Deal or no Deal: ecco come fanno gli altri paesi non membri dell’UE
La Brexit è cosa fatta. La Svizzera ora spera di rinegoziare l’Accordo istituzionale quadro con l’Unione europea. Altri paesi non membri dell'UE offrono molti spunti, ma nessuno indica la via maestra per giungere con successo a un accordo con Bruxelles.
La Svizzera non è l’unica a non voler aderire all’Unione europea (UE). L’Islanda teme per i propri diritti di pesca e alla Norvegia sta a cuore l’industria petrolifera, mentre per il piccolo Liechtenstein è impensabile aderire all’UE senza i vicini elvetici. Nei Balcani occidentali, invece, tira un’aria diversa: da decenni la Macedonia del Nord cerca di entrare a far parte dell’UE, ma i paesi limitrofi che ne sono membri continuano a metterle i bastoni tra le ruote.
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La Svizzera rischia molto con l’UE
Da quando nel 1992 ha rifiutato di entrare a far parte dello Spazio economico europeo (SEE), la Svizzera ha deciso di intraprendere la cosiddetta via bilaterale. L’UE però non intende proseguire su questa strada senza prima chiarire le questioni istituzionali tramite un accordo quadro.
Lo Spazio economico europeo (SEE) è stato istituito nel 1994 allo scopo di estendere le disposizioni applicate dall’Unione europea al proprio mercato interno ai paesi dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA). La Norvegia, l’Islanda e il Liechtenstein sono membri del SEE, mentre la Svizzera fa parte dell’EFTA ma non del SEE.
Fonte: PCollegamento esternoarlamento europeoCollegamento esterno
Altri paesi che, come la Svizzera, non sono membri dell’UE offrono sì molti spunti in questa direzione, ma nessuno di loro mostra la via maestra per giungere con successo a un accordo.
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Come proteggere gli interessi dell’Islanda a Bruxelles?
Gran Bretagna: verso il baratro in grande stile?
Nei giorni di Natale la Gran Bretagna è riuscita a raggiungere un accordo commerciale con l’UE che garantisce il libero scambio: esportazioni e importazioni non sono soggette a dazi. Tuttavia, l’intesa non disciplina il settore dei servizi, che costituisce quasi l’80% della forza economica britannica.
Dopo la Brexit la Gran Bretagna è, tra quelli riportati nel presente articolo come termine di paragone, il paese che intrattiene con l’UE i rapporti meno vincolanti. Per la Gran Bretagna, d’altronde, qualsiasi altro scenario è fuori discussione, poiché sia la soluzione svizzera sia l’adesione allo SEE presupporrebbero la libera circolazione delle persone.
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L’accordo sulla Brexit suscita gelosie in Svizzera
“Una delle ragioni principali a favore della Brexit era stata proprio la limitazione dell’immigrazione”, afferma il britannico Vernon Bogdanor, professore di scienze politiche, che di recente ha pubblicato un libro sulle relazioni ambivalenti della Gran Bretagna con l’UECollegamento esterno.
Il professor Matt Qvortrup della Coventry UniversityCollegamento esterno ritiene che la Gran Bretagna, diversamente da quanto si pensa in Svizzera, sia uscita perdente dai negoziati con l’UE. Infatti, mentre i francesi possono continuare a esportare champagne e i tedeschi automobili, nell’accordo non rientra il settore dei servizi, malgrado questi siano di significativa importanza per la Gran Bretagna.
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La Gran Bretagna potrà ora controllare l’immigrazione?
“Stando alle stime degli economisti, alla Gran Bretagna tutto ciò costerà il 3-4% del PIL”, dichiara Qvortrup. Dal punto di vista economico, quindi, la stessa Gran Bretagna paga un conto salato.
Islanda: l’adesione all’UE non è più un’opzione sul tavolo
Dieci anni fa l’Islanda era piombata nel vortice della crisi finanziaria mondiale. Il sistema bancario dell’isola, che conta poco meno di 365’000 abitanti, era crollato praticamente da un giorno all’altro e la moneta islandese era stata fortemente svalutata. Per uscire dalla crisi, il governo aveva presentato a Bruxelles una domanda di adesione.
“Tuttavia, gli interessi divergenti nel campo dell’industria della pesca resero impossibile l’adesione all’Unione europea”, afferma l’economista islandese Magnús Árni Skúlason e aggiunge: “Per questo motivo, nel 2013 la domanda fu ritirata ufficialmente”.
Secondo il ministro degli esteri islandese Guðlaugur Þór Þórðarson, membro del Partito dell’Indipendenza, schieramento euroscettico, il principale vantaggio di non far parte dell’UE consiste nel poter decidere liberamente in materia di politica commerciale: “Per noi quasi il 90% del commercio internazionale complessivo è esente da dazi, mentre per l’UE si parla del 27% appena”.
