
Insidie dell’erboristeria fai-da-te

A Ginevra, un uomo ha rischiato di morire per una dose eccessiva di kava-kava, un rimedio contro l'ansia a base di erbe, che gli ha provocato un'epatite fulminante. È stato salvato soltanto grazie al trapianto del fegato.
Tisane e compresse a base di erbe, vendute nelle erboristerie e nelle farmacie, hanno riscosso un successo crescente negli ultimi anni. Sono indicate per curare i disturbi più comuni, mal di testa, insonnia, ansia, raffreddore. Spesso, chi acquista questi prodotti è convinto che i rimedi naturali non producano effetti collaterali e siano innocui per l’organismo. La realtà è ben diversa: qualunque preparato che contiene principi farmacologici, anche se si tratta di una foglia o di una radice, è tossico se viene consumato in quantità eccessiva.
Sull’ultimo numero del British Medical Journal, un gruppo di medici dell’Ospedale Universitario di Ginevra ha segnalato il caso di un uomo colpito da un’epatite fulminante dopo aver consumato dosi elevate di kava-kava, un rimedio erboristico contro l’ansia.
Il kava-kava è la radice di una varietà di pepe, il Piper methysticum, originario delle isole Tonga, nel Pacifico meridionale. Da millenni gli abitanti della regione lo consumano sotto forma di tisana e lo chiamano “la bevanda della pace” per i suoi effetti tranquillanti. In Europa e negli Stati Uniti, gli estratti di kava-kava sono venduti sotto forma di capsule. La dose massima giornaliera raccomandata sulla confezione del prodotto è di 210 milligrammi, pari a tre capsule.
Il paziente curato nell’ospedale di Ginevra aveva assunto per un mese tre-quattro capsule al giorno di kava-kava. Si è rivolto al suo medico perché si sentiva continuamente affaticato e perché la sua pelle aveva un colorito giallastro. L’analisi del sangue ha evidenziato gravi danni al fegato.
L’uomo è stato immediatamente ricoverato e dopo due giorni ha subito il trapianto del fegato. “Riteniamo che il preparato a base di Piper methysticum sia la causa dell’epatite”, spiegano gli autori del rapporto, “perché il paziente non faceva uso di altri farmaci, non consumava alcolici, né era affetto da virus che possono compromettere la funzionalità del fegato.
La letteratura medica riporta numerosi casi di intossicazione grave, a volte con esito mortale, dovuti all’abuso di prodotti di erboristeria.
Maria Cristina Valsecchi

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