti di manzo coltivati. Sebbene questa tecnologia permetta di produrre 1’000 tonnellate di carne da un solo grammo di cellule, rimangono molti interrogativi sulla sua sicurezza e impronta ecologica.

Nel 2020, Singapore è stato il primo Paese al mondo ad autorizzare il commercio di crocchette di pollo realizzate coltivando cellule animali – una tecnica che non necessita di occupare ettari di superficie agricola, somministrare antibiotici o macellare milioni di animali.

Essendo uno dei Paesi più urbanizzati e con meno superficie coltivabile al mondo, la città-stato ambisce ad aumentare la produzione alimentare interna dal 10% al 30% entro il 2030, anche se ciò significa produrre il cibo in laboratorio. Le bistecche e i filetti di manzo sviluppati artificialmente da una start-up svizzera potrebbero essere i prossimi prodotti a comparire sui piatti singaporiani.

Non sono mai stata a Singapore ma forse non dovrò attendere a lungo per testare personalmente i frutti prodigiosi della tecnologia alimentare: è possibile che la carne coltivata (nota anche come carne sintetica o in vitro) arrivi anche in Svizzera tra meno di tre anni.

Questa tecnologia potrebbe contribuire a ridurre l’impatto ambientale della produzione di carne da animali d’allevamento, soprattutto in Svizzera, dove si consumano ben 51 kg di carne pro capite all’anno. Potrebbe anche alleviare le preoccupazioni del Governo elveticoCollegamento esterno in materia di sicurezza alimentare, dal momento che le coltivazioni sono minacciate dal cambiamento climatico e i mangimi per il bestiame sono diventati limitati e più costosi a causa della guerra in Ucraina. Ma prima di giungere sui nostri piatti, la carne in vitro dovrà superare numerose sfide, dai costi molti alti alle rigide normative europee. 

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Bistecche senza sofferenza

“Produciamo carne vera, senza dover allevare animali interi per 18 o 24 mesi o macellarli”, afferma Christoph Mayr di Mirai Foods, la prima azienda svizzera impegnata nella coltivazione della carne. Al telefono, Mayr parla con la voce grave e sicura di un imprenditore esperto ultracinquantenne. In realtà, di anni ne ha 37 e prima era un ingegnere industriale. Mi racconta che non gli piace il sapore delle alternative vegetali alla carne e che la lunga lista degli ingredienti non lo ha mai convinto. Anche questo lo ha spinto a concentrarsi sulle colture cellulari. La start-up, che Mayr ha fondato vicino a Zurigo nel 2019, si sta preparando a lanciare la sua carne di bovino “di qualità svizzera” a Singapore nel 2023. “Lì il processo per ottenere le autorizzazioni è più veloce”, afferma Mayr.

hamburger coltivato in laboratorio
Gli scienziati e le scienziate stanno lavorando alla coltivazione di diversi tagli di carne, dal filetto alla bistecca. Nella foto: hamburger di manzo coltivato in laboratorio dalla start-up svizzera Mirai Foods. Mirai Foods

Nell’Unione europea (UE), la procedura per valutare la sicurezza e la validità nutrizionale della carne coltivata è disciplinata dal rigido regolamento sui nuovi alimentiCollegamento esterno e richiede almeno 18 mesi. Anche la Svizzera adotta questa normativa. Mayr, che spera di poter entrare nel mercato europeo entro il 2025, ritiene che la Svizzera sia un buon banco di prova per i suoi prodotti, perché è piccola e la popolazione è disposta a pagare per la qualità e la tutela dell’ambiente.

L’entusiasmo di Mayr ha già contagiato diversi investitori svizzeri ed europei, attivi nei settori della biotecnologia, della tecnologia alimentare e dell’immobiliare. Nel 2021, l’azienda ha comunicato che il suo capitale è passato da 2,4 a 4,5 milioni di dollari, ma nel confronto globale è ancora un pesce piccolo: gli investimenti nel settore sono più che raddoppiati, passando da 410 milioni di dollari nel 2020 a 1,36 miliardi di dollari nel 2021.

Processi produttivi complessi e costosi

Ma le difficoltà che aziende come Mirai devono affrontare sono ancora molte. Una volta raccolte le cellule staminali tramite biopsia da mucche vive o da un pezzo di carne fresca, vengono isolati diversi tipi di cellule (ad esempio cellule muscolari e grasse). Le cellule vengono poi inserite in un macchinario chiamato bioreattore, dove crescono e si riproducono. Tale tecnologia utilizza i principi molto complessi della coltivazione delle cellule e dell’ingegneria dei tessuti, sviluppati nell’industria farmaceutica per creare anticorpi, vaccini e organi artificiali. Questo rende la produzione molto costosa. “Le persone sono disposte a pagare fino a 10’000 franchi svizzeri per un rene sostitutivo, ma non per un pezzo di carne”, afferma Mayr.

La coltivazione della carne in laboratorio richiede anche un notevole dispendio di energia, perché è necessario mantenere una temperatura costante di 37 gradi all’interno del bioreattore per consentire alle cellule staminali di proliferare.

Quando le cellule si sono riprodotte, vengono distribuite su degli “stampi” (chiamati “scaffold”) per stimolarle a differenziarsi in tessuti connettivi, muscoli e grassi. A questo punto, le cellule possono essere combinate per formare il taglio di carne desiderato, come una bistecca o un filetto.

