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La Svizzera abbandona l’Iniziativa di Ginevra, ma per quale alternativa?

Gerusalemme est
La zona di Gerusalemme est è molto contesa. Nella foto del 2007, il quartiere di Har Homa, che sovrasta la città di Betlemme, in Cisgiordania. 2007 Getty Images

La Svizzera, dopo 20 anni, ha voltato la pagina dell'Iniziativa di Ginevra, una proposta di soluzione del conflitto israelo-palestinese. Il Paese ritiene che il contesto politico internazionale sia cambiato radicalmente e che sia arrivato il momento di adottare un altro approccio, "più innovativo ed efficace".

L’Iniziativa di Ginevra, finalizzata a titolo privato nel 2003 da negoziatori delle due parti su impulso dell’accademico svizzero Alexis Keller,  doveva essere la soluzione definitiva al conflitto in Medio Oriente, o perlomeno una prima tappa verso una soluzione.

“È stata la prima iniziativa del suo genere a proporre qualcosa di concreto per risolvere il conflitto israelo-palestinese”, ricorda Mohamed Chérif, ex corrispondente a Ginevra per SWI swissinfo.ch che aveva seguito l’evento.

Nessun impatto sul terreno

Il 2003 è l’anno in cui gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq. È anche l’anno in cui la seconda intifada palestinese ha raggiunto il suo apice. Il movimento di violenza in cui i palestinesi affrontano i soldati israeliani con lanci di pietre e attentati suicidi è iniziato dopo il fallimento degli accordi di Camp David nel 2000. In rappresaglia, Israele ha bombardato l’Autorità palestinese a Gaza e in Cisgiordania.

Anche Alexis Keller ricorda l’ottimismo con cui era stata accolta l’Iniziativa, la cui idea era nata a Ginevra nel 2001, per essere concretizzata ad Amman, in Giordania, due anni e mezzo più tardi. “C’era un’atmosfera di rispetto e riconoscenza reciproca tra le due parti, alimentata da una gioia genuina e dalla sensazione di aver scritto la Storia”, ci racconta.

Tuttavia, vent’anni dopo, bisogna constatare che l’Iniziativa di Ginevra non ha avuto nessun impatto sul terreno: le colonie israeliane abbondano e i due Paesi sono impantanati in un conflitto strisciante che fa quasi quotidianamente vittime. La Svizzera ha dunque ora annunciato che non finanzierà l’iniziativa dopo il 2023.

È una decisione sorprendente agli occhi di Keller, il quale afferma che l’Iniziativa “resta il modello più riuscito della soluzione dei due Stati”, aggiungendo che “oltretutto, il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) non ha annunciato nessuna alternativa concreta”.

L’Iniziativa di Ginevra è il risultato del lavoro dell’accademico ginevrino Alexis Keller e del padre, ex diplomatico e banchiere. I due si sono impegnati personalmente e finanziariamente nel processo di negoziazione che si è svolto spesso nello chalet di famiglia nelle Alpi bernesi a partire dal gennaio 2001.

Quasi due anni più tardi, il 12 ottobre 2003, gli sforzi sfociano in un testo di quasi 100 pagine firmato in Giordania da Yossi Beilin, ex ministro israeliano, e dall’allora ministro dell’Autorità nazionale palestinese Yasser Abed Rabbo.

L’iniziativa di Ginevra prevede concessioni importanti dalle due parti e affronta tutte le questioni di fondo del conflitto: lo statuto di Gerusalemme, la situazione dei rifugiati e delle rifugiate palestinesi, e le linee di confine.

Il testo dell’iniziativa, redatto da membri della società civile israeliana e palestinese, è stato distribuito alle economie domestiche dei due campi. Aveva il sostegno, tra gli altri, dell’allora segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e dell’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter.

Il Governo israeliano si è però fermamente opposto all’Iniziativa e alcuni ambienti hanno criticato quella che ritenevano fosse “un’intromissione” svizzera negli affari del Paese.

L’Iniziativa di Ginevra non è stata la prima a tentare di raggiungere la pace tra Israele e Palestina. Ci sono stati gli Accordi di Oslo 1 e 2, nel 1994 e nel 1995, l’Accordo di Camp David del luglio 2000 e un piano di pace presentato nel dicembre 2000 dall’allora presidente statunitense Bill Clinton.

Iniziativa atipica

L’Iniziativa di Ginevra si distingue per la volontà di abbordare, in un solo documento, le divergenze che separano le parti coinvolte, in particolare lo statuto di Gerusalemme, l’evacuazione della Cisgiordania da parte di colone e coloni israeliani e gli indennizzi per le persone rifugiate palestinesi.

Doveva essere un primo passo per mettere attorno a un tavolo l’allora premier israeliano Ariel Sharon e il capo dell’Autorità palestinese Yasser Arafat. Il carattere innovativo del testo era legato al fatto di essere stato redatto da membri della società civile israeliana e palestinese, e non negoziato da capi di Stato.

