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Come la Cina cerca di scavalcare i produttori di cioccolato svizzeri in Africa

fave di cacao
Addetti svuotano dei sacchi di fave di cacao in una fabbrica di cioccolato ad Abidjan, in Costa d'Avorio. Keystone / Legnan Koula

Nel tentativo di accaparrarsi una fetta più grande della torta di cioccolato, i produttori di cacao in Costa d'Avorio e Ghana guardano verso la Cina per ottenere finanziamenti e un nuovo mercato. La strategia potrebbe rappresentare una minaccia per la fornitura di materie prime e i margini di profitto dell'industria svizzera del cioccolato.

Nonostante la pandemia di Covid-19, nel settembre dello scorso anno delle personalità in abiti eleganti e vestiti tradizionali ivoriani si sono riunite su un sito industriale alla periferia di Abidjan. Erano lì per vedere il presidente della Costa d’Avorio Alassane Ouattara posare la prima pietra di una fabbrica di cacao che sarà in grado di trattare 50’000 tonnellate di fave all’anno. Secondo un comunicato stampa ufficiale, l’inaugurazione ha segnato “un nuovo capitolo” nella storia del cacao del Paese dell’Africa occidentale.

Invece di vendere i semi di cacao a ditte straniere che si occupano del commercio e della lavorazione – come la svizzera Barry Callebaut – la nuova fabbrica permetterà alla Costa d’Avorio di fare più soldi lavorando le fave sul posto e vendendo “cacao a valore aggiunto”. La Costa d’Avorio mira a poter trattare l’intero raccolto di fave di cacao entro il 2025; attualmente ne trasforma circa il 35% entro i suoi confini.

gente attorno a una pietra su un piedistallo
Cerimonia per la posa della prima pietra dello stabilimento di lavorazione del cacao ad Anyama, nei pressi della capitale Abidjan. President’s office

Investimenti cinesi

Il progetto ivoriano di lavorazione del cacao comprende anche un’altra fabbrica di dimensioni e capacità simili nella città portuale di San Pedro, a ovest di Abidjan. L’investimento sarà finanziato da un prestito dalla Cina di 216 miliardi di franchi CFA (389 milioni di dollari). Del contratto fanno parte anche due magazzini con una capacità totale di 300’000 tonnellate, che saranno utilizzati per conservare i semi di cacao, allo scopo di venderli ad un prezzo ottimale quando la domanda è alta.

La Costa d’Avorio non è l’unico Paese a rivolgersi alla Cina per incrementare le entrate generate dal cacao. Nel settembre 2019, il vicino Ghana ha firmato un memorandum d’intesa con il conglomerato statale cinese China General Technology Group (Genertec) per la costruzione di un impianto di lavorazione del cacao a Sefwi Wiawso, nella parte occidentale del Paese. La fabbrica sarà gestita da Cocobod, l’ente nazionale di regolamentazione del cacao, e da Genertec. La fabbrica dovrebbe costare circa 100 milioni di dollari e aumenterà la quota di cacao lavorato in Ghana dal 15% al 25%.

due uomini e una donna sorridono mentre guardano un dipinto su carta cinese
Cerimonia per la firma di un memorandum d’intesa per la costruzione di un nuovo stabilimento di lavorazione del cacao in Ghana. Cocobod

Nuova strategia

Il riorientamento verso gli investimenti cinesi e l’abbandono della pratica di fornire cacao non lavorato ad acquirenti occidentali – come Barry Callebaut, Olam e Cargill – sono una mossa strategica.

La pandemia di Covid-19 ha fatto calare la domanda di cioccolato nei principali mercati in Europa e negli Stati Uniti. La decisione, l’anno scorso, di introdurre un sovraprezzo di 400 dollari per tonnellata di cacao a beneficio degli agricoltori (il cosiddetto Living Income Differential o differenziale di reddito) è stata quindi inopportuna, e la Costa d’Avorio ha dovuto offrire sconti per vendere le scorte esistenti, una mossa che di fatto ha azzerato le entrate dovute alla tassa. Si prevede che l’Africa occidentale aumenterà la produzione di cacao nei prossimi mesi grazie a condizioni meteorologiche favorevoli, il che farà abbassare ulteriormente i prezzi.

“La produzione di cacao in Costa d’Avorio e Ghana dovrebbe raggiungere volumi senza precedenti”, ha avvertito l’Organizzazione internazionale del cacao nel suo ultimo rapporto mensile. Nella stagione 2016-2017, un surplus dovuto al bel tempo combinato con una domanda debole avevano portato ai prezzi più bassi in un decennio.

È chiaro che di fronte a un’eccedenza produttiva e a una bassa domanda globale, la Costa d’Avorio e il Ghana devono intervenire per ottenere prezzi decenti per il loro cacao. Entrambi stanno puntando sull’offerta di prodotti semilavorati di cacao che comportano prezzi di vendita più alti delle fave. Ciò potrebbe potenzialmente raddoppiare le loro entrate derivanti dall’esportazione.