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Riprendere il controllo sulla politica commerciale
Dal 1994 l’Islanda è membro dello SEE e, secondo Þórðarson, si è trattato di una buona scelta. “Se mi chiedessero di scegliere tra l’uscire dallo SEE e l’aderire all’UE non saprei cosa rispondere”, rivela lo stesso ministro degli esteri a swissinfo.ch.
Liechtenstein: una piccola nazione tra Svizzera e Unione europea
Con una superficie di 160 km2 e meno di 40’000 abitanti, il Liechtenstein è uno degli Stati più piccoli del pianeta. Il paese è molto legato alla Svizzera: già dagli anni Venti, infatti, il Principato del Liechtenstein fa parte dello spazio doganale ed economico svizzero e ha adottato il franco svizzero come valuta.
Allo stesso tempo, però, questo piccolo paese intrattiene buoni rapporti anche con l’UE e dagli anni Novanta fa parte dello SEE.
L’adesione del Liechtenstein all’UE resta comunque fuori discussione. “La maggior parte dei politici, considerate le dimensioni del paese, ritiene inopportuno aderire all’UE”, afferma Christian FrommeltCollegamento esterno, direttore e responsabile di ricerca della sezione di politica dell’Istituto del Liechtenstein.
In virtù dell’adesione allo SEE, il Liechtenstein è più integrato nell’UE rispetto alla Svizzera. Lo SEE, infatti, copre più ambiti politici rispetto all’accordo quadro previsto per quest’ultima; esso disciplina, per esempio, anche i servizi finanziari e il mercato energetico. Grazie a una regolamentazione speciale il Liechtenstein ha potuto continuare a gestire l’immigrazione autonomamente.
Per via delle dimensioni ridotte il Liechtenstein ha accettato il fatto di non poter essere completamente sovrano. “Nonostante abbia recepito il diritto dell’UE in modo dinamico e malgrado il margine di manovra in alcuni ambiti di regolamentazione sia limitato, io personalmente nell’adesione allo SEE vedo un rafforzamento della sovranità del Liechtenstein”, dichiara Frommelt. “Aderendo allo SEE, per esempio, il paese si è reso più indipendente dalla Svizzera”.
Norvegia: scesi a patti con il “deficit democratico”
Dal punto di vista economico e culturale, da molti anni la Norvegia è fortemente legata all’UE: nel 1972 e nel 1994 aveva anche cercato di diventarne membro a pieno titolo. In entrambe le occasioni, però, la maggioranza degli oltre cinque milioni di abitanti aveva bocciato i tentativi di adesione per timore di perdere la propria indipendenza.
Come Islanda e Liechtenstein, anche la Norvegia nella prima metà degli anni Novanta aveva scelto lo SEE come terza opzione. Questa via d’integrazione sembra essersi rivelata tutto sommato efficace, afferma Kate Hansen Bundt, esperta norvegese in materia di Europa: “Una grande maggioranza della popolazione norvegese, così come la maggior parte dei partiti, oggi sostiene lo SEE, sebbene in questo modo ci impegniamo a recepire le norme dell’UE senza avere voce in capitolo”.
Stando alla politologa Hansen Bundt, per questa ragione lo SEE rappresenta “una soluzione d’integrazione subottimale che comporta un notevole deficit democratico”. Tuttavia, a suo modo di vedere la Norvegia sembra aver imparato a convivere con questo compromesso. Anche perché oggi la maggioranza della popolazione non voterebbe né per l’adesione all’UE, né tantomeno per l’uscita dallo SEE.
Macedonia del Nord: membro UE mancato per colpa dei paesi limitrofi
Situata nell’Europa sudoccidentale e senza sbocco sul mare, fin dal crollo dell’ex Jugoslavia la Macedonia del Nord ha cercato di entrare a far parte dell’UE. Il paese, circa 25’000 km2 di superficie e poco più di due milioni di abitanti, nel 2005 aveva presentato una richiesta ufficiale di adesione all’UE.
Politicamente ed economicamente il percorso pluridecennale di integrazione intrapreso dalla Macedonia del Nord ha avvicinato quest’ultima all’UE molto più di altri candidati della stessa regione geografica come Albania, Serbia e Kosovo. Tuttavia, i negoziati per trovare un accordo di adesione con Bruxelles sono ancora in salita.
“Il nostro problema principale sono le difficoltà con i paesi limitrofi già membri dell’UE”, spiega Simonida Kacarska, che dirige l’Istituto europeo nella capitale Skopje: “Inizialmente abbiamo dovuto aspettare anni per via della disputa sul nome con la Grecia e ora la Bulgaria ostacola l’inizio dei negoziati di adesione per una questione storica legata alla nostra lingua”.
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