“Affronta subito i problemi con decisione e integra in seguito i risultati in un processo più ampio”, sono state le parole con cui Alexis Keller l’aveva presentato 20 anni fa.

Fallimento programmato

Con il senno di poi ci si può domandare se l’Iniziativa fosse destinata a fallire. Perché non ha mai provocato l’ondata di sostegno e solidarietà auspicata dagli ideatori. La diplomazia svizzera era divisa, Sharon non ha mai avuto intenzione di ratificarla e Arafat l’appoggiava solo a mezza bocca.

Secondo Keller, sono tre le ragioni che possono spiegare il fallimento: “La Svizzera non era abbastanza impegnata, come invece lo era stata ad esempio la Norvegia con gli Accordi di Oslo. Inoltre, c’era una forte opposizione israeliana e la mancanza di sostegno da parte dei Paesi arabi”.

Dimostranti
Nessuna possibilità di riuscire? Già nel dicembre 2003, dimostranti palestinesi trasportano una bara fittizia che rappresentava l’Iniziativa di Ginevra nel centro di Ramallah, in Cisgiordania, durante una manifestazione. Keystone / Jim Hollander

Anche in Svizzera l’iniziativa ha fin dall’inizio diviso. Era fortemente appoggiata dalla socialista Micheline Calmy-Rey, all’epoca responsabile del DFAE. Ma la stessa Calmy-Rey era isolata all’interno del Governo e non è mai riuscita a ottenere una maggioranza parlamentare per sostenere il suo approccio.

Questo timido sostegno della Svizzera, diminuito con il tempo (i contributi sono passati da 1 milione di franchi nel 2009 a 180’000 franchi nel 2021Collegamento esterno) ha portato anche a un calo della volontà di implementare il testo sul terreno.

L’iniziativa dimostra, secondo un esperto che collabora con il DFAE su diversi progetti e che vuole restare anonimo, “l’ingenuità e la poca conoscenza della Svizzera delle dinamiche locali nel vicino Oriente”. Il testo scommetteva sulla società civile, e su una trasmissione dell’idea in seno alle opinioni pubbliche israeliana e palestinese che non è mai avvenuta.

Disimpegno elvetico

Una nuova valutazione dell’Iniziativa da parte della Svizzera nel 2020 è arrivata alla conclusione che l’efficacia era diminuita a causa della mancanza di sostegno politico, in Israele come in Palestina. Nel gennaio 2022, il DFAE ha dichiarato la fine del sostegno finanziario all’Iniziativa di GinevraCollegamento esterno.

Ha annunciato anche una nuova strategia per la promozione della pace e dello sviluppo in Medio Oriente e in Africa del nord che subentrerà nel 2023. Berna intende inoltre trasferire la sede della cooperazione svizzera da Gerusalemme a Ramallah, come esige Israele.

Calmy-Rey - Abbas
La consigliera federale Micheline Calmy-Rey con il presidente palestinese Mahmud Abbas, a Ramallah nell’ottobre del 2005. Reuters / Loay Abu Haykel

La Confederazione insiste sul fatto che la fine dell’Iniziativa non comporta un disimpegno elvetico nella regione. Continuerà a versare 1,8 milioni di franchi all’anno per la promozione della pace e dei diritti umani.

“La ricerca di una soluzione politica al conflitto in Medio Oriente è una priorità della strategia MENA Collegamento esterno(Medio Oriente e Nordafrica) 2021-2024 del Consiglio federale”, afferma Andreas Heller, portavoce del DFAE. In più, la Svizzera ha creato una nuova posizione per “la promozione di soluzioni concrete nella regione”, con la nomina di un inviato svizzero per il Medio Oriente. Un inviato speciale che non rimpiazzerà ambasciatori e ambasciatrici.

La Svizzera assente

Questa politica è però ampiamente criticata da esperti, esperte e ONG che biasimano la Svizzera per il cambiamento di rotta nella regione. La decisione di trasferire l’ufficio per la cooperazione da Gerusalemme a Ramallah può essere interpretata come “un riconoscimento implicito dell’annessione di Gerusalemme est da parte dello Stato di Israele”, sostiene Nago Humbert, fondatore di Médecins du monde SuisseCollegamento esterno.

La dichiarazione ai media del ministro degli esteri Ignazio Cassis durante un viaggio nella regione nel 2018 sembra andare nella stessa direzione: “Fino a quando gli arabi non saranno disposti a concedere ad Israele il diritto di esistere, Israele si sentirà minacciato e si difenderà”.

Per Alexis Keller, la politica della Confederazione in Medio Oriente “maschera l’opacità della politica estera elvetica poiché la Svizzera, puntando sull’umanitario e sull’aiuto allo sviluppo, ritorna a ciò che faceva prima dell’Iniziativa di Ginevra, ovvero: non fare politica, in una regione dove tutto è politico”.

A cura di Virginie Mangin

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