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L’Egittologia di Napoleone Bonaparte

La "Descrizione dell’Egitto" in mostra a Ginevra swissinfo.ch

Il 19esimo Salone del Libro di Ginevra dedica la sua esposizione principale alle implicazioni culturali della spedizione d’Egitto di Bonaparte.

Perché l’egittologia è nata grazie all’intuito di un generale – e ai 167 “saggi” che lo accompagnavano nella sua avventura.

Marzo 2003: Gli Stati Uniti e le nazioni loro alleate attaccano l’Iraq. Un campo militare americano sorge nell’area dell’antica Babilonia in aprile – a settembre verrà consegnato alle truppe polacche. I “Giardini pensili” di Semiramide, una delle sette meraviglie del mondo.. La Torre di Babele.. Babilonia, una parola che in occidente evoca immagini potenti.

Eppure, a Babilonia ci sono stati saccheggi e distruzioni – scavi archeologici svuotati e zone ricoperte di ghiaia, fino al crollo di intere strade – come testimonia il Rapporto di J. E. Curtis. curatore per il Dipartimento Antico Vicino Oriente del British Museum. Un Rapporto che non ha avuto praticamente eco, nella stampa come nei palazzi della politica.

Luglio 1798: “Dall’alto di queste piramidi vi osservano 40 secoli di storia”, avrebbe esclamato Napoleone Bonaparte, rivolto alle sue truppe. Avrebbe, perché in verità non siamo certi dell’autenticità di queste parole.

Ma in fondo non è così importante, essere proprio sicuri della verità storica di questa dichiarazione. Anzitutto, il solo fatto che gli sia stata attribuita testimonia che si riteneva plausibile, che lui dicesse qualcosa di simile.
E d’altronde, un dato di fatto è incontestabile: quando nel maggio 1798 Napoleone salpa con l’Orient alla volta dell’Egitto, 167 “saggi” lo accompagnano.

“Un genio”

Ma perché mai questo generale ambizioso, che voleva impadronirsi dell’Egitto per tagliare la via delle Indie all’Inghilterra e assicurarsi il controllo del Mar Rosso, si sarebbe incomodato con la presenza ingombrante di ben 167 fra ricercatori, intellettuali e artisti?

Una risposta la fornisce Christian Jacq, il celebre scrittore francese che dell’antico Egitto ha fatto il suo cavallo di battaglia: “Un pensiero lo ossessionava: l’Egitto non era forse la patria della sapienza?”.
Rincara la dose Frédéric Künzi, commissario dell’esposizione ginevrina: “È semplice: perché era un genio!”. In altre parole? “Il fatto è che Bonaparte non era solo un guerriero, come vuole una certa immagine che si tende ad attribuirgli. Era anche un uomo di grande cultura e che alla cultura ha dato molto”, spiega Künzi.

Innegabile. Non fosse altro che per l’incredibile quantità di conoscenze che i francesi riporteranno in patria dall’Egitto e che sarà pubblicatoa nel 1809 con il titolo “La descrizione dell’Egitto”. Si tratta di 24 volumi, quattro di mappe, dieci di acqueforti e dieci di testo.

“Novecento tavole estremamente interessanti, perché i monumenti dell’Alto Egitto vennero rilevati con straordinaria minuzia. Oggi una parte di queste costruzioni è scomparsa, per erosione o a causa di distruzioni perpetrate dalla popolazione locale. Eppure, ci sono templi che gli egittologi conoscono solo grazie a questo eccezionale lavoro”, constata Frédéric Künzi.

“In proporzione, si tratta di un’enciclopedia addirittura più importante di quella di Diderot”, sostiene questo appassionato del genere. Che è pronto comunque a riconoscere, a parte il suo entusiasmo per Bonaparte, che la pubblicazione di quest’opera fu un atto di megalomania. Perché d’altronde, sottolinea ridendo Frédéric Künzi: “Lo stesso fatto di diventare imperatore era in fondo un atto di megalomania”.

Dall’egittologia all’egittomania

A Ginevra è possibile ammirare dal vivo i 24 volumi di questa prima summa egittologica, grazie al fatto che la Biblioteca pubblica e universitaria cittadina (BPU) ne possiede un esemplare. Per l’occasione sono state messe a punto delle vetrine speciali, che consentono di esporre adeguatamente le enormi tavole.

Omaggio dovuto, se pensiamo che all’epoca un torchio speciale era stato appositamente fabbricato per stampare la “Descrizione”, le cui tavole erano di una dimensione quanto meno poco comune. E che ben cento artisti ci lavorarono su, per dieci anni.

La mostra di Ginevra si apre con la rievocazione della Campagna d’Egitto, attraverso pitture, stampe e oggetti di vario genere. In seguito, si passa a scoprire il lavoro dei “saggi”. Mappe di una precisione strabiliante, disegni dei monumenti ma anche della fauna, della flora e di oggetti della vita quotidiana dell’epoca – e persino degli stessi indigeni. Perché una cosa è certa: la cosiddetta “Commissione per le scienze e le arti dell’armata d’Oriente” era pluridisciplinare.

Saltano agli occhi in particolare le figure di alcuni di questi “saggi”. Come Villotteau, il primo etnomusicologo della storia, presente a Ginevra con una collezione di strumenti musicali egiziani dell’epoca. O come Dolomieu, da conoscere grazie ad una serie di minerali di cui ha identificato le formule chimiche o di cui ha semplicemente firmato la scoperta (uno fra tutti, quello che porta il suo nome: dolomite).

Più a lungo ci si ferma davanti ad un calco della celebre Stele di Rosetta, scoperta nel 1799 in un porto ad est di Alessandria: una pietra, incisa con geroglifici, caratteri greci e demotici (forma tardiva di egiziano).

23 anni più tardi sarà Champollion, che non aveva partecipato alla spedizione, a decifrarli. Scoprendo la scrittura geroglifica. Lo studioso ci riuscirà dopo avere sovrapposto sulla Stele lo stesso testo scritto in greco e in questi misteriosi ideo-pittogrammi, di cui si era persa la chiave ormai da millenni. Grazie a Bonaparte.

L’esposizione si conclude con un settore che mette in luce l’influenza dello stile egiziano sul design francese del diciannovesimo secolo – dai mobilieri all’arte decorativa, passando per l’architettura.

Insomma, se la spedizione d’Egitto non ha lasciato il segno sulla storia militare – perché il suo esito fu quanto meno discutibile – di sicuro ha segnato a fondo la storia della cultura. E l’archeologia egiziana è grata alla Francia.

Agli archeologi iracheni, invece, non resta che piangere.

swissinfo, Bernard Léchot, Ginevra
(traduzione di Serena Tinari)

Il 19esimo Salone internazionale del libro e della stampa si tiene al Palaexpo di Ginevra dal 27 aprile al primo maggio.

Nella cornice del Salone trovano spazio anche: il Salone Europ’Art, il Salone dello studente, quello della Musica, il recente “Salone africano del libro, della stampa e della cultura” e il “Villaggio alternativo”.

Ospiti d’onore quest’anno: l’Italia e la regione del Rhônes-Alpes.

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