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Anche l’Africa occidentale è desiderosa di vendere cacao lavorato al mercato cinese e sembra che l’auspicio sia reciproco. Come parte dell’accordo sul cacao, la Cina otterrà un accesso preferenziale all'”oro marrone” della Costa d’Avorio, con il 40% della produzione delle due fabbriche riservato alle aziende cinesi. L’ente ivoriano per il cacao aprirà anche un ufficio marketing in Cina per promuovere la sua offerta.

Anche se il consumo pro capite di cioccolato in Cina è basso (meno di 100 g all’anno), il fatturato delle aziende svizzere in quest’area è cresciuto. I volumi delle vendite di Barry Callebaut nell’area dell’Asia-Pacifico (che include la Cina) sono aumentati del 7,4% nel 2019-2020, quando a livello globale c’è stato un calo del 2%. Da parte sua, Lindt & Sprungli ha registrato nel 2020 una crescita organica del fatturato del 10,1% in Cina, a fronte di una contrazione globale del 6,1%.

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Prezzo da pagare

Come la maggior parte degli attori globali, la Cina usa prestiti e progetti infrastrutturali per accrescere la sua influenza e l’accesso a nuovi mercati. In passato, la Cina ha anche utilizzato il cacao come garanzia di rimborso negli accordi infrastrutturali. È probabile che la sua quota di 40’000 tonnellate di cacao all’anno trattate nei nuovi impianti di lavorazione in Costa d’Avorio verrà considerata come garanzia per il prestito. La Cina ha rivendicato una quantità simile di cacao dal Ghana dal 2006 al 2013 come garanzia per un prestito per la costruzione della diga di Bui.

I prestiti dalla Cina sono anche solitamente legati all’uso di beni e servizi cinesi. Per esempio, il contratto per tutti i lavori di costruzione degli impianti di trasformazione e dei magazzini andrà alla China Light Industry Design Engineering Company (una filiale della China Haisum Engineering). Secondo quanto riportato dal quotidiano di lingua francese Africa Intelligence, l’ente ivoriano che si occupa del cacao si è lamentato del contratto cinese affermando di non avere accesso al cantiere. L’organo vuole che le imprese locali siano coinvolte nella costruzione e ha chiesto al presidente Ouattara di intervenire.

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Concorrenza e meno materie prime per la Svizzera

Se la nuova strategia del Ghana e della Costa d’Avorio per la produzione di prodotti finiti a base di cacao avrà successo, i due Paesi saranno in concorrenza diretta con le aziende svizzere che si occupano del commercio e della lavorazione del cacao come Barry Callebaut, in particolare in Cina.

L’azienda elvetica ha investito costantemente in Cina – anche per creare una cultura del cioccolato attraverso il marketing – per oltre un decennio. Ha una fabbrica locale e un ufficio commerciale a Suzhou, oltre a tre uffici commerciali e Accademie del cioccolato (dove oltre 5’000 artigiani cinesi sono stati formati alla preparazione del cioccolato) a Shanghai, Pechino e Shenzhen. Contattata da SWI swissinfo.ch, Barry Callebaut non ha voluto commentare l’impatto che questo avrà sui suoi risultati.

A causa dell’intenzione del Ghana e della Costa d’Avorio di lavorare più cacao a livello locale, le aziende straniere potrebbero faticare maggiormente ad approvvigionarsi di fave di cacao, e ciò inciderà negativamente sulle filiere svizzere e sui margini di profitto. Con meno materie prime disponibili dall’Africa occidentale, i produttori di cioccolato come Nestlé e Lindt potrebbero dove pagare prezzi più alti per materie prime quali il burro di cacao. Un costo extra che verosimilmente ripercuoteranno sui consumatori.

Attualmente, Nestlé acquista il 46% del suo cacao grezzo dal Ghana e dalla Costa d’Avorio, mentre il Ghana è la “principale origine delle fave di cacao” di Lindt & Sprungli.

Nuove opportunità?

La strategia ghanese e ivoriana per la creazione di valore aggiunto potrebbe comunque comportare anche opportunità per le aziende elvetiche. In giugno, l’azienda svizzera Bühler, produttrice di attrezzature per la lavorazione degli alimenti, ha firmato un accordo con l’ente ghanese per il cacao per sostenere la formazione e lo sviluppo dei prodotti e per fornire assistenza tecnologica. Interpellata da SWI swissinfo.ch, Bühler non ha voluto commentare il valore di questa collaborazione.

Il 22 giugno, durante la cerimonia di firma dell’accordo, il CEO dell’ente ghanese per il cacao Joseph Boahan Aidoo ha detto che il coinvolgimento dell’azienda svizzera sarà parte del “passaggio [del Paese] dalla produzione tradizionale alla produzione moderna del cacao”.

Aidoo ha anche chiesto il sostegno bilaterale della Svizzera durante la visita ufficiale in Ghana della ministra di giustizia Simonetta Sommaruga. Ha incoraggiato la Confederazione a trarre ispirazione dalla Cina, rafforzando i suoi legami economici con il Ghana attraverso dei partenariati che permetterebbero la produzione di cacao lavorato o semilavorato per il mercato internazionale.

Traduzione dall’inglese: Luigi Jorio

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