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I ministri e le ministre devono migliorare le proprie competenze manageriali e in che modo?

I recenti casi dei ministri cantonali Pierre Maudet (Ginevra), Valérie Dittli (Vaud) e ora Martial Courtet (Giura) hanno fatto discutere nei rispettivi cantoni.
I recenti casi dei ministri cantonali Pierre Maudet (Ginevra), Valérie Dittli (Vaud) e ora Martial Courtet (Giura) hanno fatto discutere nei rispettivi cantoni. RTS

I recenti casi Maudet, Dittli e ora Courtet nel Giura sollevano interrogativi sulle competenze della classe politica in Svizzera e, in particolare, sulle attitudini manageriali dei membri dei Consigli di Stato. Per l'ex ministro neocastellano Laurent Kurth, questi incidenti fanno parte del rischio statistico inerente a una funzione elettiva.

“Va ricordato che il nostro Paese conta circa 150 ministri e ministre in carica, a livello cantonale e federale, e quindi naturalmente, di tanto in tanto, si presenta un problema di funzionamento istituzionale o manageriale”, ha sottolineato Laurent Kurth lunedì alla trasmissione La Matinale della Radiotelevisione della Svizzera romanda RTS. Secondo lui, bisogna riflettere sul modo in cui queste problematiche vengono gestite quando insorgono, piuttosto che cercare di bandirle.

“Statisticamente, è una possibilità che si ripresenta ciclicamente”, stima l’ex consigliere di Stato di Neuchâtel, evidenziando che si tratta forse del prezzo da pagare per il funzionamento democratico svizzero, che intende conservare.

Come evitare gli “errori di casting”?

Per Laurent Kurth, bisogna “valutare il percorso delle persone” e “interrogarle sulla loro capacità di mettersi in discussione”. Giudica anche interessante “formarsi a un livello (politico) inferiore, prima di lanciarsi nella corsa al Consiglio di Stato”.

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L’ex ministro neocastellano ritiene soprattutto essenziale saper gestire un problema quando si presenta. Per farlo, è necessario poter rispondere a queste domande: “Quali sono i segnali d’allarme che si è in grado di cogliere? Quali meccanismi vengono messi in atto per recepirli? A chi può rivolgersi il personale dell’amministrazione per dare l’allarme? Quale ascolto si è in grado di prestare a questi segnali? Quali sono i contrappesi istituiti in seno al Parlamento o in altre sedi che permettono di essere allertati su eventuali disfunzioni?”.

Umiltà e fiducia

Laurent Kurth ha anche ripercorso la propria esperienza di consigliere di Stato, in particolare agli inizi: “Ci sono momenti in cui si è comunque un po’ presi da un senso di vertigine”. Per lui, bisogna avere “l’umiltà” di fare affidamento sulla propria amministrazione, ma allo stesso tempo possedere “la volontà di orientarne” l’azione. A suo avviso, ciò passa attraverso “la creazione di un clima di fiducia, di rispetto e comprensione reciproci dei ruoli di ciascuno”.

Affrontare la funzione con umiltà è proprio uno dei consigli dati a La Matinale da David Giauque, professore all’IDHEAP, l’Istituto di alti studi in amministrazione pubblica dell’Università di Losanna. Il politologo consiglia inoltre di fare affidamento sull’esperienza e sulle competenze del personale già in carica e di essere sempre pronti a imparare.

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Formazioni snobbate

Benché esistano formazioni pensate appositamente per chi ricopre cariche elettive, queste vengono spesso snobbate da consiglieri e consigliere di Stato, si rammarica David Giauque. Secondo il politologo, ciò si spiega con una mancanza di tempo, ma anche di modestia. Seguire un corso “richiede di ammettere di non sapere e oggi constatiamo che alcuni esponenti politici non lo fanno e prendono decisioni poco informate”, osserva.

David Giauque mette anche in guardia contro la tendenza attuale, a suo dire, “di circondarsi di persone leali, dunque di membri dell’amministrazione che fanno prevalere la lealtà sulla competenza tecnica o forse sulla capacità critica”.

Il deficit di competenze manageriali nella classe politica sarebbe anche la conseguenza della professionalizzazione del personale politico, ritiene Giauque. Laurent Kurth, dal canto suo, crede “nella diversità dei profili e in quell’alchimia che si crea all’interno di un collegio”.

“È molto raro che un buon politico sia un ottimo manager e un ottimo manager è raramente un buon politico. Si tratta di due professioni diverse”, sottolineava Daniel Held, autore dell’audit sul consigliere di Stato del Giura Martial Courtet, intervistato giovedì nella trasmissione 19h30, sempre della RTS. Secondo lui, chi intraprende un mandato politico deve prendere coscienza del fatto che si tratta di una “vera sfida manageriale”.

Per un ministro o una ministra, è necessario “predisporre una serie di misure: circondarsi di una buona squadra, eventualmente formarsi, farsi affiancare, trovare soluzioni, essere in ascolto del territorio e soprattutto non voler pensare a tutti i costi di avere ragione perché si ricopre una carica politica”, prosegue.

Daniel Held spera che il caso Courtet serva “a prendere coscienza che la posta in gioco è reale”. “Non basta avere delle visioni politiche ed essere eletti con un buon risultato. I collaboratori e le collaboratrici si aspettano un vero capo, una direzione, un quadro di riferimento, un’organizzazione efficace”, elenca.

L’audit suggerisce in particolare a Martial Courtet di “formarsi personalmente in ambito manageriale e assicurarsi un sostegno intensivo in tale ambito”, qualora si candidasse e venisse eletto al prossimo scrutinio.

Più in generale, il rapporto propone tra le altre cose di “proseguire la riflessione su come aiutare i ministri e le ministre ad avere una visione d’insieme, con il supporto di un assistente, un consigliere o un segretario generale” e di “proseguire l’implementazione di formazioni e coaching manageriali, per i neoeletti e le neoelette, ma anche per i quadri dirigenti”.

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