Infografica processo coltivazione carne in laboratorio
Kai Reusser / swissinfo.ch

Mayr ammette che rendere il processo economico e riproducibile su larga scala è ancora una sfida. Fino a poco tempo fa, il mezzo più comunemente usato per le colture cellulari era il siero fetale bovino (FBS), un sottoprodotto dell’industria della carne che proviene dalla macellazione ed è molto costoso.

L’imprenditore afferma che il suo team ha dovuto lavorare a lungo per creare in laboratorio un siero nutrizionale ricco delle sostanze di cui le cellule hanno bisogno per crescere e proliferare – come amminoacidi, vitamine, minerali, zuccheri, ormoni e lipidi – ma innocuo per gli animali e almeno in parte più economico. L’azienda non ha tuttavia specificato se il suo siero sia privo di componenti animali.

Come Mirai, altre aziende nel settore hanno affrontato questa sfida. Migros, uno dei concorrenti di Mirai sul mercato svizzero, ha investito nell’azienda israeliana Aleph Farms, che utilizza tecniche di fermentazione per sostituire le proteine presenti nel siero bovino. La società statunitense Eat Just, che produce le crocchette di pollo vendute a Singapore, ha sviluppato alternative sintetiche al siero animale. Grazie a ciò, le crocchette, che prima costavano 50 dollari al pezzo, ora costano 23 dollari a porzione. Tuttavia, l’azienda ha dichiarato di essere ancora lontana dalla produzione di massa e dal generare profitti.

Sicurezza e sostenibilità ancora in dubbio

Mayr è convinto che questi ostacoli possano essere superati a breve termine perché la tecnologia che permette di trasformare le cellule in carne si sta evolvendo rapidamente: da un grammo di cellule si possono ottenere 1’000 tonnellate di carne, afferma.

Nonostante l’ottimismo di chi opera del settore, alcuni studi hanno messo in dubbio la sostenibilità e la sicurezza delle tecnologie di coltivazione. L’allevamento di bovini, suini e polli produce gas serra, ma anche le macchine utilizzate per la coltivazione della carne. Nel 2019, ricercatori e ricercatrici dell’Università di Oxford hanno previsto che l’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili per produrre carne in bioreattori potrebbe avere, a lungo termine, un impatto più pesante sul clima rispetto alla carne di allevamento.

impronta carbonica carne coltivata - grafico
Kai Reusser / swissinfo.ch

Mentre le mucche emettono metano, che rimane nell’atmosfera per 12 anni, la coltivazione di cellule emette CO2 che si accumula per millenni, si legge nello studioCollegamento esterno. Tuttavia, il vero impatto della carne coltivata sulle emissioni di gas serra rimane controverso: altre ricercheCollegamento esterno mostrano risultati più positivi.

Uno studioCollegamento esterno francese, inoltre, ha messo in guardia dal rischio di contaminazione batterica in bioreattori non del tutto sterili, soprattutto quando si aumenta la produzione, e dalla moltiplicazione cellulare anomala, simile a quella delle cellule tumorali. Un altro punto debole è l’assenza di norme chiare sulla composizione nutrizionale di queste carni e sull’aggiunta di micronutrienti come il ferro.

Anche l’accettazione da parte dei consumatori e delle consumatrici è un tasto dolente. Un’indagineCollegamento esterno condotta su oltre 6’000 partecipanti in dieci Paesi ha dimostrato che le persone sono disgustate dall’idea che la carne sia prodotta in un bioreattore. “La carne coltivata è percepita come innaturale”, afferma Michael Siegrist, professore di comportamenti di consumo presso il Politecnico federale di Zurigo (ETHZ), il principale autore dello studio.

Una rivoluzione ancora lontana

La rivoluzione della carne coltivata non sembra essere dietro l’angolo: anche se le crocchette di pollo e le bistecche di manzo realizzate in laboratorio dovessero arrivare nei negozi, resterebbero prodotti di nicchia o addirittura di lusso. Per rifornire anche solo il 10% del mercato della carne sarebbe necessaria la costruzione di migliaia di fabbriche con centinaia di bioreattori in funzione contemporaneamente, secondo un’analisi del Good Food InstituteCollegamento esterno, un’organizzazione no-profit che promuove proteine alternative come la carne vegetale e coltivata. 

La scienziata alimentare del Politecnico federale di Zurigo (ETHZ) Iris Haberkorn sostiene che sarà difficile abbassare i costi per rendere la carne coltivata un’alternativa commercialmente valida. “Vedo un potenziale maggiore in altre tecnologie”, afferma. Haberkorn fa l’esempio delle microalghe, una possibile fonte di proteine alternative che la scienziata sta studiando a Singapore in un nuovo laboratorio dell’ETHZ .

Ma Mayr è irremovibile: crede che prima o poi i prezzi scenderanno e la carne coltivata arriverà sugli scaffali della grande distribuzione a prezzi competitivi. “La volontà politica di cambiare il modello tradizionale di produzione della carne si sta rafforzando”, afferma.

Immagino ettari di bioreattori d’acciaio al posto dei prati svizzeri e delle mucche al pascolo e mi assale un senso di angoscia. Ma se questo servisse finalmente a mettere a freno la nostra fame cronica di carne?

A cura di Sabrina Weiss


Il mio viaggio attraverso le tecnologie alimentari del futuro finisce qui, per ora!

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